Perché questo titolo? Perché questo argomento? Perché l’educazione in questo nostro tempo sta davvero subendo una crisi su più fronti.
La solita litania secondo cui la famiglia delega alla scuola il compito di educare i giovani (che, poi, sarebbero i propri figli) e la scuola, a sua volta, rimanda alla famiglia tale compito è un segno del fatto che “tra i due litiganti il terzo… (l’educazione) muore”!
Oggi si parla di educazione, ma non si pratica. Né in famiglia né a scuola essa è di casa.
Le scuole-aziende pensano ad investire i pochi fondi che hanno in mille progettini che vanno ad impinguare le tasche dei professori interni alle scuole, ai quali soltanto si dà la possibilità di presentare mucchi di progetti, senza dare spazio a chi – magari non lavorando all’interno della scuola – vorrebbe proporre qualche progetto sull’educazione dei giovani (ad es. qualche educatore). E così ecco che il corso di pittura, quello di inglese o di informatica salgono ai primi posti nelle votazioni dei consigli di classe (fatti e gestiti dagli stessi professori che presentano e propongono i propri personali progetti, da loro stessi votati ed approvati). E, così, qualche eventuale progetto sull’educazione dei bambini o dei giovani, finisce infondo alla pila delle proposte ed in ultimo viene scartato e bocciato.
Una volta in un liceo un educatore andò a coprire un’ora di buca in una classe. E di cosa poteva parlare quell’educatore? Di educazione. Alla fine della “lezione” i ragazzi gli chiesero di tornare, visto che – come dissero loro stessi – “Di queste cose qui non ce ne parla nessuno”! E, poi, dopo, nell’ora successiva i ragazzi avrebbero voluto che la docente di arte continuasse a parlare di quelle cose di cui ai ragazzi non parla nessuno. Ma la docente disse di non essere competente nella materia toccata da quell’educatore (e disse il vero). Ma quell’educatore, per quel che ne so, non fu più inviato né in quella classe né in quella scuola né in altre a parlare di educazione ai ragazzi.
Quell’educatore mi disse di cosa aveva parlato a quei ragazzi: del rapporto tra genitori e figli e del senso della vita. Quei ragazzi furono così entusiasti di parlare di “quelle cose”, poiché esse erano e sono le cose di cui vivono ogni giorno, ma di cui quasi mai nessuno si fa carico di insegnarle.
E già, di cosa dovrebbe/potrebbe parlare l’educazione? Di senso della vita, di senso dell’uomo, di valori, di riflessioni su se stessi e sui propri comportamenti e principi; del perché i giovani spesso bruciano le proprie vite con i cosiddetti “giochi della morte” (come le corse a folli velocità), del perché un dilagante senso di apatia, scoraggiamento e depressione sta prendendo non solo i giovani ma anche gli adulti che dovrebbero rappresentare la fascia sociale dei soggetti cosiddetti maturi e pienamente sviluppati! Questi sarebbero solo alcuni dei temi che l’educazione (almeno quella seria) dovrebbe e potrebbe affrontare. Ma dove e quando si da spazio a queste “materie”? Tali aspetti non fanno parte dei curricula scolastici e le famiglie fuggono dalla responsabilità di prepararsi a trattare tali spinosi e difficili argomenti. Ma, infondo, quale sarebbe questa difficile “materia” dell’educazione al di fuori della vita stessa?! E, allora, dire di essere impreparati in tale disciplina non significa dire di essere impreparati alla vita stessa? Non rischiano, così, quei genitori che fuggono dalla responsabilità di educare i loro figli (ossia di parlare loro della vita in e per tutti gli aspetti che questa comporta), poi, di togliere la vita ai propri figli dopo averla data loro da un punto di vista fisico e biologico?! Questa verità è tanto vera quanto vero è il fatto che molti non sapendo né come né perché vivere si tolgono la vita, a causa del fatto che né da se stessi né attraverso l’aiuto di qualcuno che sta intorno a loro riescono a trovare un senso da dare alla propria vita. Ma, infondo, a queste cose chi ci pensa? Però si mandano avanti i progetti sulla pittura, sull’inglese e l’informatica, perché queste si che sono materie concrete, da spendere nel mondo del lavoro! Ma la vita e l’educazione, invece, a che servono e a chi servono?
E, così, avviene che l’educazione sta morendo. Spero che qualcuno si svegli da questo stato di cose, per capire che se muore l’educazione muore la vita stessa. Forse quando qualche altro giovane o persona adulta e “matura” si toglierà la vita, dicendo che non ne ha capito il Senso, qualcuno capirà che l’educazione non andrebbe messa in un cantuccio. Quando ciò dovesse ri-accadere vedremo se ancora l’educazione sarà bocciata da quei genitori, da quei presidi e da quei docenti che portano avanti i propri personali progetti anno per anno, senza dare la possibilità ai giovani di ascoltare le cose di cui nessuno parla loro, ma che essi stessi (se potessero votare i progetti dei consigli di classe – sempre che in tali consigli si accogliessero le proposte di progetti educativi presentati da figure esterne alla scuola (come quelli che vorrebbe presentare quell’educatore che mi ha detto di aver parlato a quei ragazzi delle cose che a loro stavano a cuore)!
Temo, purtroppo, che l’insensibilità di certi genitori, presidi e docenti farà si che nonostante qualche eventuale prossima tragedia di qualche figlio e studente farà si che si continuino a votare i soliti e medesimi progetti interessati: non alla vita dei ragazzi, ma alle proprie tasche!
Se muore l’educazione… muore anche la vita! Ma chi riflette su questa “cosa”?
Enzo Maniaci | notiziecristiane.com
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