In Italia, legge 40 del 2004 vieta sia l’utero in affitto che la sua pubblicità. Ma online tutto è lecito: lo scandalo della rete.
In Italia perciò praticare e anche solo pubblicizzare la maternità surrogata è un reato. O almeno così dovrebbe essere. Perché in realtà nella pratica non è così.
L’utero in affitto è reato, ma in rete lo si trova con grande facilità
Se la teoria è che la legge penalmente “chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità”, nella pratica, se si digita su un motore di ricerca qualsiasi, come Google, parole come “utero in affitto” o “maternità surrogata” ci troveremmo davanti a un ampio ventaglio di scelta.
Subito, infatti, sul famoso motore di ricerca emergono scandalose pubblicità, provenienti da organizzazioni commerciali estere, che erogano questo genere di servizi. A fare luce sulla questione è stato il giurista Alberto Gambino, prorettore dell’Università europea di Roma, presidente sia dell’Accademia italiana del codice di Internet sia dell’associazione Scienza & Vita.
Una realtà gravissima a cui va posto rimedio al più presto
“Risulta davvero incomprensibile e perciò gravissimo che non sia ancora intervenuta l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni”, ha scritto in una nota, rilanciata anche dal quotidiano della Cei Avvenire.
L’Agcom avrebbe infatti sia il dovere che, in teoria, il potere di intervenire su temi come questo. In passato lo ha fatto per quanto riguarda la violazioni online del copyright. “Forse il tema della dignità umana è per le autorità italiane meno importante del business dell’industria dell’entertainment?”, chiede quindi, fortemente preoccupato, Gambino.
La risposta inaccettabile di chi deve garantire la legalità
L’Agcom ha però subito risposto dichiarando “unanime preoccupazione per le pratiche sanitarie illegali”. Ma ha anche spiegato di non avere modo di intervenire “intervenire senza investitura del legislatore”. Così la questione è arrivata sul tavolo del premier Conte.
Gambino, insieme al presidente del Forum delle associazioni familiari Gigi De Palo, hanno inviato una lettera al Presidente del Consiglio. “Ci sembra paradossale che si ritenga incompetente in materia l’Autorità che vigila sulle comunicazioni e si occupa di pubblicità di gioco d’azzardo e di copyright, come pure di comunicazioni informative sanitarie”. è quanto scritto nella missiva.
Preghiamo il Signore contro l’utero in affitto
Vedremo perciò, a questo punto, come si svilupperà la vicenda. Di fatto, resta la realtà dei fatti, di quanto sia inaccettabile ciò che accade ogni giorno sotto i loro occhi. Ovvero la violazione sistematica della legge, in particolare in tema di diritti umani e di difesa della vita, come per un caso delicato come quello dell’utero in affitto.
Come è anche, allo stesso modo, del tutto inaccettabile la risposta dell’Agcom che cerca di rimandare la palla ad altri. Bisogna al contrario gridarlo ad alta voce: l’utero in affitto è una pratica disumana, che schiavizza le donne e mercifica la vita umana. Per questo non c’è spazio per un reato di questo genere, in qualsiasi società degna di tale nome.
Possa il Signore fare aprire gli occhi all’umanità su questo crimine terrificante, affinché la vita umana venga sempre difesa, in ogni situazione e contesto, dal concepimento alla morte naturale fino alla sua più bieca e triste mercificazione. Che Gesù doni a tutti un’esistenza libera e dignitosa, dalle grinfie del commercio che rende l’atto più bello di tutti, il parto, un mercimonio utile a soddisfare desideri inaccettabili.
Giovanni Bernardi
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