Cos’è che distingue l’uomo dalle bestie? Perché le bestie sono chiamate anche “ani-mali”?
Suppongo che a tali domande si possa rispondere dicendo che:
- ciò che distingue l’uomo dalle bestie è la ragione;
- gli animali sono tali perché non hanno un’anima e non si curano di tale dimensione esistenziale (ma vivono semplicemente secondo l’istinto – materiale -);
- Mentre gli uomini possono alzare il proprio ‘sguardo (morale) verso il cielo, gli animali non hanno una tale facoltà.
Dunque la ragione (o l’intelligenza) e l’anima distinguono l’uomo dalle bestie; ma se un uomo vivesse senza usare la ragione e non si curasse della propria anima, non sarebbe come una bestia?!
Ora, fermiamoci un attimo a riflettere (ossia ad usare la ragione):
l’ipotesi appena prospettata (ovvero il fatto che possono esservi ‘uomini’ che vivono come delle bestie) è un’ipotesi remota ed assurda, o per diversi individui è la concreta realtà? In altre parole, sono molti o pochi coloro che vivono senza ragione e solo per soddisfare gli istinti fisici e materiali?
Molto spesso vedo gente che vive solo per lavorare o per divertirsi e appagare le proprie soddisfazioni materiali. Insomma, molti – come gli animali – vivono solo per le cose di questa vita materiale. Per loro la meta suprema è soddisfare i propri istinti fisici.
Guardando tali persone mi chiedo:
- usano mai costoro la ragione per chiedersi qual è il senso della vita (?);
- per cosa sto vivendo (?);
- cosa c’è dopo questa vita e cosa sto facendo al riguardo?
Di fronte alla vista di molti che sembrano vivere solo per gli istinti, senza mai porsi tali pensieri, sono indotto a chiedermi se lo stile di vita di tali persone non sia appunto del tutto simile a quello delle bestie.
Ora un tale stile di vita (uomini che vivono come se fossero bestie, pur pensando di essere diversi da quelle) è fondato sulla ragione e il discernimento? La bestia è programmata a vivere solo per l’istinto (mangiare, bere, riprodursi e, poi, ancora, mangiare, bere, riprodursi…). Per quanti la vita non è altro che la ripetizione di un tale ciclo? E cosa viene dopo tale ciclo ripetuto per un certo numero di anni sempre ugualmente? La morte. Ed ecco la sentenza del versetto biblico messo come titolo di tale riflessione: coloro che vivono senza usare l’intelligenza sono simili alle bestie, che periscono (ossia che vivono solo per perpetuare il ciclo della soddisfazione degli istinti per poi morire, come dire che a questo (alla morte – più che alla vita -) sono destinati.
Ma, usando la ragione (che Dio ci ha dato – perché la usassimo -), chiediamoci se anche noi siamo destinati alla morte come le bestie. Qualcuno (superficiale e poco ragionevole) potrebbe dire che infondo noi uomini similmente alle bestie periamo al pari di loro.
Certo come vita fisica anche noi moriamo al pari delle bestie, ma quella possibilità di ‘alzare lo sguardo in alto’ che può distinguere l’uomo dalle bestie consiste proprio nel rivolgere lo ‘sguardo’ del cuore e dell’anima in Alto (intuendo che il nostro destino a differenza di quello delle bestie non è quello di finire semplicemente sotto terra). E tale intuizione è stata messa nell’animo proprio da Chi, creandoci, ha voluto farci diversi dalle bestie, plasmandoci a Sua immagine e somiglianza.
Già il Creatore, come dice la Bibbia, “Ha messo nel cuore dell’uomo il pensiero dell’eternità” [1] .
Ed è proprio questo pensiero che “dovrebbe” e può distinguere l’uomo dalla bestia, che può far vivere l’uomo non come un ani-male, ma come un’anima che anela a ricevere il soffio vitale del suo Fattore.
Infatti si dice che la vera nobiltà non è quella del sangue (o dell’eredità biologica), ma quella di chi concepisce nobili pensieri [2] . Può l’uomo dedicandosi a nobili pensieri elevarsi al di sopra delle bestie, per tendere a quell’immagine che Dio ha voluto imprimergli con il crearlo diverso da esse?
Sentiamo il parere e il consiglio di un uomo (fra tanti, l’apostolo Paolo) che ha sperimentato questa realtà:
“Tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri e… Dio… sarà con voi” [3] .
Può forse un tale consiglio essere dato ad una bestia? E a loro che il Signore, infatti, ha comandato di predicare il vangelo, o piuttosto, a tutte le genti che sono sula faccia della terra? E cosa c’è in vista del vivere secondo il consiglio dell’apostolo Paolo (che poi non ha fatto altro che mettere in pratica quello che ha ricevuto da parte del Signore Gesù, ovvero il Vangelo)? Come meta e destino del vivere pensando alle cose onorevoli (che non consistono nel vivere secondo uno stile di vita basato sulla mera soddisfazione degli istinti materiali e animaleschi) c’è quello di “arrivare” fino a Dio (o forse sarebbe meglio dire di permettere a Lui di arrivare fino a noi, fino all’intimo del nostro essere (che non è il corpo, ma l’anima e ancora di più lo spirito [4]).
Che dire dunque alla conclusione di tali pensieri? Che Dio ha messo in noi il pensiero dell’eternità, perché non vivessimo come le bestie (che non hanno un tale pensiero e una tale speranza) ma in vista di Lui e per Lui, ovvero per pensieri più nobili e più alti del semplice soddisfare gli istinti del mangiare e del e bere o solo per noi stessi.
Nel giorno del giudizio gli uomini saranno giudicati (e divisi nelle due categorie dei giusti e degli ingiusti, dei salvati e dei perduti) sulla base di alcune precise parole del Signore:
“Venite, voi, i benedetti del Padre mio; ereditate il regno che v’è stato preparato fin dalla fondazione del mondo, perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere…” [5]
“Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ebbi fame e non mi deste da mangiare, ebbi sete e non mi deste da bere…” [6] .
E cosa c’entrano tali parole col discorso di prima? Beh, le bestie vivono solo per se stesse, solo per soddisfare i propri istinti. Mentre l’uomo ad immagine di Dio porta riflesso in sé la vera natura dell’uomo creato ad immagine di Dio, l’Amore. E da questo “istinto” è guidato e mosso, non per soddisfare le più basse ed egoistiche voglie della carne, ma per mostrare agli altri quello che Dio stesso ha messo in lui. E vivendo in Dio per Amore il fine di una tale vita non sarà il perire, ma l’entrata nel Regno di Dio, preparato per l’uomo (ossia per colui che non avrà vissuto come le bestie) sin dalla fondazione del mondo.
Perciò caro lettore pensa secondo quale stile di vita stai vivendo: secondo quello delle bestie che non hanno intelletto per pensare all’eternità o come un uomo, che alzando lo sguardo verso cerca il volto del suo Creatore e da Lui riceve quei nobili pensieri e disegni per cui vale la pena vivere e che hanno per fine definitiva ed eterna non già una semplice tomba o buca nella terra, ma il Regno dei cieli.
Il come vivi dipende dal per Chi vivi!
Caro fratello o sorella, se sei edificato nel leggere riflessioni spirituali cristiane, ti esorto a contattarmi (se vuoi) per richiedermi un libro che ho scritto con l’intento di raccogliere, appunto, quei pensieri che il Signore mi ha messo in cuore di scrivere per l’edificazione dei fratelli.
I miei contatti sono i seguenti: Enzo Maniaci; cell.: 340/3094547 e-mail: enzo_maniaci@libero.it
[1] Ecclesiaste 3: 11
[2] Isaia 32: 8
[3] Filippesi 4: 8, 9
[4] 1 Tessalonicesi 5: 23
[5] Matteo 25: 34…
[6] Matteo 25: 41, 42
Enzo Maniaci | Notiziecristiane.com
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