Ospite del recente Kirchentag di Stoccarda, il premio Nobel Kailash Satyarthi lancia un appello per la globalizzazione della compassione.
Attivo da oltre vent’anni nel movimento indiano contro il lavoro minorile, insieme alla sua organizzazione Bachpan Bachao Andolan, ha liberato oltre 80.000 bambini da varie forme di schiavitù, aiutandoli con successo nella loro reintegrazione, riabilitazione e formazione. Lo scorso anno, Kailash Satyarthi ha ricevuto il premio Nobel per la Pace. Lo abbiamo incontrato a Stoccarda, a margine del Kirchentag evangelico tedesco dove è intervenuto per parlare dei diritti negati dei bambini.
A Stoccarda lei ha lanciato un appello per la salvaguardia dei diritti dei bambini. Perché è importante parlare di questo aspetto della difesa dei diritti umani?
Sappiamo bene che il mondo oggi è connesso attraverso internet, il mercato, la tecnologia, l’economia. Queste sono le connessioni che noi conosciamo e il mondo oggi è del tutto globalizzato. Ma oggi io voglio lanciare un appello per la globalizzazione della compassione e questa inizia per me dalla cura nei confronti dei bambini. Se non siamo in grado di proteggere i nostri figli non possiamo dirci una società civile, non possiamo affermare di avere cultura né possiamo dire di essere avanzati e sviluppati. È per questo motivo che io parlo di globalizzazione della compassione.
Lei parla in particolare di lavoro minorile o anche di altri problemi?
Il lavoro minorile è uno dei numerosissimi problemi che riguardano l’infanzia nel mondo. Centosessanta milioni di bambini nel mondo sono vittime del lavoro minorile, 58 milioni di bambini sono privati della possibilità di ricevere un’educazione, 250 milioni di bambini frequentano la scuola, ma non in modo adeguato, milioni di bambini vivono in contesti di violenza.
Guardiamo poi alla situazione dei bambini rifugiati. Quasi 70 milioni di bambini nel mondo vivono da rifugiati, quasi 19 milioni vivono la condizione di sfollati a causa di problemi di tipo politico. Dunque i bambini nel mondo vivono in una condizione di emergenza e noi dobbiamo agire a favore di tutti questi bambini. 6,3 milioni di bambini sono morti nel 2013 perché non siamo stati in grado di curarli, nonostante avessero delle malattie che sono curabili. Un bambino su quattro è malnutrito. Dobbiamo dunque essere in grado di considerare tutto questo insieme di problemi, non solo il lavoro minorile.
Come descriverebbe il suo ruolo?
Io dico sempre che rappresento il suono del silenzio. Per secoli milioni di bambini sono stati costretti a restare in silenzio. Io rappresento la loro voce, io rappresento il volto dell’invisibilità, milioni di bambini oggi restano invisibili e io rappresento loro. Dunque io intendo rappresentare questa parte negletta della società. E per questo motivo io stesso mi considero come uno di loro.
Lei pensa che le comunità di fede possano giocare un ruolo positivo nel restaurare il rispetto verso i bambini?
Certamente le comunità di fede hanno un ruolo importante nel mondo. Le persone hanno fiducia nelle istituzioni religiose. Credo fermamente che i bambini siano la creazione più bella di Dio. Nella Bibbia Gesù dice una cosa – che noi non seguiamo -: lasciate i bambini venire a me, non escludeteli dal Regno di Dio, che appartiene a loro. Ma noi li stiamo ostacolando, li stiamo allontanando dalle loro madri, vendendoli come animali, stiamo mettendo armi nelle loro mani, stiamo creando bambine spose e bambine prostitute, bambini soldato, e tutto ciò va contro la fede.
I leader religiosi devono alzare la loro voce in difesa dei bambini nel mondo. Ma questo non accade. A volte parlano, a volte pregano, ma dovrebbero fare di più, secondo l’essenza stessa della religione.
Io ripeto sempre che tutte le porte dei luoghi sacri dovrebbero essere aperte ai bambini, indipendentemente dalla loro nazionalità, religione, fede, cultura, lingua. Se i luoghi religiosi non saranno in grado di accogliere tutti i bambini, a prescindere dalla loro appartenenza, io dubito che questi siano veri luoghi di culto. (intervista di Paolo Tognina)
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