L’ultima follia: la tassa sui vulcani per i turisti

Diceva Albert Einstein che «la cosa più difficile da capire al mondo è la tassa sul reddito». Chissà se il grande scienziato avrebbe cambiato idea se, invece che nell’America degli anni Cinquanta, fosse vissuto nell’Italia di oggi. Un Paese in cui l’esosa tassa sul reddito, l’Irpef, compresa fra il 23 e il 43% (negli Usa si va dal 10 al 35%, senza contare le numerose deduzioni) è ancora l’imposta più ragionevole di tutte.

Basti pensare che fra le pieghe delle numerosissime leggi tributariesi nascondono vere e proprie “chicche”, se così si possono chiamare, che strapperebbero perfino un sorriso se non si dovessero pagare a caro prezzo. L’ultima novità, partorita proprio in questi giorni nella legge di stabilità, è la “tassa sui vulcani”: un’imposta di 2,5 euro applicata ai passeggeri che si recano in nave sulle piccole isole (che si aggiunge, ça va sans dire, alla tassa di soggiorno) che può essere innalzata fino a 5 euro nelle isole che ospitano un vulcano. Come spiega Francesco Cerisano su ItaliaOggi, la nuova tassa servirà a «finanziare la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, ma anche gli interventi di recupero e salvaguardia ambientale dei territori insulari» e sarà inserita nel prezzo del biglietto riscosso dalle compagnie di navigazione che operano sull’isola.

Al di là del fatto che non è ben chiara la ragione per cui un’isola con un vulcano dovrebbe avere lapossibilità di tassare di più le persone che la visitano nel nostro caso c’è un aggravante. Le due isole interessate, Stromboli e Ischia, hanno vulcani di fatto innocui da secoli. Stromboli è ancora considerato un vulcano attivo (clicca qui) solo perché presenta fenomeni eruttivi minori, ma l’ultima eruzione vera e propria risale al lontano 1888. Ancor più assurda è la situazione che riguarda Ischia, isola con molti più visitatori (tassabili) rispetto a Stromboli: qui il monte Epomeo ha fatto registrare l’ultima eruzione addirittura nel Basso Medioevo, per la precisione nel 1302. Neppure gli ischitani lo considerano più un vulcano.

Il dubbio che la nuova norma non sia studiata per altro che spennare gli ignari turisti, che già oggidevono sborsare fra i 17 e i 19 euro per una sola tratta in aliscafo da Napoli a Ischia, non è certo da scartare. Non sarebbe infatti la prima volta che in Italia vengono create tasse senza alcuna giustificazione logica, imposte – è proprio il caso di dirlo – col solo obiettivo di raccogliere soldi. A molti verrà in mente (ne hanno parlato spesso politici e giornalisti) l’accisa sui carburanti che paghiamo per finanziare la guerra d’Etiopia del 1935-1936. Meno noto è che di aumenti sui carburanti, che sommate rendono la nostra benzina fra le più care al mondo, ce ne sono stati altri 16 – dalla crisi di Suez del 1956 ai terremoti in Emilia del 2012 – che sono rimasti ben oltre le crisi. Tutte insieme le accise arrivano 72,42 cent per litro per la benzina verde e 61,32 cent per il gasolio Iva esclusa. Aggiunta anche questa, al 22%, si ottengono 88,35 cent per la verde e 74,81 cent il diesel, oltre il 60% del prezzo alla pompa.

Basti pensare all’odiosa tassa sugli imbullonati che la nuova legge di stabilità dovrebbe eliminare. Gliimbullonati sono quei macchinari che, essendo ancorati a terra, vengono considerati come delle abitazioni e pertanto registrati al catasto e sottoposti alla stessa imposizione fiscale degli appartamenti. Come ha ben spiegato il Sole 24 Ore «sono anni che l’Agenzia delle Entrate prova a costringere le imprese ad accollarsi questo nuovo onere assurdo (ma sostenuto da ragionamenti giuridici degni di Azzeccagarbugli) e con una piccola modifica alla legge di stabilità (190/2014, articolo 1, comma 244) il Parlamento, non si sa quanto consapevolmente, ha sposato la sua interpretazione”.

E che dire della tassa sull’ombra? Mathias Doimo, il giovane titolare del negozio di alimentari “laDispensa” di Conegliano (Tv), è rimasto a dir poco sconcertato nel ricevere la notifica del pagamento della Tosap, la tassa di occupazione del suolo pubblico, per la sua tenda parasole di quattro metri quadrati. Stupito perché la tenda, attaccata al di sopra della vetrina del negozio, non toccava terra e non poteva in alcun modo occupare il suolo pubblico. Com’era possibile? La risposta, come riporta Il Gazzettino (clicca qui), è arrivata quando Mathias ha guardato meglio la bolletta e si è accorto che la tassa era motivata dall’ombra proiettata sul suolo dalla tenda di quattro metri: 8,4 euro a metro per un totale di 33,6 euro arrotondati a 34.

E di tasse assurde ce ne sono altre, come la “delirium tax” bolognese, che ha costretto dei commercianti a pagare come fosse pubblicità la semplice indicazione degli orari d’apertura, la tassa sulla memoria (digitale) e perfino sul tricolore. Chi suggerisce che prima o poi tasseranno anche l’aria cerchi di respirare il più possibile, ché non è detto che prima o poi qualcuno ci pensi.

di Matteo Borghi | notiziecristiane.com

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