“L’autore dell’attacco di fronte al Parlamento britannico a Londra è un soldato dell’Isis” scrive Amaq, organo di propaganda dello Stato Islamico, “e l’operazione è stata realizzata in risposta all’appello di colpire i cittadini dei paesi della coalizione” che combatte il Califfato in Siria e Iraq.
La rivendicazione dell’Isis per l’attacco a Westminster di mercoledì era quasi superflua poiché le modalità dell’azione sono ormai quelle “standard” del Califfato. Il cosiddetto “Vehicle Ramming”, cioè l’uso di veicoli quali auto e camion per uccidere “gli infedeli” è in uso da anni e ha provocato stragi di matrice jihadista come quelle di Nizza e Berlino. Allo stesso modo anche l’aggressione con armi bianche, coltelli, accette o machete, da parte di “jihadisti fai date” per aggredire poliziotti, militari, semplici passanti o passeggeri di in treno non è certo una novità. Terrorismo veicolare e coltelli erano state ufficializzate due anni e mezzo or sono come armi dei jihadisti da Abu Mohammad al-Adnani, capo della propaganda dell’IS ucciso nell’agosto scorso da un raid aereo statunitense che esortò i seguaci del Califfato a colpire con ogni mezzo gli infedeli, citando nel suo proclama proprio coltelli e veicoli.
Un messaggio recepito evidentemente anche dal 52enne Khalid Masood, conosciuto sotto diversi altri nomi fittizi, cittadino britannico che risiedeva nella contea di West Midlands, che include la città di Birmingham dove la notte di mercoledì sono state effettuate perquisizioni da parte delle forze dell’ordine. L’uomo era stato condannato in passato per aggressione, possesso di armi e reati di ordine pubblico, ma non era mai stato condannato per reati legati al terrorismo anche se pare fosse noto per essere un estremista islamico.
Invece le 8 persone arrestate nel corso dell’operazione di polizia tra Londra e Birmingham pare stessero preparando un attentato, a quanto riferisce Scotland Yard. Nel dicembre scorso Alex Younger, direttore dei servizi segreti britannici (MI6) riferì di un “rischio di attentati senza precedenti” aggiungendo che dal giugno 2013 erano stati 12 i piani terroristici nel Regno Unito. Numero che ieri è stato aggiornato a 13 dalla premier Theresa May.
“Soldati” dell’Isis come Masood potrebbero del resto essercene migliaia in Gran Bretagna dove i servizi di sicurezza tengono sotto controllo 3mila islamici ritenuti pronti a compiere attentati. Il vero problema, come è già emerso in altri Stati europei, non sono solo i terroristi ormai noti, tenuti per quanto possibile monitorati ma (inspiegabilmente) a piede libero nel Regno Unito come in tutta Europa, tra i quali vi sono moltissimi “foreign fighters” rientrati dai campi di battaglia in Iraq e Siria dove militavano con le milizie salafite, del Califfato o di al-Qaeda.
La minaccia dei “terroristi fai date” (che non significa siano improvvisati o agiscano da “lupi solitari” cioè senza obbedire a ordini precisi) è molto più difficile da prevenire e contrastare. Anche se gli obiettivi che attaccano con un Suv e un coltello sono di livello strategico, cioè sedi istituzionali come il parlamento britannico o quello canadese in cui penetrò il 22 ottobre 2014 Michael Joseph Hall (canadese convertito) che uccise un militare prima di essere abbattuto dai poliziotti. Uomini come Masood ce ne possono essere molte migliaia in Regno Unito come emerse nell’aprile scorso dall’inchiesta presso la comunità islamica (oltre 3,5 milioni, il 5,5% della popolazione) della società demoscopica ICM e presentato all’interno di un documentario di Channel 4 dal titolo “Che cosa i musulmani pensano veramente”. Due terzi degli intervistati si rifiuterebbe di denunciare alla polizia un sospetto terrorista, il 23% si dichiarò a favore dell’introduzione della sharia in Gran Bretagna e il 4% simpatizzò apertamente con i terroristi suicidi mentre il 32% non condannò le violenze contro chi viene accusato di avere “offeso Maometto”.
Dati simili sono stati registrati da inchieste effettuate recentemente in Germania, Francia e Belgio a dimostrazione che le idee jihadiste sono condivise in Europa da milioni di islamici. Alla luce di queste valutazioni appare ancor più grave che l’Europa non stia facendo nulla per contrastare efficacemente la minaccia: non arresta gli estremisti che indottrinano migliaia di giovani all’islam radicale e non persegue i foreign fighters come criminali ma preferisce (come dicono i vertici Ue e di molti Stati dell’Unione) puntare a “reinserirli nella società”. Una pacchia per jihadisti e terroristi, sia professionisti sia “fai da te”.
Per saperne di più
L’ISLAM E LA BREXIT di Valentina Colombo
I QUARTIERI-CALIFFATO di Gianandrea Gaiani
di Gianandrea Gaiani | Lanuovabq.it
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