Lo scandalo relativo a pratiche d’abuso su minori nella Odenwaldschule, l’istituto educativo d’ispirazione laica situato nei pressi di Heppenheim, nell’Assia, e fondato nel 1910 da Paul e Edith Geheeb, sembra non avere mai fine. Nella scuola pensata per formare giovani destinati a importanti carriere la prima denuncia venne mossa nel 1998 contro l’allora direttore, Gerold Becker, ed era relativa ad abusi, ma appena un anno dopo venne mandata in prescrizione. Solo nel 2010, dopo tre anni di ricerche volute dalla nuova direttrice della scuola, Margarita Kaufmann, si arrivò a determinare almeno 33 casi di abuso su minori, tra gli anni 1966-1991, con il coinvolgimento di 8 docenti. Tra questi i più “attivi” l’ex direttore Becker, che nel marzo del 2010 inviò una lettera alla scuola con le proprie scuse (morto nel luglio dello stesso anno, ha subito alcun processo).
Col tempo i casi emersi sono cresciuti (fino a 135), così come il numero dei professori coinvolti. Ricerche d’archivio hanno dimostrato che vi furono casi (mai denunciati) su ragazze e ragazzi già nei primi anni della scuola, sotto la guida dei fondatori. Dal 2011 è stato in particolare Christian Füller, giornalista collaboratore della FAZ e della TAZ, a occuparsi dei casi di pedofilia nella scuola passata alla storia per essere attenta alla promozione dell’autodeterminazione della personalità, dell’educazione anti autoritaria, con vocazione apertamente anti cristiana: Füller non ha esitato a parlare di “paradiso pedagogico con annesse stanze di tortura” e di “androcrazia aristocratica”. Di fatto, al momento, rispetto a tutto quanto accaduto e denunciato non è stata emessa alcuna sentenza. Non solo, come denunciato già nel 2012 da Andreas Huckele, un ex studente, al momento del conferimento del premio intitolato ai fratelli Scholl, la stessa scuola non ha fatto nulla per chiarire e, soprattutto, per far sì che gli stessi abusi non si ripropongano.
E infatti, giusto un mese fa, nella casa di un attuale docente della scuola la polizia ha trovato materiale pedopornografico. Se è vero che l’insegnante è stato immediatamente licenziato, è altrettanto lecito chiedersi come mai ancora oggi, dopo tutto ciò che è successo, si ripropongano situazioni simili proprio in quest’istituto. Qualche giorno fa ha detto la sua anche un ex docente, Salman Ansari, che dopo aver insegnato per trent’anni lì oggi è diventato uno dei suoi critici più agguerriti. “Quest’ultimo caso mi conferma quanto penso da tempo”, ha detto a ZEIT, “cioè che la Odenwaldschule ha imparato davvero poco da quanto accaduto. Negli ultimi anni ha fatto qualche ritocco di tipo cosmetico, ha apportato alcune correzioni tecnico-amministrative. Gli insegnanti devono sottoscrivere delle dichiarazioni vincolanti e compilare formulari predisposti della polizia. Nulla di più.” E che cosa intenda con questo “nulla di più” lo spiega senza giochi di parole: “La cellula germinale della criminalità pedofila va individuata nella forma di convivenza tra docenti e giovani allievi, molto simile a quella familiare, tanto che si chiamava OSO-Familie, la famiglia della Odenwaldschule. A questo nessuno ha messo mano, ma dovrebbe essere soppressa.”
L’ultimo caso è una conferma della poca volontà, da parte di chi dirige la scuola, di mettere in discussione i criteri educativi. Del comportamento del docente trovato in possesso di materiale pedo-porno si erano già lamentati gli studenti, ma inutilmente. Tanto che la scuola gli aveva confermato il tutorato di un gruppo di studenti residenti. “Non mi stupisco”, ha commentato Ansari, “conosco i meccanismi e non sono cambiati. Dopo la segnalazione gli si sarà avvicinato un altro insegnante e questi ne avrà concluso che non c’era alcun problema. Gran parte dei docenti che insegna lì è convinta che la Odenwaldschule sia la migliore scuola del mondo.” Il giudizio conclusivo dell’ex educatore è inappellabile: “Quella scuola ha fallito. Il principio della famiglia, l’assunzione di responsabilità dei docenti rispetto agli allievi al di fuori degli orari di lezione non è più difendibile. Chi cerca di conservarlo lo fa per minimizzare la catastrofe degli abusi commessi facendoli credere incidenti della storia. E chi la pensa così non può volerlo per il bene dei bambini”.
di Vito Punzi
Fonte: http://www.lanuovabq.it/
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