Qualche giorno fa è uscita sui mass media esteri una notizia che, probabilmente, avrebbe meritato più attenzione: quella della decisione, da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti, di accettare di decidere se lo Stato del Texas possa, o meno, obbligare i siti web pornografici a richiedere la verifica dell’età degli utenti o se ciò costituisca una qualche violazione della libertà. La vertenza giudiziaria, come ha ricordato il Christian post, è sorta dal fatto che il governatore del Texas, Greg Abbott, ha firmato un decreto che richiede ai siti porno di verificare l’età dell’utente, con multe fino a 10.000 dollari al giorno per chi non osserva la disposizione; di qui il ricorso alle vie legali della Free Speech Coalition, gruppo che sostiene l’industria dell’intrattenimento per adulti, che ha portato la questione fino sul tavolo della Corte Suprema.
Vedremo che sviluppi avrà la vicenda. Intanto, possiamo comunque ricordare che anche da noi qualcosa si è mosso in questa direzione. Come infatti ha riportato Panorama, tra non molto anche nel Belpaese si dovrà esibire un documento di identità, secondo quanto stabilito dal piano di AgCom per la verifica dell’identità. Il 25 marzo scorso è infatti stata pubblicata sul portale dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AgCom) la Delibera 61/24/CONS, dando il via a una fase di «consultazione pubblica» per determinare il metodo più efficace per validare l’età degli utenti che accedono a siti pornografici in Italia; un provvedimento che segna un potenziale punto di svolta nel controllo dell’accesso ai contenuti per adulti online.
Anche il legislatore stesso, va detto, si è già mosso in questo senso. Per esempio l’articolo 13-bis del “decreto Caivano” – nome dato al dlgs 15 settembre 2023, n. 123 – contiene “Disposizioni per la verifica della maggiore età per l’accesso a siti pornografici”, e vieta ai minori l’accesso a contenuti pornografici, «in quanto ne lede la dignità e ne compromette l’integrità fisica e psichica, costituendo un problema di sanità pubblica». La legge impone altresì agli operatori di siti web o altre piattaforme che distribuiscono materiale pornografico di verificare l’età degli utenti. In caso di inosservanza, può essere comminata una sanzione ai soggetti obbligati.
Non solo. Nel nostro Paese sono anche promossi i sistemi di parental control (PCS) su alcuni contratti di servizio internet. L’articolo 7-bis del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, recante “Sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio” prevede infatti che i PCS – ovvero sistemi idonei a filtrare contenuti inappropriati per i minori e a bloccare contenuti riservati a un pubblico di età maggiore di 18 anni anni – debbano essere inseriti e preattivati, a titolo gratuito, nei contratti di fornitura di servizi di comunicazione elettronica. Tutto questo, naturalmente, non ci deve come Italia far immaginare che il problema di trovare «soluzioni politiche per proteggere i bambini» dai pericoli del porno non ci sia: c’è eccome.
Chiaro, la strada da percorrere su questo prioritario versante è ancora molta e Pro Vita & Famiglia è in prima linea su questo fronte, come dimostra la sua adesione all’European Child Shield Platform, un network comunitario di esperti sul versante medico e giuridico che riunisce oltre 30 ong impegnate sul fronte della prevenzione della dipendenza da porno e attive in 19 Paesi dell’Unione, che ha già stilato un piano di cinque direttrici – politiche, sociali, scientifiche e di sensibilizzazione sulle quali lavorare, e già accuratamente illustrate qui.
La necessità di non abbassare la guardia su questo versante deriva dal fatto che, se da un lato il consumo di pornografia costituisce una seria insidia per la salute degli adulti – in termini di distorsione delle aspettative sociali, di grave dipendenza, di diminuzione della soddisfazione sessuale, di desensibilizzazione e di problemi di autostima -, dall’altro esso lo è a maggior ragione per i bambini. Criticità come la comprensione distorta della sessualità e delle relazioni, con lo sviluppo di comportamenti inappropriati, e la difficoltà di instaurare – con «codici etici azzerati» – relazioni sane, traumi e disturbi emotivi sono qualcosa in più, a ben vedere, di semplici criticità: sono problemi enormi. Bisogna dunque, banale ma necessario dirlo, fare tutto il possibile e anche più per risparmiare ai più piccoli, che hanno tutto il diritto, oggi, ad una crescita equilibrata e a ricevere un’educazione degna di questo nome; per poter essere a loro volta, domani, buoni educatori ed esempi per i minori di domani.
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