Recensione di Valerio Bernardi, DiRS-GBU
Eurocentrici o cittadini del mondo? Gli antropologi (soprattutto quelli di matrice anglosassone) hanno spesso avuto un rapporto conflittuale con la storia e gli storici e non sempre si è prodotto un dialogo fecondo. Negli ultimi decenni, però, la prospettiva della World History, ha permesso che questo dialogo si riaprisse e portasse degli esiti interessanti. Uno degli antropologi più coinvolti in questo dibattito e a comprendere, all’interno del processo storico, lo sviluppo delle culture, è stato Jack Goody, uno dei massimi antropologi sociali del mondo britannico, autore di numerosi testi che hanno intersecato entrambe le discipline storiche e quelle antropologiche. Il libro di cui qui parliamo riprende una delle tematiche care allo studioso inglese: la presunta superiorità culturale e tecnica dell’Europa sugli altri continenti, ed è stato pubblicato lo scorso anno dal Mulino in traduzione italiana con il titolo, Eurasia, storia di un miracolo.
Il saggio di Goody, infatti, discute del concetto di Europa, mettendo in dubbio che possa esistere una storia europea svincolata dall’Asia (costituendo con essa un’unica grande massa continentale) e che, da un punto di vista culturale e storico, andrebbe vista sempre come un’entità unica: l’Eurasia. Gli storici europei, a parere dello studioso inglese, si sono “illusi” nell’argomentare l’esistenza di un continente che avesse caratteristiche proprie che lo rendesse a suo modo unico (l’allusione a testi come quelli Niall Ferguson autore di Civiltà dove è enunciata questa tesi, è abbastanza chiara). A condizionare questa idea ci sarebbe stato il breve momento di supremazia della parte più occidentale dell’Eurasia che ha avuto apparentemente inizio (da un punto di vista culturale) con il Rinascimento (Goody in un altro testo pubblicato qualche anno fa ha discusso di questo concetto) ed ha avuto il suo apice nella Rivoluzione industriale e nell’Imperialismo.
Per confutare la tesi degli storici, Goody risale all’età del Bronzo, dimostrando, con efficaci esempi che, se forse si sarebbe potuto parlare di “miracolo” guardando a una parziale porzione di storia, da parte dell’Europa, non la si può considerare tale partendo dall’età dello sviluppo della lavorazione dei metalli, dove la cultura nasce in diverse zone del continente eurasiatico più in comunicazione tra loro di quanto lo siano state Europa e Asia quando si parla del miracolo della supremazia europea. Partendo da questo presupposto, sono presi in esame due aspetti di quella che è chiamata l’ascesa dell’Europa: il ruolo dei mercanti e l’ascetismo puritano. Si dimostra che il commercio ha avuto fasi alterne dove non sempre hanno predominato gli europei e che questi ultimi, se l’hanno fatto, più che per manifesta superiorità, hanno commerciato per bisogno delle merci che venivano dall’altra parte del continente. Quanto all’idea weberiana di una maggiore efficacia del protestantesimo puritano per il commercio e il successo economico, essa è confutata mostrando che modelli simili erano presenti anche nella Cina confuciana, la cui rigorosità etica è paragonabile al protestantesimo di matrice calvinista. Il paragone con la Cina continua con la discussione della superiorità europea della trasmissione del sapere. Anche in questo caso Goody mostra come i cinesi conoscevano la xilografia prima della stampa a caratteri mobili e che non necessariamente quest’ultima ha portato a una superiorità culturale. Il capitolo finale è dedicato a mostrare che, considerando l’Eurasia come un continente unico, ci troviamo di fronte ad un’alternanza di supremazie durante il corso dei secoli. Il testo si termina con due appendici che confutano le tesi degli europeisti e discutono del regime delle acque in Europa e in Cina, mostrandone identità e differenze.
Come accade per i testi di Goody la scrittura è chiara e le tesi enunciate risultano evidenti, perché supportate da testimonianze storiche valide e perché frutto di un ragionamento che ha una sua coerenza. Alcuni dubbi rimangono: benché gli esempi portati dall’antropologo britannico siano efficaci e benché concordiamo con la critica che si fa alla tesi weberiana, volgarizzata al punto da far diventare i Puritani persone che sembrano soprattutto dedite al lavoro e poco al servizio di Dio, nel testo la questione dell’amministrazione politica sia solo accennata. Se è vero che i confuciani sono stati in grado di costruire un apparato burocratico simile a quello europeo, va detto che, però, tutto questo è avvenuto all’interno di un’istituzione, l’Impero, che non somiglia quasi per nulla alle moderne monarchie europee e, sicuramente, poco ha a che fare con l’autonomia della politica derivante da un patto giusnaturalistico. Un altro fattore non trattato appieno da Goody è quello religioso: la religione ha tenuto insieme e, allo stesso tempo, separato Asia ed Europa. Se è vero, infatti, che il cristianesimo è nato chiaramente in Asia, in un ambito semitico, è anche vero che è poi diventata la religione dell’Europa ed ha, in qualche maniera, “lasciato” l’Asia, salvo poi ritornarvi negli ultimi decenni (almeno in alcune zone, ma ancora non in maniera maggioritaria). Nonostante queste possibili critiche, come ogni testo dell’A. britannico, la lettura è consigliabile soprattutto per chi voglia avere una prospettiva globale dei problemi storici e sociali. Valerio Bernardi – DIRS GBU
Fonte: http://www.cristiani.info/
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