Il 3 dicembre 2021 decine di militanti di TCS e di TEKO-JIN (movimenti della Gioventù Curda in Europa) manifestavano vigorosamente all’Aia (Paesi Bassi) davanti alla sede dell’OPCW, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche.

C’era anche stato un tentativo di occupazione (definito dai media un “assalto”), ma solo dopo la carica della polizia contro i giovani radunati all’esterno. Scopo dell’iniziativa, denunciare all’opinione pubblica quanto stava avvenendo nel Kurdistan posto entro i confini iracheni. Dove l’esercito turco andava impiegando gas tossici contro la resistenza curda. Alcuni manifestanti si erano anche incatenati e alla fine una cinquantina di loro venivano arrestati. Almeno dieci i feriti (sempre tra i manifestanti).

Per quaranta dei fermati l’accusa era di “rottura della pace sociale, distruzione e violenza contra le proprietà di un’organizzazione protetta a livello internazionale”.

Altri quattro (Sinan E., Abdullah G., Serhat E., Hakan H. e Hugo G.) erano finora rimasti in stato di detenzione per “violenza in associazione contro persone, violenza contro le proprietà di un’organizzazione internazionalmente protetta e vandalismo”. Quella del 3 dicembre non era la prima iniziativa dei giovani curdi per denunciare l’uso delle armi chimiche. Un mese prima – il 3 novembre 2021 – si era svolta una manifestazione simile (sempre davanti alla sede dell’OPCW) e poi un’altra il 16 novembre.

Ma il grido di dolore della comunità curda era rimasto inascoltato.

Organizzate soprattutto da Radical Solidarity, nel mese di gennaio sono state indette numerose iniziative di solidarietà per i quattro curdi rimasti in carcere. Un po’ ovunque nei Paesi Bassi e anche a Bruxelles (davanti all’ambasciata dei Paesi Bassi, a sorpresa).

Il 26 gennaio i quattro sono stati rimessi in libertà provvisoria in attesa del processo, previsto per il 17 febbraio.

Gianni Sartori

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