“Uomo, Astieniti Dall’impudicizia Sessuale Che Sporca La purezza Dell’amore Coniugale”.
Liberi Di Non Commettere Adulterio (2^ ANTITESI)
Matteo 5:27-30
La giornalista e scrittrice Natalia Aspesi, esprimendo il suo parere sulla buona riuscita di un matrimonio, afferma che “l’adulterio è la medicina indispensabile di ogni buon matrimonio”. Senz’altro è un pensiero popolare, si può dire che la pratica dell’adulterio è una nuova norma “etica” che si è affermata nella nostra società, come quella dell’amore omosessuale, il quale addirittura in alcuni stati è stato legalmente equiparato al matrimonio eterosessuale. E’ vero che l’adulterio è una pratica antica, ma nell’ultimo trentennio esso è praticato con molta disinvoltura nella società contemporanea, legittimato dal fatto che funge da metodo “terapeutico” della coppia in crisi (anche se nella società persiste una buona fetta di persone non cristiane che hanno una buona concezione dell’etica della fedeltà coniugale). La trasgressione sessuale extraconiugale è una norma “etica” che si è imposta prepotentemente nel vissuto sociale, che considera chi non la pratica un immorale e retrogrado. Penso ad esempio alla pratica dello scambio di coppia come evento clou del tradimento della fedeltà coniugale, dove ambedue i coniugi sono consenzienti e consapevoli della loro infedeltà, dando vita ad uno barbarico stravolgimento e avvilimento della dignità umana (soprattutto un impoverimento spirituale e umano, che coinvolge anche la sfera educativa dei propri figli).
Contro questa barbarie etico-sociale e umana si eleva l’esigenza etica di Gesù della sacralità della fedeltà coniugale. Innanzitutto, essa raggiunge la sua chiesa, che è seriamente minacciata da questi modelli culturali secolari che sono costantemente propinati attraverso i canali mediatici della carta stampata, della televisione, del cinema, e di internet. Come essa deve difendersi? Non con una proibizione legalistica del settimo comandamento, che dice “non commettere adulterio”, ma con l’individuazione della causa che lo determina e l’intima comunione con Gesù che immunizza la chiesa dalle tossine dei messaggi trasgressivi della fedeltà coniugale.
La 2^ antitesi dell’esigenza etica di Gesù che noi leggiamo nell’evangelo di Matteo 5:27-30, tende a salvaguardare la purezza dell’amore coniugale, non soltanto dall’adulterio, ma anche dallo sguardo lussurioso, proibizione che è contemplata nel decimo comandamento del Decalogo (Es.20:17).
Anche questa antitesi inizia con la formula: “Avete ascoltato che fu detto” seguito dall’imperativo negativo “non commettere adulterio” (gr. Ekusate oti errèthe “ou moicheùseis”). I Rabbini insegnavano al popolo il divieto di trasgredire il settimo comandamento in maniera legalistica, tralasciando la causa che lo avrebbe infranto ossia quello di guardare lascivamente e lussuriosamente la donna altrui (Es.20:14;Deut.5:18). Era dunque una definizione ristretta del peccato sessuale. Ma Gesù non la pensava così. Egli di rimando afferma: “Ma Io vi dico che chi guarda una donna per appetirla a già commesso adulterio in cuor suo”(gr. Egò dè légo umìn òti pas ò blépon gunaìka pròs tò epithumèsai autèn ède emoìkeusen autèn en tè kardìa autoù). La parola “donna” (gr. Gunè) è adoperata nel NT quasi sempre per indicare la donna sposata, quindi, è possibile tradurla con la parola “moglie” anche se il suo significato all’interno dell’affermazione di Gesù la trascende (può anche essere desiderata sessualmente qualsiasi donna). Lo sguardo lascivo è un adulterio implicito: non solo l’atto dell’adulterio, ma anche il desiderio lussurioso che lo provoca è anch’esso adulterio. Affermazione gesuana durissima, severissima, che non lascia spazio neppure al pensiero che si diletta nell’adulterio. Peccato è l’atto commesso, ma anche il pensiero che medita l’atto lussurioso.
Se nella prima antitesi abbiamo visto che la proibizione dell’omicidio includeva l’irascibilità e le parole ingiuriose, nella seconda notiamo che la proibizione dell’adulterio include lo sguardo lussurioso e la lasciva immaginazione. Noi cristiani possiamo uccidere con la lingua, e possiamo commettere adulterio con il covare il desiderio nel nostro cuore e nei nostri pensieri (v. 28). E’ ragionevole pensare che il divieto dell’adulterio esteso anche alla concupiscenza del cuore raggiunge sia l’uomo che la donna. Se Gesù parla del comandamento come un divieto rivolto solo all’uomo, ciò rientra nel quadro di una società patriarcale dove l’uomo aveva un predominio assoluto sulla donna. L’adulterio era condannato nella società ebraica con la pena capitale, sembra mediante lapidazione (cfr. Dt. 22:22; Giov. 8: 3-11). Ma nel pensiero di Gesù era presente anche l’adulterio della donna nei confronti del marito. A questo punto bisogna considerare un duplice aspetto dell’antitesi di Gesù :
in primo luogo la naturale esperienza sessuale nel matrimonio è un bellissimo dono di Dio. Marito e moglie si donano l’un l’altro, godendo della gioia del sesso, perché esso è segno di unità dell’Uomo, creato maschio e femmina Gen.1:26-8). E il sesso non è stato donato da Dio solo per la procreazione, ma anche e soprattutto perché gli amanti legittimati nel matrimonio si inebrino nella voluttà sensuale del sesso (cfr. il Cantico dei Cantici, che il misticismo cristiano-cattolico l’ha trasformato erroneamente in una unione mistica tra Cristo e la Sua Chiesa). Ma perdersi nel mare caotico dell’edonismo sessuale nelle relazioni occasionali extraconiugali, fossero anche più durature e anche se non coinvolgessero persone non sposate, significa “commettere adulterio”, perché esso viene esteso nel pensiero di Gesù anche ai non sposati, la quale pratica in altri casi viene definita “fornicazione”. E se c’è qualcuno che vuole fare questa distinzione allora si rende colpevole di costruire anch’esso una casistica così come lo hanno fatto i Farisei, casistica che Gesù ha condannato. Gesù enfatizza che ogni pratica sessuale che è fuori dal matrimonio è immorale sia nell’azione che nello sguardo lussurioso e nei pensieri lascivi.
Trovo stimolante le illustrazioni che usa Gesù nella sua disamina radicalizzante la pratica immorale dell’adulterio. La purità sessuale nasce dall’autocontrollo del pensiero, il quale viene stimolato sia dallo sguardo che dall’immaginazione. Non a caso Gesù usa l’illustrazione iperbolica dell’occhio, che è l’organo che trasmette al cervello le immagini focalizzate o zummate (l’occhio è simile ad una macchina da presa che si sofferma in un determinato campo visivo e, poi, zummando, isola un oggetto specifico del campo visivo, rendendolo soggetto di una anatomica e acuta osservazione, passando i dati osservati al cervello che li rielabora e li fissa nella sua memoria). Allora, se Gesù ordina al suo discepolo, “Se dunque il tuo occhio destro ti fa cadere in peccato, cavalo e gettalo via da te; poiché è meglio per te che uno dei tuo membri perisca, piuttosto che vada nella geenna tutto il tuo corpo”, ciò significa che il discepolo di Gesù deve dissociarsi da tutto quello che visivamente può causargli turbamento e turbolente fantasie erotiche. In altre parole, Gesù sta dicendo: “Caro mio discepolo/a, quando guardi una donna/uomo, fai in modo che l’uccello dell’erotismo non nidifichi nel tuo cervello di modo che tu ti abbandoni a passioni non più controllabili che si possono tradurre sia in fantasie erotiche che in vere e proprie azioni erotiche extraconiugali (cfr. il taglio della mano destra in Mt 5:30). La passione erotica extraconiugale nasce prima attraverso i propri occhi. Essi trasmettono l’immagine al cervello, il quale li rielabora e li fissa nella memoria, determinando una sorta di anamnesi dell’erotismo. Soffermandosi sull’iperbole di Gesù della privazione fisica dell’occhio, è doveroso dire che, chi interpreta letteralmente questo versetto(e anche quello seguente), commette un grave errore ermeneutico, perché Gesù non vuole veramente dire che, chi ha commesso adulterio attraverso lo sguardo lascivo deve cavarsi fisicamente l’occhio e chi ha agito lussuriosamente deve amputare la mano destra. Ciò sarebbe disumano e anticristiano. E’ vero che nel corso dei primi secolo del Cristianesimo vi sono stati casi di estremismo cristiano (Va ricordato, ad esempio, il grande esegeta Origene d’Alessandria (185-254 d.C.), il quale per un eccesso di moralismo, oltre a praticare pratiche ascetiche come la rinuncia ai beni, al cibo e al sonno, si cimentò anche nell’insensato gesto di evirarsi), ma sono esempi di fanatismo che veri e propri gesti di sobrietà di vita cristiana. Al contrario, Gesù usa un autentico linguaggio figurato semitico attraverso cui invita il suo discepolo/a a “mortificare” le passioni illegittime attraverso il portare la croce e a seguire Cristo (cfr. Mc8:34), rigettandole e portandole alla morte (cfr. Gal.5:24).
Allora sorge una domanda pratica: in che modo il discepolo/a di Gesù deve “mutilarsi” per non cedere alla sessualità lasciva? L’azione ovvia sembra che sia l’astenersi dal guardare e dall’agire (cavarsi l’occhio e amputare la mano destra). Questo è a mio avviso il significato della mortificazione. Non guardare immagini piccanti, film porno, non andare ad incontri clandestini, non cedere alla lussuria quando guardi una donna/uomo fisicamente attraenti. Ancora, si astenga il discepolo/a di Gesù dal leggere determinata letteratura d’autore o vedere film erotici d’autore, i quali suscitano morbosi appetiti sessuali (ad esempio culturalmente sono accettati i film erotici del regista veneziano Tinto Brass, e diffusi sia dai palinsesti della Televisione di Stato che da quelli della televisione commerciale). Il discepolo/a deve avere il coraggio di sostenere una salutare amputazione culturale che compromettere seriamente la propria vita spirituale con gravi ripercussioni nell’ingresso nel Regno. Non venda la sua celeste primogenitura per un piatto di lenticchie di voluttà. Il discepolo/a è chiamato a decidere se seguire la folla o Gesù Cristo.
“Gesù non proibisce di guardare, ma dirige lo sguardo del discepolo su di sé, e sa che qui lo sguardo resta puro, anche se poi si posa sulla donna. Egli non impone ai suoi discepoli il giogo insopportabile della legge, ma nella sua misericordia li aiuta per mezzo dell’Evangelo” (1)
(1) Dietrich Bonhoeffer- Sequela- Queriniana ed, Bs 1975, pag. 113
Paolo Brancè | Notiziecristiane.com
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