Nell’agosto del 1972 un giovane sub dilettante romano, Stefano Mariottini, immergendosi nel Mar Ionio a 300 metri dalle coste di Riace, un centro vicino a Reggio Calabria, scopre a otto metri di profondità due colossali statue bronzee di guerrieri, conosciute universalmente con l’espressione “i Bronzi di Riace”, un vero e proprio tesoro archeologico dell’antica Grecia, risalente al V° secolo a.C. Un caso analogo accadde nel luglio del 1999 a Olbia, durante gli scavi per la realizzazione del tunnel di Olbia. Ma in questo caso gli archeologi erano allertati, giacché si stava intervenendo nell’area portuale di Olbia antica.
Furono portati alla luce 24relitti di navi, di cui due risalente all’epoca neroniana, 16 al periodo dell’invasione vandalica e due dell’età giudicale. In ambo i casi si tratta di scoperte di notevole interesse archeologico e storico, anche se il primo caso è accidentale e il secondo sembra essere una scoperta sotto sorveglianza degli archeologi. Desta meraviglia e stupore, quando si scoprono tesori sommersi, di antiche civiltà,per la loro prezioso e inestimabile valore storico.
Anche Gesù parla di ricerca di ritrovamento casuale di tesori nascosti.
Ispirandosi realmente ai tesori nascosti e alla ricerca di perle preziose,Gesù raccontò due parabole del Regno per delineare la sua preziosità esistenziale ed escatologica per il quale l’uomo investe l’intera sua esistenza per potersene appropriare: la parabola del tesoro nascosto e quella della perla di gran valore, due parabole gemelle, che espongono sostanzialmente lo stesso insegnamento, sebbene vi sia qualche variante, sottolineando il carattere misterioso e nascosto del Regno e il suo inestimabile valore.
L’aspetto cruciale delle due parabole è il comportamento dei due protagonisti, il contadino e il mercante di perle, i quali decidono di investire tutto quello che apparteneva a loro pur di appropriarsi del tesoro trovato casualmente o della perla dal valore inestimabile,, che a lungo cerca, ma che la trova in maniera inaspettata. Non è il sacrificio che compiono, ma l’atto decisionale come gioiosa reazione alla sensazionale scoperta: una azione coraggiosa motivata dal fatto che il Regno è operante nell’attività di Gesù. Costruite secondo la figura retorica ebraica del parallelismo sinonimico, le parabole, presenti solo in Matteo, iniziano con l’espressione “Il Regno dei Cieli è simile…”, la quale espressione va intesa nel seguente modo: “Avviene del Regno dei Cieli come di un tesoro…”, facendo risaltare l’atto decisionale del contadino e del mercante di investire tutto quello che avevano per venire in possesso di quel tesoro inestimabile che avevano trovato. Pur essendo due parabole molto simile per struttura, si differenziano per una sfumatura teologica, la ricerca del Regno è meticolosa come nel caso del mercante e può essere un rinvenimento casuale come nel caso del contadino.
Osserviamo l’azione del primo protagonista.
Egli è un contadino,che lavora la terra. Precisamente egli è un operaio ad ore, un mezzadro che lavora la terra altrui. Egli non cerca, egli fa il suo lavoro e proprio durante la fase di dissodamento del terreno da coltivare con la vanga, l’arnese cozza con un oggetto particolarmente duro, probabilmente uno scrigno, un recipiente di terracotta impermeabilizzato. Sorpreso da questa scoperta,porta alla luce il bauletto, toglie lo strato di terriccio che lo imbratta, lo apre e con grande stupore ammira la lucentezza di una copiosissima quantità di monete. La gioia è grande, è sovrastato dalla gioia, si può dire che salta dalla gioia: egli sa che quel tesoro cambia il suo tenore di vita, la sua condizione sociale. Ma perché quel tesoro diventi suo deve acquistare quel terreno. Sotterra lo scrigno va a casa e investe tutti i suoi averi per acquistare quel terreno che contiene il tesoro. Come è solito fare, Gesù esagera nel raccontare le sue “storie”. Certamente il contadino non poteva avere il potere di acquisto tale da poter comprare il podere. Ma l’esagerazione è un espediente narrativo per attirare l’attenzione dell’uditorio verso una verità che è velata dal racconto. Non è il caso di parlare neppure di una azione eticamente censurabile del contadino, che si impossessa di un tesoro nascosto in un terreno non suo. La parabola non discute di diritto della proprietà. Gesù si interessa di un genere letterario della narrazione popolare infarcita di avvenimenti realmente accaduti e di episodi fantastici per suscitare la riflessione dell’uditorio sulla gioia che suscita la scoperta del Regno e la decisione coraggiosa di investire tutto se stesso per appropriarsene.
(La Palestina era piena di tesori nascosti da proprietari per sottrarre i l suo tesoro dalle incursioni nemiche o perché si metteva in viaggio per lungo tempo. Anche Virgilio parla in Aen. 1:358 s. parla di “vecchi tesori nascosti sottoterra, ignorata ricchezza d’oro e d’argento”) (1)
Il breve racconto è una parabola del Regno e parla della preziosità di esso. E’ un dono di Dio dato agli uomini. E’ presente, sperimentabile nella parola e nell’opera di Gesù. Anzi, è Gesù stesso banditore e contenuto del Regno:”Il Regno di Dio non viene in modo da attirare gli sguardi: né si dirà: “Eccolo qui, o eccolo qua”; perché, ecco, il Regno di Dio è in mezzo a voi”(Lc17:21).Chi scopre il Regno(possiamo dire, chi è afferrato da Gesù!) è sovrastato dalla gioia, investendo tutta la propria esistenza per esso, perché esso cambia il suo orientamento verso la vita,trasforma il suo modo di pensare e di agire, infonde nella sua anima valori spirituali ed etici che trascendono quelli umanamente perseguibili: insomma il Regno dei Cieli irrompe silenziosamente, ma dinamicamente nell’uomo di strada,che è immerso nelle sue occupazioni quotidiane,senza impelagarsi in sofisticate indagini filosofiche sul mistero dell’esistenza umana. Egli casualmente incrocia Gesù, lo sente parlare, agire, la sua stessa persona ha un fascino particolare, rimane gioiosamente sorpreso da questo incontro imprevisto, lo induce a una decisione, che è quella di sbarazzarsi di falsi tesori,che fino adesso hanno dominato la sua vita e.all’invito di seguirlo.
Il contadino rappresenta l’uomo comune, che vive la sua vita apparentemente tranquilla fatta di lavoro, svaghi, che non si interessa di teologia e di problemi religiosi. Quest’uomo è raggiunto dalla Parola del Signore in maniera repentina, improvvisa, e si pone alla sequela di Gesù con gioia, investendo tutta la sua esistenza. Il suo vuoto interiore, che è in tutti gli uomini, è riempito dalla presenza di Gesù: afferrato dalla Grazia egli risponde positivamente. Quanto basta.
Nella seconda parabola il protagonista è un mercante all’ingrosso di oggetti preziosi. E’ un esperto di perle, ed è alla ricerca di una perla di rara bellezza e di eccezionale valore. E’ un instancabile ricercatore, ostinato, caparbio. Non si ferma alle difficoltà,egli viaggia e cerca questa perla il cui valore supera ogni aspettativa(si dice che Cleopatra nel possedesse una il cui valore si aggirava ai centomila sesterzi, un milione e mezzo di euro). La sua ricerca è premiata con il suo ritrovamento. il mercante investe tutte le sue ricchezze per acquistarla.
Chi rappresenta il mercante? Possiamo ragionevolmente affermare che il mercante rappresenta l’uomo di cultura, i l filosofo, il teologo, il religioso in genere, impegnato nel le sue ricerche filosofiche e teologiche alla ricerca del la Verità (la perla preziosa). Egli è un uomo sapiente (le sue perle preziose), ma la sua sapienza non basta a colmare comunque quel vuoto interiore che lo accomuna all’uomo del la strada. L’uomo, quando è afferrato dalla Grazia, esperimenta una rivoluzione copernicana: tutti i suoi tesori intellettuali (e per alcuni anche quel l i tenuti in banca!) sono investiti per l’acquisto del tesoro di incommensurabile valore. Le perle preziose del sapiente sono le conquiste intellettuali, le ricchezze economiche, le posizioni privilegiate, le teologie consolidate. Ma tutto questo non basta, manca qualcosa, quel “quid” che dà senso e significato ad esse. E’ la scoperta di Gesù, che ci introduce nel la Società di Dio, il cosiddetto Regno dei Cieli attraverso la scoperta del la Scrittura come Parola di Dio, che ci fa conoscere Cristo. Se la Scrittura soltanto letta per le proprie è elucubrazioni intellettuali, per le proprie conquiste ecclesiali, per consolidare le proprie posizioni dottrinali, senza che vi sia un vero e proprio ascolto del la voce di Dio, che lo rimanda a Cristo, attraverso cui la fede viene corroborata e alimentata, mettendo in discussione i valori e le etiche del mondo laico e la sua religiosità puramente intraterrena, volendo escludere le direttive etiche e spiritual i cristologiche, allora il parlare al Signore diventa solo un mero soliloquio e non un dialogo con l’Iddio rivelatosi nel la Scrittura e nel la Parola Incarnata, Uccisa e Risuscitata.
Le due parabole possono anche definite le parabole della decisione o della conversione. Ambedue le parabole raccontano la vicenda di un uomo che trova un oggetto di incommensurabile valore in maniera inaspettata, una fortuna singolare, irripetibile, capace di risolvere ogni problema. Afferrati da una gioia incontenibile decidono di vendere tutti i loro averi per impossessarsene in maniera definitiva. Siamo di fronte all’invito di Gesù alla conversione: “Convertitevi perché il Regno dei Cieli è vicino”(Mt4:17). Dio sta intervenendo direttamente e personalmente nel mondo per offrire all’uomo la salvezza definitiva. Questo è il tempo della decisione radicale alla sequela di Gesù. Non bisogna farsela sfuggire, perché si perderebbe il valore più prezioso e necessario alla vita: Chi vorrà salvare la sua vita, la perderà;ma chi avrà perduto la propria vita per amore mio, la salverà”(Lc9:23-24). Già negli evangeli leggiamo alcune chiamate dei discepoli di Gesù della prima ora, che hanno lasciato tutto e lo hanno seguito: Pietro e Andrea lasciano la loro attività di pesca e seguono Gesù(Mt4:19-20). Anche Giovanni e Giacomo lasciano la barca e il padre, e seguono Gesù(Mt4:21-22). Matteo è seduto al banco delle imposte, intento al suo lavoro e al suo guadagno, Gesù lo chiama a seguirlo e anche lui si alzo e lo segui(Mt9:9).Prima di accomiatarsi dai suoi amici e in segno di gioia per la sua conversione organizza un banchetto(Mt9:10-13). I cinque discepoli hanno trovato nelle loro occupazioni quotidiane Gesù come un tesoro di enorme valore per il quale vale la pena di investire tutta la propria esistenza per seguirlo e possederlo. In contrasto con la gioia che pervade i discepoli che si mettono alla sequela di Gesù si pone la vicenda del giovane ricco, il quale desiste dal privarsi dei suoi beni all’invito di Gesù di seguirlo (Mt19:16-22). L’annuncio del Regno da parte di Gesù è anche accolto da alcuni Scribi e Farisei, come Nicodemo,grande conoscitore delle Scritture,il quale,simile al mercante di perle, si imbatte nella perla dal valore unico a coronamento della loro perseveranza, sincerità e onestà (Giov.3:1-14). E’ di grande incisività la frase di Gesù: ” Chiedete e vi sarà dato;cercate e troverete;bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto” (Mt7:7-8).Nella Chiesa Primitiva ci imbattiamo in azioni radicali di chi si è messo alla sequela di Gesù. Vi erano ricchi che vendevano i loro beni e li mettevano al servizio della comunità: “Quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno (At.4:34-35). Uno di questi facoltosi e generosi seguaci di Gesù si chiamava Barnaba il futuro compagno di Paolo nel primo viaggio missionario. Il vero nome di Barnaba era Giuseppe,levita originario di Cipro, il quale vendette il suo podere e consegno l’importo agli Apostoli (At.4:36-37).
Le due parabole del tesoro e della perla, dunque, invitano alla conversione e alla decisione radicale di chi si imbatte casualmente o dopo lunga ricerca,investendo tutta la propria vita pervasi dalla gioia. Chi è afferrato dal dono di Cristo che Dio ha sacrificato, non può rimanere indifferente nel sacrificare se stesso nella sequela di Gesù. Essa lo impegna esistenzialmente e questo lo avevano capito i cristiani della prima ora. Non si gioca con la vita per cose da nulla. Gesù rappresenta il tesoro unico della vita di fronte al quale ogni altro tesoro intramondano viene relativizzato. Il discepolo deve essere sempre pronto ad azioni che lo impegnano totalmente. Un siffatto stile di vita non ha niente a che fare con parole liturgiche e riti che non costano nulla, qui si tratta di dare la vita. E ciò è possibile se l’uomo scopre l’unico valore che conta nell’esistenza umana, per il quale con la gioia nel cuore mette in discussione la sua esistenza. Siamo di fronte a una delle tante azioni controculturali che l’Evangelo esige. Puntare tutto su Gesù è la testimonianza della fede che gioiosamente impegna. E ciò non può passare inosservata tra i nostri compagni di umanità né può essere zittita come scelta dovuta all’entusiasmo e alla emotività di un momento. Ciò invita a riflettere che l’annuncio evangelico è fede e azioni senza condizione. Un cristiano non può dire: “fin qui io arrivo, oltre non vado”. Il cristiano che si è messo alla sequela di Gesù sa che il suo viaggio è fino a quando i suoi occhi si chiuderanno.
Dunque, le due parabole del tesoro e della perla sono anche parabole che inducono a una seria verifica della sua fede, se essa è basata solo su riti e parole e sull’applicazione sterile di norme legalistiche, che non costano nulla oppure essa è fortemente dinamica e portatrice di nuove scoperte e consolidatrice della gioia messianica. Se si è sopraffatti dalla grandezza della scoperta del Vangelo, ciò porta alla gioiosa decisione di impossessarsene, mettendosi a camminare dietro a Gesù e diventare cittadini della Città di Dio.
“Io sono la Via, la Verità, la Vita, nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”(Giov.14:6)
(1) Joakim Gnilka – Il Vangelo di Matteo(1° Vol.) – Paideia ed, Bs1990, pag. 733
Paolo brancè | Notiziecristiane.com
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