“Se la vostra giustizia non supera quella degli Scribi e dei Farisei voi non entrerete affatto nel Regno dei Cieli”. (Matteo 5:20)
Questa è una frase che Gesù pronunciò a favore dei Suoi discepoli nel Discorso sul Monte. Con Gesù è venuto il momento di avere un approccio totalmente diverso con la Legge anticotestamentaria, una relazione non più formale e cavillosa, che il Fariseismo aveva realizzato, disattendendo i due massimi comandamenti dell’amore per il Signore e l’amore per il prossimo, ma una relazione più intima, radicalizzandola e restituendo ad essa il suo antico, originario splendore divino. I discepoli di Gesù erano chiamati a una “Giustizia superiore” di quella dei Farisei. Cosa significa? I Discepoli dovevano essere più legalisti dei Farisei? Assolutamente no. I discepoli sono chiamati a fare qualcosa che li cambierà radicalmente e li farà essere i pionieri della controcultura seguire Gesù che ha adempiuto la legge.
Non bisogna ignorare che nell’ambito dell’illegalità vissuta all’interno dell’ordinamento giuridico e spirituale dei Giudei, Gesù è stato accusato di voler abolire le norme legislative mosaiche come il sabato e le leggi di purificazione. Ma Gesù è stato estremamente scrupoloso nel rispettare la legge divina. Gesù non ha mai trasgredito la legge, ma ha avuto l’autorità di modificarla. Meglio di adempierla. Ancora una volta, ci imbattiamo in un testo in cui traspare la divinità di Gesù. Se Dio è il Legislatore, solo Dio può emendare la legge che Lui stesso ha dato. Il testo di Matteo 5:17-20 rileva che l’autorità di Gesù è divina e non quella di un profeta a cui l’autorità è data da Dio stesso. Gesù è il termine della legge. (Rom.10:4)
Il superamento della giustizia dei Farisei e degli Scribi non si misura nel totale e formale adempimento delle prescrizioni, ma la giustizia dei Cristiani è più grande di quella degli Scribi e dei Farisei , perché è qualitativamente più profonda, essendo la giustizia del cuore. I Farisei erano soddisfatti con la loro formale ubbidienza alle normative veterotestamentarie interpretate peraltro in maniera scorretta (cfr. le antitesi di Mt 5:21sgg.), e la loro pretesa di adempiere la lettera della legge; Gesù, al contrario, insegna ai suoi discepoli che le esigenze della legge veterotestamentaria sono più radicali di quelle espresse formalmente dai dottori della legge. La giustizia di cui Gesù sta parlando e per la quale è richiesta un totale e appassionato adempimento è quella interiore, della mente e del cuore. Essa è la giustizia interiore di cui parlavano i Profeti nelle loro profezie come una delle benedizioni dell’età messianica: “Io metterò la mia legge dentro loro, e Io scriverò essa dentro i loro cuori…” (Ger.31:33) o “Io metterò il mio Spirito dentro farà si che voi osserviate i miei decreti e seguiate le mie norme”. (Ez.36:27)
Cosa significa questa profezia alla luce della rivelazione definitiva di Dio nella persona, nell’opera e nell’insegnamento di Gesù?
Se Gesù avvalora la legge dell’AT, Gesù si rivolge ai suoi discepoli, ossia a coloro che si sono vincolati solo a Gesù Cristo. Camminare negli Statuti divini, come è stato profetizzato da Ezechiele significa seguire Cristo, unendosi a Lui, solo e soltanto a Lui. Gesù rimanda i Suoi discepoli alla Legge veterotestamentaria, non a una nuova legge: Egli rimanda i suoi alla stessa legge alla quale fu rinviato anche il giovane ricco, perché in essa è manifestata la volontà di Dio. La legge di cui sta parlando Gesù non è una legge migliore di quella dei Farisei, ma è la stessa legge integra in ogni sua lettera, che deve essere osservata e adempiuta. Ma Gesù richiede una giustizia maggiore di quella dei Farisei e degli Scribi. Ma questa “giustizia maggiore” che Gesù richiede dai suoi discepoli è solo e soltanto realizzabile e realizzata nell’unione del discepolo con Gesù. Il discepolo è chiamato a seguire Gesù, la condizione per realizzare questa giustizia maggiore è la chiamata di Gesù e la risposta positiva del discepolo. Nessuno può realizzare la legge di Dio con le proprie forze, né l’unione con Cristo è verace se il discepolo non adempie la legge.
Che bella espressione quella di Bonhoeffer nel tratteggiare drammaticamente la colpa di Israele, che consisteva nell’aver divinizzato la legge e avere trasformato Dio in legge, mentre quella di diversi cristiani è quella di voler privar la legge della sua origine divina e il separare Dio dalla Sua legge( a dire il vero esiste anche una schiera folta di cristiani che hanno “divinizzato” le formule dottrinali ricavate dall’insegnamento cristiano, trasformando Dio in dottrina). “Dio è Donatore e Signore della legge, e solo nella comunione personale con Dio viene adempiuta”. (1)
Ancora, “Egli stesso si pone tra i suoi discepoli e la legge, ma la legge non può porsi fra lui e i suoi discepoli. La via dei discepoli verso l’adempimento della legge passa per la croce di Cristo. Chi vuole seguire lui, che ha osservato la legge, seguendolo osserva e insegna la legge. Solo chi osserva la legge può restare in comunione con lui. Non la legge a distinguere i discepoli dall’ebreo, ma la “giustizia maggiore”. La superiorità della giustizia del discepolo consiste nel fatto che tra lui e la legge sta colui che ha completamente adempiuto la legge e che il discepolo vive in comunione con lui… Gesù è la giustizia dei discepoli, è giustizia donata, donata mediante la chiamata a seguirlo… La giustizia dei discepoli è giustizia sotto la croce. La giustizia di Cristo è la nuova legge, la legge di Cristo.”(2)
Questo non significa che ogni regola o norma veterotestamentaria sia permanentemente valida. Al contrario, il pensiero del Cristiano si concentra ora su Gesù e sul suo insegnamento, e sotto questa luce va esaminata la validità delle regole del VT. Si noterà che alcune regole sono state adempiute da Gesù(vedesi ad. Esempio le leggi di purità alimentare e le leggi rituali, altre saranno reinterpretate.
Il Cristiano in Cristo è libero di amare i precetti di Dio.
Cosa significa tutto questo alla luce della prassi “evangelica” dell’Evangelismo contemporaneo. Beh, la critica di Gesù al pragmatismo formale e legalistico dei Farisei non è soltanto a loro circoscritta… La pungente invettiva di Gesù contro la classe benpensante del suo tempo detentrice di una religiosità a basso costo raggiunge oggi la sua chiesa nelle sue molteplici confessioni e denominazioni. In particolare, raggiunge il movimento evangelico fondamentalista e conservatore che si vanta di essere detentore della Sana Dottrina.
Qui sta la paradossale recitazione dell’evangelico, che indossa la maschera dell’ integerrimo paladino che difende l’onore di Dio, ma che in realtà difende l’onor proprio, mascherato di pio difensore della fede… la sua religiosità è pelosa, come lo è l’esercizio dell’agape. I suoi “sacrifici” sono pari a quelli di Israele che onorava a parole il Signore mentre il suo cuore era lontano da lui.. Lontana è l’ammissione del proprio fallimento incarnato da Davide nel salmo 51, dove è richiesta contrizione e uno spirito afflitto, un cuore abbattuto e umiliato. L’attuale evangelico rappresentato dalla leadership che dai semplici credenti è il prototipo “neofariseo” che dice e non fa, che mette pesi ai credenti che neppure lui stesso riesce a portare. l’attuale evangelico è attaccato alla cosiddetta “Sana Dottrina” divinizzandola come hanno fatto gli Ebrei con la Legge, spostando il baricentro da Cristo a un sistema complesso di dottrine che spesso sfociano nell’eterodossia. Questo prototipo di discepolo mostra freddezza, ipocrisia, cinismo e arroganza. Vende la grazia a poco prezzo, spesso sostituendosi al Signore nell’evento della conversione, pilotandola con frasi stereotipate e con appelli che hanno il sapore di vendita di un prodotto il quale viene acquistato dal proselita-acquirente a prezzo stracciato, ovvero ripetere la preghierina che viene recitata dal pastore-imbonitore e ciò basta per renderlo “discepolo” di Gesù senza avere mai sperimentato la conversione. Una conversione senza lacrime è pari a un uomo che beve acqua fresca senza avere sete. Un siffatto “discepolo” assume le sembianze di un istrione che recita la parte del figlio diligente.
Com’è lontana la spiritualità che caratterizzava i primi cristiani, dove c’era una autentica comunione fraterna, una agape fattiva, una concreta solidarietà. Com’è lontana la fede neotestamentaria.
L’Evangelismo odierno, sebbene si richiami ai bei principi dottrinali della Riforma del ‘500, è un evangelismo morto perché ha spento lo Spirito di Dio. Vive di ricordi e di tradizione, annuncia un Evangelo annacquato e a basso costo senza che vi sia una vera e propria conversione…. Le chiese si sono sostituite al Signore nell’attuare quello che è il vero e proprio miracolo di Dio, la sequela. Senza vera conversione non può esserci sequela… e l’Evangelico odierno continua a recitare la parte del Figlio diligente a cui viene ordinato di lavorare la Vigna. Egli promette di andare a curarla ma non va. Mi auguro che il Signore susciti invece veri adoratori i quali hanno prima detto no alla chiamata, ma poi pentitisi, andarono a lavorare la Vigna (cfr. Matteo 21:28.32).
L’Evangelismo attuale è morto. Noi predichiamo un Nuovo Evangelismo.
“Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi a se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Marco 8:34)
- Dietrich Bonhoeffer- Sequela- Queriniana, Bs, 1975, pag. 103
- Dietrhich Bonhoeffer- Op. cit. , pag. 104-107
Paolo Brancè | Notiziecristiane.com
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