L’esperienza diretta è una cosa meravigliosa…

Anche a Gesù certe esperienze sono servite. Non c’è riuscito sempre coi discorsi: ne ha fatti tanti e tutti belli, lo hanno preso per un profeta, ma né i discepoli né le folle hanno capito chi fosse veramente. Almeno prima della resurrezione. Non c’è riuscito con le guarigioni: a volte lo hanno ringraziato, a volte no; l’hanno scambiato per uno dei tanti guaritori e non hanno capito chi fosse.

E neanche c’è riuscito coi prodigi operati, anzi l’hanno persino sospettato e accusato di stregoneria, e non hanno capito chi fosse. Ma proprio l’ultimo giorno della sua vita, inchiodato al patibolo, ora che agonizzante non riesce a parlare, moribondo, non è capace di guarire, debole e sfinito non è in grado di manifestare la potenza di Dio, finalmente qualcuno capisce chi è. L’aveva detto.

“Quando avrete innalzato il figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono” (Gv 8:28)

Quando Gesù verrà appeso a una forca, allora capiranno che egli era il Figlio di Dio. Strana maniera per un Dio di manifestarsi. La più lontana che gli uomini si potevano immaginare e aspettare come manifestazione divina: un uomo agonizzante, inchiodato su un patibolo.

La fantasia degli uomini non sarebbe mai giunta a tanto. Dio se è Dio si deve manifestare nella potenza, magari con qualche fulmine o terremoto. Magari scendendo proprio da quella croce come gli gridavano ridacchiando… Nulla di tutto questo: un uomo agonizzante su una croce. Lì era è lì resto’ tra urla,lacrime e risate.

Eppure, proprio “avendolo visto spirare in quel modo”, qualcuno finalmente capisce che questo uomo è un DIO. Sul punto di morte, Lui continua ed innalza la sua ultima preghiera – perdono: “Padre perdona loro, non sanno quel fanno“. Best seller. Un capolavoro mondiale, perché di fatto, il suo messaggio era proiettato ai presenti di allora, come a quelli di oggi di tutto il globo. Chapeau, o meglio ancora, Gloria a Dio!

Tra i tanti presenti però quella scena colpisce un soldato romano, un pagano, che disse: “Veramente, quest’uomo era il Figlio di Dio!“. Il centurione è pratico di esecuzioni capitali, ne ha viste ed eseguite tante ed è sempre un tragico dramma rappresentato ogni volta da persone diverse. Ma questa volta il romano ha visto un uomo che circondato da un’atmosfera satura di odio, tradito e abbandonato da tutti, sputacchiato e deriso, insultato e malmenato, ridotto all’estremo fisico, ha solo e unicamente risposte d’amore. Un uomo che, nello strazio dell’agonia, dimostra che il suo amore non è stato vinto dall’odio e continua a manifestarlo: fa ancora in tempo a perdonare, a salvare, a consolare.

Un uomo che è capace di morire così, di dare la vita per gli altri, usa un linguaggio che è universale, quello dell’amore, il solo che permette di comprendere ciò che è Dio e ciò che non lo è. Un linguaggio che può essere compreso da ogni uomo, credente o no. E Gesù è davvero Dio, perché parla l’unico linguaggio di Dio, di in epoca in epoca.

Questo è il mio risorto, capace di farsi spazio nei silenzi più profondi, di non apparire cercando sempre di fuggire le scene di primo piano per gli applausi ma potente in Gloria ed immenso nel fare un pubblico strazio il pezzente maledetto, lì presso gli inferi, la “Sua casa“, liberando anche chi, nelle ere precedenti, non aveva compreso o riconosciuto del tutto l’immenso amore di un Padre,creatore e Signore.

Vincenzo Lipari

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