Legalizzare: il rovescio della medaglia

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il_rovescio_della_medaglia_bDa qualche tempo e ricominciato con forza il dibattito sulle cosiddette “droghe leggere” (1), suscitando notevoli polemiche. Manifestazioni giovanili, atteggiamenti provocatori da parte di taluni politici, dibattiti e congressi aumentano l’interesse dell’opinione pubblica che, a sua volta, si chiede se sia giusto o meno legalizzare le “droghe leggere”.
Da più parti si vorrebbe che lo Stato concedesse via libera alla vendita controllato di hashish e marijuana. Da parte nostra è scontato affermare disapprovazione verso un tale atteggiamento. Per i valori in cui crediamo, per il concetto stesso di dignità della persona… resta fermo il principio che drogarsi è nocivo e illecito.
Ma per non essere accusati di superficialità, vogliamo analizzare tutti i risvolti della questione per dare risposte precise a chi è favorevole alla legalizzazione.
La questione va affrontata tenendo conto di diversi aspetti:

1. ASPETTO MEDICO
La posizione dei “legalizzatori”: Gli effetti negativi della sostanza sul corpo non sono accertati e non portano dipendenza fisica.
Obiezione:
Anche se diversi specialisti dichiarano apertamente che tutte le droghe danno una dipendenza fisica, oltre che psichica, e provocano danni sul corpo umano, non tutti sono concordi con queste conclusioni. Non avendo delle direttive univoche da parte dei competenti, possiamo solo constatare che il dibattito sul potenziale tossicologico e tossicomanigeno della cannabis rimane aperto, come si avince dagli “Atti della seconda conferenza nazionale sulla droga (2). Nonostante ciò, ci permettiamo di fare un’osservazione. Se è vero che non si è certi che le sostanze leggere danneggino il corpo è altrettanto vero che non si può dire che esse siano innocue. Allora la domando è questa: Come potrebbe un medico consigliare al suo paziente una medicina se non ne conosce gli effetti? Con quale coscienza sommistrerebbe quella sostanza senza sapere se essa è efficace per la cura o non si riveli un veleno?

2. ASPETTO SOCIALE
a. La posizione dei “legalizzatori”: Il proibizionismo è un incentivo al consumo.
Obiezione
L’esperienza dei paesi antiproibizionisti dovrebbe convincerci dell’esatto contrario. Svizzera ed Olanda che sono su posizioni permissiviste hanno subito un incremento del 15 e del 65% nell’uso del fumo.

b. La posizione dei “legalizzatori”: La vendita libera degli spinelli impedirebbe il contatto tra i consumatori e gli spacciatori.
Obiezione
Anche in questo caso, avvalendoci dell’esperienza olandese, che attua la vendita di cannabis attraverso di locali autorizzati, si può dimostrare l’inesattezza di certe affermazioni. Infatti, il ministro della Giustizia olandese, in riferimento ai coffee-shop, ammette che con gli anni: “questo commercio ha finito con l’attrarre spacciatori professionisti, il cui solo fine è di guadagnare il più possibile”. Numerosi coffee-shop sono stati chiusi perché, vi si vendevano “droghe pesanti” sottobanco. Il governo olandese ha ridotto le quantità di cannabinoidi, che i coffee-shop possono vendere legalmente, da 30 a 5 grammi. Dunque, dove si è attuata una certa forma di legalizzazione non solo non si prosegue su questa strada, ma si stanno rivedendo anche le proprie posizioni.

c. La posizione dei “legalizzatori”: Il mercato illegale sarebbe eliminato.
Obiezione
Per quanto riguarda l’idea diffusa che la legalizzazione eliminerebbe il mercato nero, crediamo che possa bastare l’esperienza avuta in un altro settore. In Italia siamo testimoni, nonostante il fenomeno del tabagismo sia sotto il controllo dello Stato, il quale ne ha il monopolio, che il mercato nero non è stato eliminato. Le sigarette non sono forse in libero commercio in tutti i tabacchini? Eppure da tanti porti, ad ogni angolo di strada, ad ogni semaforo c’è un “punto vendita” con relativo “gestore”.

d. La posizione dei “legalizzatori”: Non è vero che lo spinello sia la porta d’ingresso per il consumo di droghe pesanti.
Obiezione.
Per molti, invece, lo spinello è solo una fase di passaggio che conduce al consumo di droghe pesanti. È vero che non tutti quelli che fumano marijuana arrivano poi all’eroina, ma è altrettanto vero che la maggior parte dei tossicodipendenti hanno cominciato proprio con lo spinello. Una statistica operante su un gruppo di 1510 giovani ha rilevato che su 1128 soggetti, che non hanno mai usato marijuana, solo uno ha usato eroina; mentre sui restanti 382 che hanno fatto uso di marijuana, 147 usano anche eroina. Ma non è tutto. Dalla statistica, infatti, emerge che esiste una percentuale più elevata di eroinomani tra coloro che hanno fatto un uso più frequente di marijuana (3). Questi dati dimostrano che più si “fuma” più si rischia di usare eroina. Inoltre uno studio americano riporta: “Il numero dei consumatori di eroina in una popolazione di consumatori di marijuana cresce con il crescere della frequenza dell’uso di quest’ultima: più si fuma più si rischia di usare eroina”. Tra i consumatori di cannabis, 1 su 3 prova l’eroina.

3. ASPETTO PSICOLOGICO
a. La posizione dei “legalizzatori”: La motivazione che spinge il giovane a fumare spinelli è: “perché piace”.
Obiezione
Lo spinello non si fuma per il gusto o per il sapore, ma solo per andare “fuori di testa” e lo “sballo” non è solo un piacere, una moda, una simpatica trasgressione; per molti è la necessità di fuggire dal contesto in cui si vive. Tramite le “droghe leggere”, i giovani imparano a sottrarsi alle responsabilità.

b. La posizione dei “legalizzatori”: Lo sballo allenta le tensioni, favorisce i rapporti interpersonali perché in quei momenti si manifesta uno stato di allegria che facilita la comunicazione.
Obiezione
È vero che inizialmente l’assunzione di cannabis provoca stati emotivi euforici, ma in seguito gli effetti della sostanza producono effetti di sonnolenza e tempi di reazioni ritardati. Appare evidente come qualunque prestazione che esiga attenzione e movimenti coordinati: guida di automezzi o alcuni tipi di lavoro, diventa rischioso. Chi si sottoporrebbe ad un delicato intervento chirurgico sapendo che il medico poco prima, ha fumato uno spinello? Nei consumatori abituali di cannabis è comune quello che viene chiamato “sindrome amotivazionale”, caratterizzato da apatia, indifferenza affettiva, mancanza d’interesse per il futuro.

4. ASPETTO PENALE
La posizione dei “legalizzatori”: La persona non può essere gravata di un ulteriore peso rappresentato dal carcere. Inoltre nel giugni 1996 in Italia la presenza di tossicodipendenti nelle carceri era pari al 29,40% della popolazione totale. Nasce quindi l’esigenza di regolamentare il fenomeno attraverso la legalizzazione, in modo da svuotare le carceri italiane.
Obiezione
In Italia la legge non è tanto repressiva come si vuol far credere. Infatti con il referendum del 18 aprile 1993 è esclusa la sanzione penale in tutti i casi di detenzione finalizzato al consumo. Quindi chi viene trovato in possesso di stupefacenti per uso personale incorre solo nelle sanzioni amministrative(sospensione della patente di guida, porto d’armi). È a discrezione delle Autorità Giudiziarie (a secondo della quantità, pericolo, scopo etc.) distinguere tra il consumatore e lo spacciatore. Pertanto è bene chiarire che la massiccia presenza di tossicodipendenti in carcere non è legato tanto al loro stato di tossicodipendenza, ma quanto ai reati commessi: furto, rapine, estorsioni e via dicendo. È vero che la legge non chiarisce i criteri per stabilire il confine tra spacciatore e consumatore e quindi viene lasciato troppo spazio a libere interpretazioni. È altrettanto vero che il carcere così com’è adesso non è la risposta adeguata a chi commette reati connessi con l’uso di droga. Sicuramente sarebbe auspicabile una riforma penitenziaria, non solo a motivo dei tossicodipendenti. Certamente, queste incongruenze non devono farci ritenere che il problema risolva necessariamente attraverso la legalizzazione, vista quasi come ultima spiaggia. Che fare dunque? È possibile ipotizzare una sorta di “struttura intermedia” tra carcere e comunità terapeutiche, magari all’interno delle strutture carcerarie gestite dal pubblico servizio. In tali strutture si potrebbe insegnare che è possibile trovare “alternative” migliori, che chi può vivere bene anche senza il supporto di “stimolanti”: aiutando il giovane a sviluppare i rapporti sociali, la solidarietà, l’accoglienza e la condivisione delle angosce, delle paure, della confusione interiore. Tra legalizzare o punire si può scegliere una “terza via”, cioè un’alternativa alla repressione che comunque non consente di rendere legali le sostanze stupefacenti. Un’alternativa che miri non tanto a “punire”, piuttosto ad “educare”. In un percorso educativo la sanzione non ha lo scopo di punire, ma quello di rinforzare le motivazioni personali per compiere scelte di vita e non di morte.
Infine un’ultima considerazione. Quale deve essere il contributo dell’associazione C.E.R.T. in merito a questa vicenda? Credo che essenzialmente il nostro impegno consiste nel fornire una corretta informazione negli ambiti in cui operiamo. È nostro preciso dovere unirci al coro di voci di coloro che chiedono: “perché legalizzare questo grande pericolo?” Giuseppe Scarallo

NOTE
(1) Innanzitutto è bene precisare che non condividiamo il concetto di base che distingue le droghe in leggere e pesanti. Riteniamo sia improprio parlare in questi termini se questa distinzione è fondata sull’idea che hashish e marijuana non danno dipendenza fisica e non provocano danni all’individuo. Utilizzeremo comunque il termine per comprendere di cosa stiamo parlando, anche non condividendone l’uso.
(2) Atti della seconda conferenza nazionale sulla droga, Napoli 13-15 marzo 1997, pag. 253.
(3) S&P Salute e Prevenzione, Anno XII- n. 16 Gennaio 1996, pag. 5.
(4) Idem pag. 6

da: Nuova Vita n. 5 dic 2000

Fonte: http://www.tuttolevangelo.com/


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