Il verdetto del procuratore generale chiude la controversia scagionando le parti e imponendo la restituzione delle 300 copie sequestrate. Lee Min Choon, ex presidente della Bible Society of Malaysia si dice soddisfatto. Gli islamisti hanno “sbagliato”, ma è tempo di “perdonare” e “mettere fine alla controversia”.
Kuala Lumpur (AsiaNews) – La decisione del Procuratore generale ha reso giustizia, perché ha stabilito che il Dipartimento religioso islamico di Selangor (Jais) ha “sbagliato” a compiere l’irruzione e sequestrare le 300 copie della Bibbia, nel gennaio scorso. Ora, però, anche la comunità cristiana deve essere in grado di “perdonare” il Jais, per aver compiuto uno “sbaglio terribile”. È quanto afferma, attraverso i social network, l’ex presidente della Bible Society of Malaysia (Bsm) Lee Min Choon, in merito alla sentenza emessa nei giorni scorsi dal massimo organismo giudiziario del Paese. “Ho sempre creduto – aggiunge – che il Pg Tan Sri Abdul Gani Patail sarebbe giunto a questa conclusione. Fin dal gennaio scorso, quando il Jais ha fatto irruzione negli uffici della Bsm e arrestato me e il mio collega [poi rilasciati dietro cauzione, ndr]”.
Ringrazio Dio, continua l’ex presidente della Bible Society of Malaysia, “per la grazia e la forza” che ha saputo infondere e “per messo la parola fine a questa controversia”. Egli aggiunge di aver perdonato i membri del Jais “molto tempo fa” e “non ho intenzione” di perseguirli o di punirli in alcun modo, perché il giudizio del Pg “è meglio di qualsiasi sentenza”.
“Non c’è nulla da guadagnare – spiega – da un’azione legale, se non vendetta o un senso di soddisfazione che… Non hanno nulla di cristiano”. Da ultimo, egli lancia un appello a tutti i fedeli malaysiani più o meno coinvolti nella vicenda “perché perdonino i membri del Jais, che stavano solo facendo il loro lavoro e hanno male interpretato la legge. Nessuno è perfetto – conclude – e tutti commettiamo errori”.
In settimana il Procuratore generale ha messo fine al contenzioso fra dipartimenti islamico e cristiani, attorno al sequestro di oltre 300 copie della Bibbia. In seguito a una indagine approfondita, spiega il giudice, è emerso che i libri sacri non costituiscono una minaccia alla sicurezza nazionale. Nella sentenza il giudice ha stabilito che non vi siano ulteriori azioni legali nei confronti delle due parti (Jais e Bsm) e disposto che delle Bibbie sia fatto l’uso più appropriato. In altri termini, e grazie alla mediazione dei elementi governativi, esse verranno restituite alla comunità cristiana.
I raid contro la minoranza religiosa di inizio gennaio, che hanno portato al sequestro delle Bibbie e all’attacco a chiese ed edifici cristiani, sono originati dalla controversa sentenza della Corte di appello, che impedisce al settimanale cattolico Herald Malaysia di usare la parola “Allah”. All’indomani del verdetto, alcuni funzionari del ministero degli Interni hanno bloccato 2mila copie della rivista dell’arcidiocesi di Kuala Lumpur all’aeroporto di Kota Kinabalu, nello Stato di Sabah. Il sequestro era “giustificato” dalla necessità di verificare se la pubblicazione fosse “conforme” al dispositivo emesso dai magistrati e “non vi fosse un uso illegittimo della parola Allah”. In Malaysia, nazione di oltre 28 milioni di abitanti in larga maggioranza musulmani (60%), i cristiani sono la terza confessione religiosa (dietro ai buddisti) con un numero di fedeli superiore ai 2,6 milioni; la pubblicazione di un dizionario latino-malese vecchio di 400 anni dimostra come, sin dall’inizio, il termine “Allah” era usato per definire Dio nella Bibbia in lingua locale.
Fonte: http://www.asianews.it/ml
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