Il Texas rende pubblico un database sui 500 condannati a morte. L’ultima dichiarazione pronunciata prima della morte diventa un contenuto virale in rete: messaggi di perdono, di fede, saluti e ringraziamenti corrono in rete e fanno parlare. L’esempio texano sarà emulato da altri stati USA.Il Texas è lo stato USA con all’attivo il maggior numero di casi di pena capitale. Nell’era digitale anche l’archivio dei condannati è stato messo in rete; per ognuno dei 500 condannati con pena compiuta esiste una scheda informativa con foto segnaletica, anagrafica, sesso e razza, reato compiuto dettagliatamente descritto e data di ingresso in prigione ed esecuzione.
Le schede sono raccolte in un database che aggiunge una sezione particolare ad ognuna. Una pagina riporta l’ultima dichiarazione dei condannati, prima di morire: che sia una richiesta di perdono, delle scuse ai propri cari, una preghiera, saluti, ringraziamenti a chi ha dato loro sostegno nei periodi più duri della condanna, dichiarazioni di innocenza, offese contro le autorità giudiziarie, o anche nulla.
I contenuti sembrano essere diventati virali, a partire dalla dichiarazione del 500esimo condannato, una donna, la quarta donna nella lista.
Le ultime parole di Kimberly McCarthy, deceduta lo scorso 26 giugno con un’ iniezione letale a seguito della condanna dal Dipartimento di Giustizia texano, sono state:«Voglio solo ringraziare chi mi ha dato coraggio in questi anni. […] Questa non è una sconfitta, è una vittoria. Sapete dove sto andando. Sto andando a casa per stare con Gesù […]».
Tante altre le dichiarazioni a sfondo religioso e tanti altri i contenuti che i net-surfer americani stanno visualizzando: pura curiosità, solidarietà, disappunto, studio? Non si sa cosa spinga a “divorare” questi contenuti che certamente toccano la sensibilità della rete, e non solo.
Avvocati, criminologi, studiosi universitari leggono le dichiarazioni “immortalate” come oggetto di studio, ma esistono anche semplici curiosi. Altri stati seguiranno il Texas, che ha all’attivo anche un account twitter ed un blog (dal 2011). Se solo l’anno scorso e solo via twitter le visite hanno raggiunto i 3 milioni, evidentemente il tipo di contenuto ed il fenomeno alle sue spalle ha una componente virale non indifferente. D’accordo o in disaccordo, le posizioni in merito certamente si dicotomizzano, ma il fenomeno va studiato.
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