Le menti clonate o una vita vera

cbxu0ezwaaia2dq-768x408L’immagine di Mark Zuckerberg che, durante la presentazione del nuovo Galaxy S7 a Barcellona, in Spagna, passeggia sorridente accanto ad una folla di persone senza sguardo, con gli occhi rapiti da una maschera tecnologica talmente avvolgente da sembrare fissata nella loro testa, ha suscitato inquietudine un po’ tutto in tutto il mondo. Tanti, infatti, hanno visto in quella estesa platea coi visori una cartolina del futuro tremendamente simile a quello immaginato da Orwell, una sorta di involontario set cinematografico per un film distopico. D’altra parte lo stesso fondatore di Facebook ci ha messo del suo con affermazioni che, in quella occasione e ancorché accompagnate da un sorriso, hanno assunto quasi il tono di una minaccia: «La realtà virtuale è la piattaforma del futuro. Cambierà le nostre vite». Esagerazioni? Timori infondati? Sbagliato farsi terrorizzare da quella platea spensieratamente senza volto? Certamente il panico non aiuta e sarebbe eccessivo lasciarsi andare a considerazioni catastrofiste. Tuttavia credo che quanto accaduto a Barcellona debba pur stimolare una qualche riflessione. A me ne vengono in mente almeno tre.

La prima è che la foto della platea coi visori non mostra un Grande Fratello che controlla gli individui, ma individui che – senza manette, ma liberamente – sembrano connettersi ad una sorta di Grande Fratello. La differenza è fondamentale: nel primo caso si tratta di una dittatura che scoraggia il dissenso, nel secondo di una venutasi a creare dalla sua assenza. E’ dunque anzitutto l’omologazione – ben prima della tecnologia che, in realtà, non fa altro che sfruttarla ed ampliarla – a dover preoccupare chiunque abbia a cuore le sorti di un mondo democratico. C’è inoltre a da sottolineare – considerazione numero due – che quanto accaduto alla presentazione del nuovo Galaxy S7 non riguarda il futuro ma il presente. Questo significa che coloro che testano nuove e inquietanti maschere tecnologiche sono gli stessi che prima discutevano al bar uno accanto all’altro e che dopo son rientrati ciascuno a casa propria. In altre parole, la foto di Barcellona prima che una minaccia è un ammonimento perché ritrae una situazione che, di fatto, già esiste e a fronte della quale sarebbe irresponsabile, credo, minimizzare spiegando che quella, in fondo, è solo una foto.

Terzo pensiero: «la realtà virtuale» di cui con tanto entusiasmo parla Mark Zuckerberg, semplicemente, non esiste e non esisterà mai: si tratta infatti solo della realtà di sempre organizzata secondo nuovi strumenti, nuovi scenari, nuovi equilibri. Il tempo che una persona potrà trascorrere col visore addosso è identico – per valore ed estensione – a quello che oggi può trascorrere davanti al pc o fissando lo smartphone; è cioè lo stesso, insostituibile tempo che uno potrebbe impiegare praticando sport, leggendo, andando a trovare un amico. Non c’è dunque un po’ di vita virtuale che non ne tolga un po’ di quella autentica. A tal proposito, mi sovviene la scena finale di un film che ritengo un capolavoro, Vanilla Sky (2001), con il protagonista – interpretato da Tom Cruise – il quale, accortosi di essere immerso in un’esistenza splendida ma irreale perché “acquistata” insieme ad una procedura di ibernazione, pronuncia queste parole: «Voglio vivere una vita vera, non voglio più un sogno». Ora, credo faremmo bene tutti a riflettere su questa frase. Perché per quanto bello e incredibile e stupefacente sia il «sogno» che già oggi tentano di venderci e che domani sembrerà irrinunciabile, l’alternativa rimane comunque unica e senza prezzo: una vita vera.

Fonte: Giuliano Guzzo

Da: Losai.eu


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