Da quando nel novembre 2001 fuggì da Kandahar, secondo la “mitologia” in sella a una moto fuoristrada, per rifugiarsi in Pakistan e riorganizzare la resistenza talebana contro gli americani e il nuovo governo di Kabul, il mullah Omar, leggendario leader dei talebani afghani, è stato dato più volte per morto.
Per questo la notizia diffusa ieri da un funzionario del governo afghano all’emittente 1Tv News va presa con la dovuta cautela. Secondo il funzionario il leader talebano, che ha guidato la shura di Quetta, movimento abbinato ai talebani del network Haqqani del Waziristan, sarebbe stato ucciso, ma poi è stato lo stesso governo afgano ad ammettere in una conferenza stampa al Palazzo presidenziale che è in corso l’esame delle “notizie” sulla presunta morte del mullah Omar. «Le stiamo controllando», ha detto un portavoce «e quando le avremo verificate informeremo il popolo afgano e i media», ma al momento non possiamo «confermare né smentire» le notizie che danno per morto il leader dei talebani.
Nel pomeriggio di ieri però Abdul Hassib Seddiqi, portavoce del Dipartimento nazionale per la sicurezza (i servizi segreti di Kabul)ha riferito di nuovi elementi probanti che farebbero ritenere credibile l’ipotesi della sua scomparsa. “Omar – ha spiegato – è morto in ospedale nel 2013 a seguito di una grave malattia”. Le notizie della morte del mullah Omar sono state definite “credibili” anche dal portavoce della casa Bianca Eric Schultz, aggiungendo che l’intelligence Usa continua comunque le sue verifiche.
Le voci sulla possibile morte della guida spirituale dei talebani si sono moltiplicate negli ultimi mesianche se il sito web dell’Emirato islamico dell’Afghanistan continua a pubblicare suoi messaggi, come quello di una decina di giorni in cui si appoggia l’ipotesi di un dialogo fra gli insorti e rappresentanti del governo del presidente Ashraf Ghani. All’inizio di aprile i talebani hanno diffuso una lunga e particolareggiata biografia del leader in occasione del 19/o anniversario della sua nomina a comandante supremo, sempre nell’intento di smentire le voci della sua morte che negli ultimi si sono infittite. Fonti talebane in Pakistan, riprese dal quotidiano pachistano The Express Tribune, riferirono il mese scorso che il mullah Omar sarebbe morto oltre due anni fa per tubercolosi ed è stato identificato da suo figlio- ha detto un ex ministro talebano rimasto anonimo aggiungendo che «è stato seppellito sul versante afghano» del confine in molti tratti indefinito che separa i due Paesi.
Profilo aquilino, barba nera e il viso deturpato dalla perdita dell’occhio destro, il Mullah Omar è sempre stato un personaggio misterioso che nessun giornalista occidentale ha mai incontrato. Venerato dai miliziani dell’emirato islamico in Afghanistan, pare sia nato nel villaggio di Nodeh, vicino a Kandahar, nel 1959 da una povera famiglia pashtun. Fondatore di una scuola islamica combatté i sovietici nella fazione dei mujaheddin Harakat-i Inqilab-Islami dove venne ferito e conobbe Osama Bin Laden. Il sodalizio tra i due continuò fino all’ospitalità concessa in Afghanistan alle milizie di al-Qaeda. Da capo del governo talebano impose la più ferrea sharia nel Paese ordinando l’abbattimento delle statue di Budda scavate nella valle di Bamyan. Dalla fine del 2001 vive (o viveva) in clandestinità riuscendo a sfuggire alla caccia degli statunitensi che sulla sua testa hanno posto una taglia di 25 milioni di dollari.
Per ora i talebani non hanno ancora confermato la scomparsa del loro leader, ma secondo un portavoce «stanno preparando un comunicato». Secondo la fonte, è stata convocata una riunione per eleggere un successore prima del secondo round di negoziati con il governo di Kabul previsto venerdì nella località pachistana di Murree, nei pressi di Islamabad. Secondo una fonte della sicurezza pachistana la morte del Mullah Omar è una fandonia e sarebbe stata diffusa come “speculazione” per ostacolare i negoziati tra talebani e Kabul che i pachistani sperano sia «più concreto e con più sostanza» di quello che si è tenuto nello stesso luogo il 7 aprile alla presenza di osservatori di Cina e Stati Uniti. In un primo momento sembrava che i negoziati si sarebbero tenuti nella città cinese di Urumqi mentre fonti dei talebani avevano ipotizzato Doha, in Qatar, dove da due anni sono presenti con un ufficio. Il Pakistan è invece riuscito a ospitare i colloqui confermandosi ancora una volta la potenza regionale di riferimento per i destini dell’Afghanistan. Non a caso il governo di Kabul, proprio in occasione dell’avvio dei colloqui con i talebani, ha sospeso il massiccio programma di cooperazione militare stipulato con l’india con l’evidente obiettivo di non irritare il Pakistan.
Complice anche il ritiro delle truppe alleate (appena 12 mila i militari Usa e Nato rimasti nel Paese, masenza compiti di combattimento) i talebani sono intanto all’offensiva su diversi fronti contro le truppe governative e contro le milizie jihadiste rivali dello Stato Islamico presenti anche in Afghanistan. La pressione talebana avrebbe costretto alla fuga le milizie dell’Isis dal distretto di Khokhi della provincia centrale di Logar dove avrebbero compiuto violenze inaudite e gratuite sui civili. Secondo fonti talebane le milizie dell’Isis in Afghanistan sono composte per lo più da stranieri: arabi, ceceni, pachistani ed uzbeki che richiamano la composizione della “legione straniera” di al-Qaeda. Almeno 100 soldati governativi sono stati invece catturati dai Talebani che hanno espugnato dopo due giorni di combattimento la base militare di Qala, nella provincia di Badakhshan, nel Nord dell’Afghanistan. É la peggiore sconfitta subita quest’anno dalle forze afghane. «Oltre 100 appartenenti alle nostre forze di sicurezza di sono arresi ai Talebani per non aver ricevuto appoggio aereo ne’ rinforzi», ha detto il governatore di Badakhshan, Shah Waliullah Adeeb, che non è stato in grado di precisare se e quanti morti vi siano stati nei combattimenti.
La base era rimasta isolata a causa dei danni causati alla viabilità dalle inondazioni che si verificano inquesta stagione. In un comunicato il protavoce dei Talebani, Zabihulla Mujahid, ha rivendicato la vittoria e ha sostenuto che il soldati fatti prigionieri sono 125 e che almeno 12 sono caduti durante l’assedio, mentre 13 sono rimasti feriti. Le milizie islamiche si sono anche impadronite delle armi e munizioni della base. Episodi simili potrebbero moltiplicarsi tenuto conto della vastità del territorio, della pessima rete viaria e della scarsa presenza di aerei ed elicotteri presso l’esercito di Kabul dopo il ritiro del grosso delle forze degli Usa e dei loro alleati.
di Gianandrea Gaiani
da: Lanuovabq.it/
Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook