168 milioni di minorenni lavorano, in tutto il mondo, per guadagnarsi il cibo quotidiano. Ora la Bolivia ha legalizzato il lavoro minorile.(Delf Bucher) Bambini come corrieri della droga, schiavi nelle miniere, venduti dai propri genitori al mercato della prostituzione: situazioni drammatiche che rafforzano la volontà di mettere al bando qualsiasi forma di lavoro minorile. E di divieto del lavoro minorile si parla, ogni anno, in occasione della Giornata internazionale dell’infanzia, celebrata il 20 novembre.
Ecco però che oggi il principio di vietare il lavoro minorile, ribadito dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro ILO – agenzia delle Nazioni Unite -, viene messo in discussione da chi sostiene che esso andrebbe adeguato alla situazione vigente nei Paesi del Sud del mondo o in via di sviluppo.
Realtà boliviana
Il dibattito è stato aperto dalle dichiarazioni rilasciate nel corso dell’estate del presidente della Bolivia, Evo Morales. Da bambino, Morales ha lavorato cuocendo il pane e accudendo dei lama. Basandosi sulla propria biografia, ha sostenuto che il lavoro – svolto nell’infanzia – promuove la coscienza sociale. Il presidente boliviano ha dunque firmato una legge che permette ai bambini – a partire dai 12 anni – di lavorare sotto contratto, a condizione che ci sia il consenso dei genitori. L’UNICEF e l’ILO hanno condannato questa decisione. Una voce fuori dal coro è quella di Terre des Hommes, organizzazione per la difesa dei diritti dell’infanzia con sede a Losanna. Vito Angelillo, direttore di Terre des Hommes, ha affermato in un’intervista che “l’aspetto positivo della legge è che si prende atto della realtà del lavoro minorile”, in una realtà – quella boliviana, appunto – che vede 850’000 bambini al lavoro per riuscire a sopravvivere.
Prospettiva svizzera
Anche il segretario generale di Pane per Tutti, Beat Dietschy, individua nella decisione boliviana elementi positivi. “Non possiamo giudicare la situazione di quel Paese adottando unicamente la nostra prospettiva svizzera”, ha detto. “Bisogna considerare diversi elementi e valutare il peso dei diversi diritti – il diritto al lavoro, alla formazione, alla salute, e al cibo”. Dietschy ha ricordato che in Bolivia – dove migliaia di bambini lavoratori sono sindacalizzati – gli stessi bambini hanno promosso la legalizzazione del lavoro minorile. “I minori sono scesi in piazza, hanno protestato e hanno fatto pressione in ambito politico. I sindacati hanno discusso quali debbano essere i lavori vietati ai minori di 14 anni e ora degli ispettori dovranno vigilare affinché nessun bambino lavori nelle miniere o nelle piantagioni”, ha detto ancora Dietschy.
Hansueli Meier, direttore del dipartimento America latina di Mission 21, a Basilea, condivide queste valutazioni. Ma egli dubita che lo stato boliviano effettuerà davvero i controlli necessari per evitare che i minori lavorino in settori pericolosi e che possono minacciare la salute dei bambini. Meier ha lavorato a lungo a La Paz e conosce il dilemma esistente: “Molti bambini vengono cresciuti solo da donne. Quelle famiglie sopravvivono solo grazie alle entrate procurate dai bambini.”
Lavoro minorile trasferito
Che il sigillo morale “liberi dal lavoro minorile” non faccia sempre la felicità dei bambini e delle loro famiglie, lo si può ben vedere in Pakistan, a Sialkot. In quella che viene considerata la capitale mondiale della produzione dei palloni da calcio, le immagini di minorenni che lavoravano negli atelier di produzione hanno suscitato scalpore. Sotto la pressione di molte agenzie occidentali, il lavoro minorile è stato abolito. Ora molti bambini sono stati trasferiti in capannoni isolati dove, lontano da sguardi indiscreti, hanno ripreso a lavorare. (da reformiert)
Tratto da: http://www.voceevangelica.ch/
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