L’Arca di Noè diventa un gioco da tavola

ArkNoahGiocoPIACENZA – Preparare il recinto. Procurarsi il cibo. Bitumare l’arca. Far salire gli animali, rigorosamente a coppie, maschio e femmina. Mentre i turni di gioco scorrono col sottofondo del barometro, da sereno a pioggia. I giorni che precedono il Diluvio universale sono diventati un gioco da tavola. Si chiama Ark & Noah l’idea del game designer Stefano Groppi, 38 anni, insegnante di religione in una scuola superiore di Piacenza. Dopo vent’anni di sfide settimanali con gli amici Sandro Zurla, di professione informatico, e Franco Arcelloni, dirigente in una società di distribuzione del gas, ha deciso di fare il salto da sperimentatore di varianti di giochi già esistenti ad autore. «Una sera – racconta – avevo portato un gioco inventato da me, che era molto piaciuto. Perché – mi hanno proposto – non provare a produrlo?». Nel 2008 nasce la società Placentia Games, del 2010 è il debutto alla fiera del gioco di Essen, la più grande del settore in Europa, con Florenza, ambientato nel Rinascimento fiorentino. In nove mesi, vengono vendute le 1.500 scatole sul mercato. Grazie alla traduzione multilingue, sbarcano perfino in Giappone e Corea. Con Ark & Noah – le illustrazioni sono di Ivan Zoni, disegnatore alla Bonelli, la parte grafica del torinese Paolo Vallerga – la diffusione va più a rilento. Vuoi per la crisi, «40 euro è un prezzo competitivo per gli estimatori, ma pesa nel momento attuale». Vuoi per un pregiudizio che sopravvive nei confronti delle tematiche religiose. «Il distributore in Germania ci ha detto che l’argomento biblico avrebbe trovato resistenze, mentre va forte negli Usa. Nell’immaginario comune, inoltre – fa notare il game designer – l’arca di Noè è associata a una filastrocca per bambini, mentre Ark & Noah richiede tattica e ragionamento». Altro che «ci sono due coccodrilli e un orangotango». Il regolamento pensato da Groppi è complesso e ricco di rimandi alle Scritture. «Come passo preliminare ho voluto riprendere il mano il libro della Genesi – spiega –. Nella versione originale erano state rispettate anche le dimensioni dell’arca, ma sarebbe risultata troppo grande, così siamo stati costretti a ridurla». Al tavolo possono sedersi fino a quattro giocatori, calati nei panni di Noè e dei figli Sem, Cam e Jafet. La loro missione è salvare gli animali dal Diluvio incombente. Per riuscirci, devono scegliere tra sette azioni, tante quanti i colori dell’arcobaleno. C’è da trovare il legno di cedro e la pece che rende impermeabile l’arca. Stanare gli animali. Assicurarsi che vi sia cibo sufficiente. Fino all’azione fondamentale: l’imbarco. Dieci i turni a disposizione. Vince chi totalizza più punti, tra coppie di animali radunate e materiale utilizzato. Dalla lampadina che si accende in testa al game designer alla realizzazione del gioco passa in media un anno e mezzo. Ma, nell’era della Nintendo Wii e della PlayStation, c’è ancora chi, come accadeva negli anni Ottanta, fa le nottate con Risiko e simili? «In Italia c’è un giro di appassionati in continuo aumento. I giochi di società sono invece molto radicati in Germania, dove sono chiamati “giochi per famiglia”perché è tradizione che la sera, anziché guardare la tv, ci si metta tutti insieme a giocare intorno al tavolo». Anche Groppi e soci, per sostenere questo rituale alternativo, hanno voluto abbinare ad Ark & Noah un regolamento semplificato, per genitori e figli (www.placentiagames.it). In attesa di presentare, a Essen, a fine ottobre, il terzogenito di Placentia Games, la versione in card di Florenza.

di: Barbara Sartori
da: Avvenire.it

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