L’appello di Mary Kom, olimpionica cristiana contro le violenze settarie nel Manipur

La medaglia di bronzo per l’India nel pugilato alle Olimpiadi di Londra 2012 ha chiesto al governo di New Delhi di risolvere la situazione. Da due giorni si registrano violenze di ampia portata tra i Meitei, la maggiornaza indù e i Kuki, gruppi tribali cristiani. Finora si contano 13 morti e 9mila sfollati, ma Internet è stato sospeso e i numeri potrebbero essere più grandi.

Imphal (AsiaNews) – “Sono profondamente scossa dalla situazione nel Manipur. Da ieri sera la situazione è peggiorata. Chiedo al governo statale centrale di prendere provvedimenti e mantenere la pace e la sicurezza nello Stato. È un peccato che alcune persone abbiano perso i loro familiari per le violenze. La situazione deve tornare stabile al più presto”. Così la pugile indiana Mary Kom ha commentato in un appello le violenze settarie scoppiate il 3 maggio nello Stato nordorientale indiano del Manipur, di cui è originaria.

Da due giorni la maggioranza Meitei, di fede prevalentemente indù, si sta scontrando con i gruppi tribali Kuki, perlopiù cristiani.

Anche l’arcivescovo arcivescovo metropolita di Bangalore, mons. Peter Machado, ha commentato gli eventi: “È con profonda preoccupazione che notiamo la recrudescenza degli attacchi e delle persecuzioni contro i cristiani nel pacifico Stato di Manipur, dove la popolazione cristiana rappresenta il 41%. Abbiamo ricevuto notizie che tre chiese costruite nel 1974 e alcune case sono state date alle fiamme e la popolazione è stata costretta a fuggire in luoghi più sicuri”, continua il comunicato. “È angosciante sentire che, nonostante la presenza di una consistente popolazione cristiana nel Manipur, la comunità si senta insicura. Ricordiamo che anche la pugile Mary Kom, famosa in tutto il mondo, è originaria di questo Stato”.

Proveniente da un’umile famiglia di fittavoli di fede battista, è considerata una celebrità per aver vinto in vent’anni di carriera da pugile dilettante una marea di medaglie a livello internazionale, tra cui la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Londra 2012 nella categoria dei pesi mosca (51 kg). Ma la boxer è stata anche deputata della Rajya Sabha, la Camera alta del Parlamento indiano e nel 2014 l’attrice Priyanka Chopra ne ha interpretato il ruolo in un film autobiografico in lingua hindi. Dopo aver vinto il suo sesto titolo mondiale nel 2018, il governo del Manipur le ha conferito il titolo di “Meethoileima” (che significa “regina”, “donna eccezionale”) e l’anno successivo le è stato dedicato un tratto di strada nel distretto dove attualmente risiede. Nel 2020 ha ricevuto il Padma Vibhushan, il secondo più alto riconoscimento civile indiano.

Parte del gruppo indigeni dei Kom, nei giorni scorsi non poteva esimersi da lanciare su Twitter un appello rivolto al primo ministro Narendra Modi, al ministro dell’Interno Amit Shah e al ministro della difesa Rajnath Singh, condividendo le foto delle violenze e scrivendo: “Il mio Stato Manipur sta bruciando, aiutate per favore”.

Internet è stato sospeso e al momento è molto difficile ricevere informazioni, ma secondo fonti locali sono stati registrati almeno 13 morti e oltre 9mila sfollati. Finora sono stati schierati 6mila soldati dell’esercito e dell’Assam Rifles, un gruppo paramilitare controllato dal governo centrale che di norma si occupa di pattugliare il confine indiano con il Myanmar, da cui da due anni scappano, spinti dal conflitto civile, migliaia di profughi birmani. Negozi, case, chiese e templi sono stati dati alle fiamme nei distretti di Imphal (il capoluogo), Churachandpur, Bishnupur, Kangpokpi e Tengnoupal. Anche le case di molti funzionari di polizia sono state attaccate.

Per far fronte alla situazione il governo locale ha imposto un coprifuoco e ordinato di “sparare a vista” nei casi in cui “tutte le forme di persuasione, avvertimento, forza ragionevole e altro siano state esaurite”. Secondo quanto hanno raccontato alcuni residenti ai giornali locali, in alcune aree dello Stato vige l’anarchia: la macchina statale è collassata e bande violente vagano liberamente per le strade. “Giovedì pomeriggio sono fuggito dalla mia casa a Eastern Imphal con quattro parenti anziani”, ha detto Golan Naulak, un membro delle Scheduled Tribes, le caste e tribù riconosciute dal governo indiano. “Abbiamo perso la casa, la macchina, i documenti e tutti i nostri averi. Al momento ci stiamo rifugiando nel complesso della polizia in città”. Nel frattempo gli Stati confinanti hanno lanciato linee di assistenza telefonica per ricevere informazioni e organizzato voli di evacuazione.

La causa delle violenze è da far risalire ad eventi verificatisi nei mesi scorsi, quando i Meitei – a cui appartiene oltre il 50% della popolazione e che abitano in prevalenza nelle pianure – avevano chiesto di essere inseriti nelle categorie delle Scheduled Tribes, i gruppi svantaggiati a cui la legge indiana garantisce alcuni benefici nelle quote degli impieghi pubblici, nella rappresentanza politica e nei diritti sulle terre. I Meitei sostengono di trovarsi in difficoltà a causa dei massicci flussi migratori dal Bangladesh e dal Myanmar, ma in base alle leggi vigenti non possono trasferirsi nelle zone collinari abitate dai Kuki e altri gruppi tribali. Le comunità tribali temono che, ricevuto lo status di Scheduled Tribes, i Meitei, possano impossessarsi delle loro terre. Dopo che il 19 aprile l’Alta Corte di Manipur ha invitato il governo locale ad accogliere l’istanza degli indù, i gruppi tribali hanno aderito a una manifestazione promossa dall’All Tribal Student Union Manipur nell’area di Torbung, nel distretto di Churachandpur e in seguito alla quale hanno avuto avvio gli scontri.

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