L’amore cristiano si esprime solo e soltanto per la fede in Gesù

La parola “verità” è il leitmotiv che lega ciò che precede a quanto viene esposto nella prima lettera di Giovanni. In Giov. 18:37 si parla di Verità, che è Cristo: Colui che è radicato nella verità, sebbene vi siano esperienze tragiche, che ne mettono in dubbio la sua reale consistente forza trasformatrice nel credente, essa rimane comunque la forza liberatrice dai fallimenti umani del cristiano.

Il verbo greco è posto al futuro (gnosometha), mentre il v.24 è al presente (ginoskein”) trattando della dottrina della certezza. Ciò significa che il cristiano cammina verso la terra promessa, cade malamente e si rialza compunto e rinnovato. Il cristiano, nel suo cammino sicuro, può essere disturbato a causa di una coscienza sporcata da comportamenti scriteriati. Ma, se la coscienza accusa il cristiano inadempiente, è salutare, perché egli è nella verità, determinando un’azione di pentimento, accolta dall’Iddio che perdona, “conoscendo ogni cosa”. In altre parole, il cristiano di fronte al suo agire etico sia inadempiente nei confronti dei bisognosi la sua coscienza lo porta a rivedere il suo operato, chiede di essere purificato dal Signore, che vede il cuore dell’uomo, evitando di pronunciare un giudizio di condanna nel momento in cui il cristiano cerca il suo perdono e realizza i frutti del vero ravvedimento, nella nostra fattispecie, prendendosi cura dei bisognosi. Allo stesso modo, chi ha la coscienza pulita, è chiamato ad andare avanti per la strada della verità, applicando con più lena e forza penetrante un agire all’insegna dell’amore-agape: egli è in linea con il dettato evangelico, godendo dei favori di Dio. Ecco il cuore dell’evangelo, che la comunità giovannea ha ricevuto: amarsi gli uni gli altri, ciò è dovuto solo e soltanto nella confessione del cristiano di essere in Cristo (“crediamo nel nome del Suo Figlio Gesù Cristo”), che produce azioni di carità nella comunità di Dio e nella comunità del Secolo. Il credere è un atto decisivo e l’amore per i fratelli è un atteggiamento continuo.

Verifica del cristiano del suo stato di salute spirituale

Davanti a una disamina di ordine esegetico, in cui viene sviscerata una drammatica condizione del cristiano nella comunità giovannea in conflitto con un gruppo di dissidenti eretici, in cui emerge l’inquietante deficienza dell’attualizzazione dell’amore per il prossimo a favore di una speculazione filosofico -teologica sul mistero della persona di Gesù, contro di cui si scaglia con veemenza l’autorità apostolica di Giovanni, richiamando nella mente dei cristiani il dovere dell’espressione della libertà di amare i comandamenti del Signore, al cui apice regna l’amore per il prossimo, nella nostra fattispecie per il fratello, i Cristiani odierni sono chiamati a verificare il loro stato di salute spirituale, ossia se essi sono immersi nelle acque melmose delle speculazioni teologiche e nel rigido dottrinarismo, in molti casi spurio e quasi eretico, disattendendo al comandamento regale di amare Dio, che si traduce nell’amore per i Suoi comandamenti e di amare il prossimo, che, a rigore, è il nostro fratello. Se nelle comunità cristiane non regna l’amore fraterno, si deduce che lo Spirito Santo è stato spento o emarginato. Si può dire con mestizia che la regalità di Cristo è stata detronizzata, essendo stato intronizzato lo spirito secolare farisaico, settario ed eretico. Gesù è stato defenestrato, sta alla porta e bussa, come un famoso dipinto lo tratteggia nella sua linearità espressiva, “La luce del Mondo”, un dipinto allegorico del pittore inglese William Holman Hunt del 1853-1854, conservato nella Cattedrale di San Paolo a Londra, in cui Gesù è rappresentato nell’atto di bussare alla porta, priva di maniglia esterna, con il pugno destro, mentre con la mano sinistra regge una lanterna luccicante, di una abitazione invasa da erbacce e da rovi, descrivendo plasticamente il detto di Apocalisse 3:20: “Ecco, io sto alla porta e busso, se qualcuno ode la mia voce, e apre alla porta, io verrò da lui, e cenerò con lui ed egli con me”. Le Chiese sono chiamate a intronizzare Cristo, illuminando la Chiesa della sua folgorante luce, espressione dell’amore divino.

Paolo Brancé | Notiziecristiane.com


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