La vita dopo la morte?

Proverò a trattare un tema delicatissimo in cui tutta l’umanità è coinvolta; un aspetto che con il passare degli anni tutti dovremo guardare in faccia e affrontare. Un argomento delicato e difficile da trattare, per questo motivo, a questo appuntamento si arriva tutti impreparati, ma non in ritardo.

La fine della vita preoccupa tutti, per questo si evita di parlarne. Ma come dice l’Ecclesiaste c’è un tempo per ogni cosa.

Verrà il giorno in cui tutti ci troveremo ad affrontare questa realtà, la nostra morte o quella di una persona cara. Purtroppo andando avanti negli anni, inevitabilmente ci imbatteremo in questa tragedia.

Ci sono alcuni tabù che ancora oggi rendono difficile affrontare questi momenti particolari della nostra vita.

Da una parte, le idee errate che tutti noi ci siamo costruiti sulla morte e sull’aldilà, Soprattutto le false ideologie che ancora ci portiamo dietro, e nonostante viviamo a stretto contatto con la parola di Dio, che continuamente ci cambia e ci rinnova, la nostra mente non riesce a sradicare i falsi insegnamenti che abbiamo ricevuto.

L’apostolo Paolo definisce la morte una vittoria, un guadagno; perché introduce il credente in quella che la scrittura chiama “la vita eterna”.

Quando poi questo corruttibile avrà rivestito incorruttibilità e questo mortale avrà rivestito immortalità, allora sarà adempiuta la parola che è scritta: La morte è stata sommersa nella vittoria «O morte, dov’è la tua vittoria? Dov’è il tuo dardo? 1Corinzi 15:54-55;

Purtroppo ci sono ancora molte persone che non riescono a gustare la buona notizia del Vangelo, perché vittime di un falso concetto di Dio e di una concezione errata del suo agire, persone che vivono nel timore di Dio e nella paura dell’aldilà, non tanto della morte, ma del suo seguito. L’idea del giudizio di Dio tiene la cristianità sulle spine: Andrò col Signore o mi aspetta l’inferno?

Esiste una categoria di credenti, che ancora oggi è estranea agli insegnamenti di Cristo e al dono di vita che Egli ci ha trasmesso, qualità in grado di superare la morte. Molti sono legati a una mentalità che ancora risente dell’influsso delle antiche scritture e della filosofia greca; figure che si sono infiltrate con la nascita del cristianesimo e ne hanno inquinato il messaggio.

Circa duecento anni prima della nascita di Gesù cominciò a farsi largo l’idea dell’immortalità dell’anima, vi fu un’intensa reazione nel mondo biblico perché si credeva che la morte mettesse fine all’esistenza; così buoni e cattivi finivano sottoterra e tutto finiva lì. Furono i greci che introdussero l’idea dell’immortalità dell’anima, concetto fino a quel momento estraneo alla mentalità dell’Antico Testamento.

Nel libro di Ecclesiaste si legge: Infatti, la sorte dei figli degli uomini è la sorte delle bestie; agli uni e alle altre tocca la stessa sorte: come muore l’uno, così muore l’altra. Hanno tutti un medesimo soffio, e l’uomo non ha superiorità di sorta sulla bestia, poiché tutto è vanità. Tutti vanno in un medesimo luogo; tutti vengono dalla polvere e tutti ritornano alla polvere. Ecclesiaste 3.19-20; La morte di una persona o la morte di un animale per gli ebrei era la stessa cosa: per loro non esisteva superiorità dell’uomo rispetto alle bestie.

Secondo quanto riferito da Giuseppe Flavio, (Nato a Gerusalemme nella Giudea romana, tra il 37 e il 38 circa, nel primo anno di regno dell’imperatore Caligola da una famiglia della nobiltà sacerdotale israelita, imparentata con la dinastia degli Asmonei). I Sadducei ritenevano valide solo le norme contenute nella cosiddetta Legge scritta, ossia quanto tramandato nei libri della Torah (il Pentateuco). Tutti gli altri libri della scrittura, compresa la documentazione tratta dalla letteratura profetica, secondo le loro credenze non meritava di essere presa in considerazione. Daniele 12:2-3; Isaia 26:19;

Per cui escludevano che nel Pentateuco vi fossero evidenti testimonianze a favore della resurrezione dei morti.

A differenza dei farisei, che credevano nel giudizio dopo la morte con la ricompensa dei giusti e il castigo dei malvagi; Secondo quanto riportato dai Vangeli sinottici, i sadducei, non credevano alla risurrezione dei morti e nemmeno alla dottrina degli angeli. Essi negavano l’immortalità dell’anima e l’esistenza di un giudizio dopo la morte.

Ma entriamo nel merito dell’argomento cercando di comprendere cosa insegna la scrittura sulla morte e sull’aldilà e quale verità ci rivela Gesù Cristo nei vangeli; ma lo facciamo stando attenti ai testi, vigilando con attenzione.

La traduzione è delicatissima, se un termine viene tradotto male tutta la frase può avere un senso negativo, e questo può influenzare e pregiudicare tutta la nostra esistenza.

Quando Gesù riferendosi agli Ebrei disse: “cambiate vita, convertitevi”. Le vecchie bibbie traducevano questo verso con “fate penitenza”. Questa traduzione diede sfogo al sadismo e al masochismo di alcuni credenti, seminando l’idea che più si era penitenti e più Dio era contento.

Altro esempio è quando Gesù parlando ai suoi discepoli disse: “Questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo se non con la preghiera” cosa ha fatto il copista? Ha aggiunto “e con il digiuno”. Questo verso nelle nostre versioni è ancora scritto così, nessuno ha avuto il coraggio o l’onestà di omettere quel “e con il digiuno” che Gesù non ha detto; e quindi molti cristiani ancora oggi praticano il digiuno. Gesù non ha mai insegnato ai suoi discepoli a digiunare, eppure quelle parole sono ancora lì presenti.

Sono soltanto alcuni esempi per dire come una traduzione errata può portare dei danni irreparabili nella spiritualità delle persone.

Per Gesù la vita eterna comincia in questa vita, non dopo la morte. La resurrezione non avviene dopo la morte, si risorge mentre si è in vita.

Paolo dice: “Con lui, infatti, siete stati sepolti insiemi nel battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti” Col 2:12;

Colossesi 3:1; se dunque siete risorti con Cristo cercate le cose di lassù; quindi la vita eterna non è un premio nell’aldilà, ma una condizione nel presente. Già adesso, in questa esistenza, possiamo avere una vita di una qualità indistruttibile capace di superare la morte: il termine “eterna” non si riferisce tanto alla durata ma alla qualità; è la vita che proviene da Dio, di una qualità tale che neanche la morte riuscirà a distruggerla.

Il Vangelo di Giovanni 6:54; dice “chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna”; attenzione, non dice “avrà”, ma “ha” la vita eterna. Cosa significa? Coloro che insieme a Gesù sono disposti a farsi pane per gli altri supereranno la morte ed entreranno nella vera vita.

Ma andiamo alla conclusione:

Gesù continua al capitolo di Giovanni 8:51; dicendo “se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte”. Che significa, noi stiamo osservando la sua parola, ma ciò nonostante incontriamo la morte. Allora cosa significa la morte per Gesù? Probabilmente lui non si riferisce alla morte biologica, ma c’è qualcos’altro che dobbiamo scoprire.

Secondo Gesù la morte è una trasformazione che comincia già in questa esistenza.

Nel libro dell’Apocalisse leggiamo: “Beati d’ora in poi, i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono” Apocalisse14:13;

Vedete che bel contrasto: beati significa il raggiungimento della pienezza della felicità, coloro che muoiono nel Signore raggiungono immediatamente la pienezza della vita.

La morte non è una sconfitta o un annientamento e neanche un ingresso in uno stato d’attesa, ma il passaggio a una dimensione di pienezza. Entrare nel riposo non indica la cessazione delle attività, ma si riferisce alla condizione divina. Il libro della Genesi ci dice che Dio lavorò alla creazione del mondo per sei giorni e il settimo giorno riposò: per riposo dei morti s’intende entrare nella pienezza dello spirito per continuare a vivere con Dio.

Quindi non è un’immobilità perpetua, ma il raggiungimento della condizione divina, per essere a fianco di Dio e continuare a collaborare con lui nella creazione dell’universo. Per cui i morti in Cristo continuano a vivere e a essere vivificati. La creazione per Gesù non è terminata: Gesù dice, nel Vangelo di Giovanni, “il Padre mio opera sempre e anch’io opero” Giovanni 5:7; e i morti in Cristo continuano a collaborare con Dio per giungere alla pienezza dei tempi che segnerà il ritorno di Cristo.

Per questo l’autore dell’apocalisse al verso 14:13; dice: “le loro opere li seguono”; il bene fatto in questa vita è il patrimonio che tutti noi ci porteremo in cielo.

La vita non viene trasformata dopo la morte, ma la sua trasformazione inizia nel corso della nostra esistenza. Quindi l’uomo nasce e nel corso della sua esistenza costruisce la sua vita fino al raggiungimento della maturità. A molti potrà sembrare strano, ma nell’essere umano scorrono due vite parallele. Quella biologica e quella spirituale.

Mentre la prima procede lentamente verso il disfacimento della vita biologica, la parte spirituale continua la sua crescita rinnovandosi alla misura della statura di Cristo.

Paolo in 2 Corinzi 4:16; dice: “per questo non ci scoraggiamo, ma anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno”.

Più la nostra parte biologica invecchia e più ci avviciniamo alla pienezza della nostra maturità per una vita spirituale indistruttibile. Quindi la morte non distruggerà la persona, ma soltanto la parte biologica; l’uomo spirituale con tutto il suo patrimonio di ricchezza continuerà a crescere.

C’è un’immagine che Gesù adopera per parlare di questa trasformazione, si trova nel Vangelo di Giovanni. Il chicco di grano; “se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto” Giovanni 12:24.

Attraverso l’immagine del chicco di grano (che una volta marcito muore e produce un frutto abbondante), Gesù spiega che la morte è solo la condizione per liberare l’energia vitale che l’uomo ha maturato in vita.

Tutti coloro che accolgono Cristo e i suoi insegnamenti, ricevono la sua energia vitale, la sua pienezza di vita; una bellezza straordinaria che non può essere manifestata in tutta la pienezza fintanto che viviamo in questa terra. La morte non solo non ci distrugge, ma ci introduce alla vera vita, liberando tutta l’energia che abbiamo maturato durante il nostro cammino con Cristo. Una nuova vita che continuerà in cielo davanti al Padre e agli angeli.

Maurizio Guida

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