La testimonianza di Francesco Laurentino detto Ciccio.

Dalle tenebre alla luce!
Pace a tutti.
Mi chiamo Francesco e ho 33 anni e vengo dalla periferia di Milano Sud dove c’è tanta delinquenza, tanta criminalità, tanto malessere e tanto degrado. La famiglia mia è una famiglia numerosa, siamo cinque fratelli e tutti abbiamo avuto problemi di alcool, droghe e tossicodipendenza. Purtroppo anche i miei genitori hanno avuto problemi di alcool e droghe ed io, ho vissuto esperienze che hanno segnato la mia infanzia, la mia vita, il mio modo di pensare, il mio modo di vivere.
Avevo all’incirca cinque anni e assistevo a scene a cui un bambino non dovrebbe assistere: persone estranee che frequentavano casa mia, movimenti strani di pacchi e confezioni non meglio definiti, riunioni in sala da pranzo che duravano anche ore, e di tutto questo non riuscivo a capire il senso. Quando invece mi recavo a casa di amici, mi accorgevo che esistevano comportamenti fra i componenti della famiglia che desideravo ci fossero anche fra i miei e che, invece, risultavano assenti.
Sempre da bambino, un giorno dovetti assistere a qualcosa che si vedeva solo nei film: arrivarono i Carabinieri a casa e arrestarono mio padre e per tanti anni non l’ho rivisto più. Poi, fu la volta di mio fratello maggiore che venne catturato e arrestato ed anche lui scomparve per un bel po’. Quando chiedevo spiegazioni a mia madre lei mi rispondeva con evidenti bugie, cercando di farmi credere che fossero partiti per l’estero per motivi di lavoro.
E così, gli altri miei fratelli ed io crescevamo con un vuoto nell’anima, senza una figura paterna e senza un briciolo di amore, senza un insegnamento, senza educazione. Crescevamo per strada e come ben si potrà immaginare, quando cresci per strada è facile diventare un delinquente. A scuola, i primi anni, andavo male perché in me c’era solo malessere; la mancanza d’affetto si trasformava in rabbia e la rabbia mi spingeva a compiere atti di cui oggi mi vergogno. Era facile che mi ritrovassi a partecipare a risse insieme ad alcuni amici miei coetanei.
Vedevo i genitori di altri miei amici andarli a prendere a scuola mentre io dovevo tornare a casa sempre da solo. Entravo in casa mia e vedevo mia madre sdraiata su di un divano in preda ai fumi dell’alcool e della droga e per non continuare ad assistere a quello spettacolo, uscivo di casa e andavo in giro a fare danni. La mia vita e quelle dei miei fratelli stavano letteralmente deragliando per scelte sbagliate, non certo nostre, ma che incidevano pesantemente su di esse.
Già adolescente cominciai a far uso di spinelli, di stupefacenti vari come la cocaina, il crack, per poi impasticcarmi al fine di stonarmi ed eclissarmi dalla triste realtà che mi circondava. Arrivai al punto che non sapevo più chi fossi.
All’età di 14 anni rividi mio padre che, dopo una lunga permanenza in vari penitenziari, venne rilasciato e ritornò a casa con il piglio di chi voleva tornare a dettar legge. A stento mi ricordavo di lui ma il suo modo autoritario di impormi il suo volere, mi spingeva a litigare anche in maniera vibrante con lui. Cercai di fargli capire che lui, per me, non era nessuno, che ci aveva abbandonati e che non poteva pretendere che lo ascoltassimo. E così, uscivo, mi allontanavo per giorni, dormivo come un vagabondo dove capitava, cercavo un posto per ripararmi e per non tornare a casa.
Un giorno, mio padre fu colpito da un infarto mentre consumava cocaina e ci lasciò la pelle facendo aumentare ancora di più la sofferenza interiore. La mia vita era un incubo ed io non glie la facevo più a portare il peso di tanto male e tanta sofferenza, ero giovane, ma già odiavo la mia esistenza.
In quel periodo divenni ancora più cattivo: uscivo per strada e la prima persona che mi capitava a tiro, mediante un pretesto, la rendevo una mia vittima, le rubavo soldi, orologio e tutto quanto potevo portarle via; ero diventato una bruttissima persona, un bestia inferocita, sempre più dipendente da alcool e droghe. La mia vita era in mano al diavolo, il diavolo mi usava come un burattino.
All’età di sedici anni mi arrestarono per la prima volta perché ero diventato un pusher; la droga la vendevo non per fare soldi ma solo per drogarmi ancora di più perché ormai ero uno schiavo delle mie dipendenze e non potevo fare a meno dei tanti vizi di cui ero vittima. Il giudice, la prima volta, mi rilasciò perché ero incensurato, ma non passò un anno che mi arrestarono di nuovo, stavolta per rapina. E stavolta finii in carcere.
In cella spesso venivano a farmi visita gli psicologi perché si resero subito conto che fossi un tossicodipendente già seguito dal SERT. Così mi trasferirono in una clinica, una sorta di comunità terapeutica, dove trascorsi circa un anno per poi rimettermi in libertà.
Il tempo di tornare a casa dalla mia famiglia e dopo due ore ero già a drogarmi insieme ai miei fratelli. Il diavolo mi stava letteralmente mangiando. Per non sentire la sua voce nella mia mente, mi buttai di nuovo a capofitto nell’alcool per trovare un po’ di pace fino a che, finita la sbornia, dovevo bere di nuovo per non sentire la voce dell’inferno che mi accusava di essere un fallito. Finii col tornare a delinquere e mi ritrovai di nuovo in galera, per poi riuscirne e ritrovarmi ancora drogato e alcolizzato.
Arrivai alla soglia dei trent’anni che non avevo fatto altro che entrare e uscire dal carcere, dalle comunità psichiatriche, dagli studi di psicologi che non riuscivano a trovare alcuna soluzione al mio caso. Persi persino la mia dignità tanto da arrivare al punto di rubare finanche in casa di amici. Non andavo più a casa a dormire perché ero in continua discussione con i miei fratelli, anch’essi alle prese con gli stessi miei problemi. Più volte arrivai alla soglia del suicidio ma non ebbi mai il coraggio di farlo. Mi davo con la testa nel muro fino a sanguinare.
Una sera camminavo per strada fatto di droga e ubriaco, camminavo barcollando. D’improvviso vidi un gruppo di persone dirigersi verso di me. Chiesi a queste persone se mi davano una sigaretta, e loro molto gentilmente mi dissero che non ne avevano perché nessuno di loro fumava. Uno di loro aggiunse “però abbiamo qualcosa che può sicuramente aiutarti: abbiamo Gesù!” A quella risposta non sapevo se ridere o rispondergli male. Mentre me ne stavo andando mi dissero che stavano montando una Tenda Evangelica dove avrebbero potuto pregare per me e la mia situazione. “Vieni con noi” mi dissero, “e se aprirai il cuore al Signore Lui ti salverà”. Gli risposi che dopo due ore già mi sarei dimenticato di loro con la vita che conducevo.
Una mattina mi svegliai e come ero abituato a fare, cominciai a bere il primo dei miei 10/15 cartoni di vino giornalieri. Da lontano vidi la Tenda, era bianca e più mi avvicinavo più sentivo chiaramente dei cantici e persone felici che cantavano e battevano le mani. Pensai ad una festa paesana, uno di quei posti dove si beve si mangia. Pensai di andarci perché sicuramente c’era da bere e poi avrei potuto rubare i soldi a qualcuno per andare a drogarmi.
E fu così che per la prima volta entrai in una chiesa evangelica e mi accorsi che non vi era nulla di quanto immaginassi, ma solo persone che lodavano Dio. Mi domandai come mai in quel posto fossero tutti felici mentre io ero distrutto e tutti quelli che conoscevo stavano per morire.
Ma ecco che si accorsero della mia presenza e tutti insieme felici corsero ad abbracciarmi, incominciarono a pregare per me e, quella Macchina della Salvezza fino a quel momento invisibile, cominciò a essere visibile anche agli occhi miei.
Mentre tutti pregavano con veemenza io per la prima volta incominciai a provare una sensazione di pace dentro di me, bellissima, dolcissima e mi sembrava che tutti i dolori mi stessero abbandonando donandomi una condizione di benessere mai provata prima. E’ stato in quel momento che ho sentito l’amore dentro di me. Senza sapere quello che stesse succedendo incominciai a sentirmi felice anch’io. Incominciai a glorificare il Signore Gesù, Dio Padre: il Signore mi stava liberando da ogni male.
Sono uscito da sotto quella tenda di preghiera che non sentivo più il bisogno di bere, di drogarmi, di rubare. Domandai a quelle persone perché mi sentivo bene, cosa mi fosse successo. Avevo portato con me uno zaino pieno di vino e buttai tutto nella spazzatura. Mi risposero: “Questa è la potenza di Dio, ti ha liberato da tutte le tue dipendenze”. Dissi loro, che io non volevo andarmene più da quella tenda, che loro da quel momento erano diventati la mia famiglia e che avrei voluto vivere e morire con loro.
Voglio ringraziare il Signore perché mi ha liberto da ogni male e perché senza di Lui io non starei qui con voi. Dopo conobbi molte persone liberate come me. Non c’è nessuna mano umana dietro a tutto questo ma sola la mano Potente di Dio.
Testimonianza trascritta da un video da Francesco La Manna
P.S.
Qualche anno fa si è convertito un ragazzo che viveva di droghe molto pesanti e abusava molto di alcool. Questo ragazzo era conosciuto proprio come “l’indemoniato di Gadareni” che viveva nel cimitero. Veniva chiamato Ciccio e viveva nei capannoni, non aveva a che fare con la sua famiglia ormai da tempo, era attratto da tutto quello che era illecito e dannoso per la sua vita. Una notte alcuni fratelli stavano evangelizzando proprio nel suo quartiere e, mentre distribuivano volantini durante il giorno, decisero di proseguire nell’attività anche durante la notte affinché tutti sapessero che si stava montando una Tenda Evangelica. E proprio di notte incontrano Ciccio che andava cercando chi gli desse del fumo. Ciccio venne liberato dal vizio delle droghe, dell’alcool, dall’abuso di farmaci, dal fumo delle sigarette e venne battezzato nello Spirito Santo. Fece il patto in acqua con il Signore e se qualcuno è scettico al riguardo, possiamo mostrargli le foto della prima sera, di com’era Ciccio e com’è adesso Francesco Laurentino. Il resto potete leggerlo sopra. Ma, voglio aggiungere una nota: sui volantini e sulle scritte della tenda c’era anche il numero di telefono nostro per chi avesse avuto bisogno di telefonare a me o a qualcuno di noi.
Un giorno mentre lui testimoniava sul pulpito, in diretta televisiva, arrivò un messaggio sul cellulare.
“Mi scusi, posso sapere se questo ragazzo che sta testimoniando si chiama Francesco Laurentino?” Gli ho risposto “Sì, ti confermo che è lui, Francesco Laurentino. Ma tu, ci puoi dire chi sei?” “Guardi sono rimasto meravigliato perché io ero il suo spacciatore e volevo essere sicuro che fosse lui. Sono proprio felice di vederlo così! Parla così bene che ho pensato che non potesse essere lui, ma siccome ha un tatuaggio in volto ho capito che si trattava di Ciccio. Volevo solo la conferma! Grazie”.
Dio ci benedica.
Francesco La Manna
Molti mi chiedono se possono condividere le testimonianze che posto.
Certamente lo potete fare, però, non eliminate il nome della pagina e il nome dell’autore.
Grazie!

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