La terribile strage di Parigi e un monito per tutti noi: Europa, cura te stessa

parigi-strage-ansaL’occidente ha già perso troppo tempo e troppo spazio per concedersi il lusso di continuare a cincischiare. Cosa ci avevano detto Girad, Fallaci, Glucksmann.

New York 2001, Madrid 2004, Mosca 2004, Londra e Sharm El Sheik 2005, Parigi 2015: gli ultimi attacchi sul fronte continentale europeo fanno presagire il fatto che presto la veemenza del terrore si scaglierà con tutta la sua forza anche contro altre capitali europee come Copenhagen, Varsavia o la capitale della cristianità, Roma.

Coloro che ancora si affannano in una stancante quanto inutile e prolissa apologia dei fiori al posto dei cannoni, altro non fanno se non regalare consenso, forza e tempo all’avversario.

Lo stratega francese per eccellenza, Napoleone, amava ripetere che lo spazio può essere recuperato, ma il tempo no; e l’occidente ha già perso troppo tempo e troppo spazio per concedersi il lusso di continuare a cincischiare fra le sterili e controproducenti pieghe del pacifismo ad oltranza e del buonismo senza frontiere: il nemico è alle porte e qualcuna è già stata sfondata!

Non si tratta più di evitare il conflitto, lo scontro, la guerra, bisogna semmai porvi fine e, l’islam per essere ciò che è (letteralmente la traduzione di islam è notoriamente “sottomissione”) deve sottomettere i suoi avversari, i pagani, gli infedeli; sottomissione però non ad una prestabilita, riconoscibile autorità statale o politica, ma alla sola autorità, al solo potere, all’unico soggetto in grado di poter governare: Allah.

Occorre quindi evitare alcuni errori fatali per la civiltà occidentale.

In primo luogo: ritenere che ciò che di terribile accade sia imputabile alla religione in quanto tale, poiché nel XX secolo, cioè nel secolo meno religioso di tutti, l’umanità ha sofferto altrettanto miseramente, se non di più, che nei secoli contraddistinti da una forte appartenenza religiosa.

Del resto, il legame tra violenza e religione non può essere compreso se non alla luce delle abissali differenze tra la tradizione giudaico-cristiana da un lato e tutte le altre dall’altro. Come ha scritto, infatti, l’appena scomparso e celebre filosofo francese Renè Girard «la violenza che vorremmo attribuire alla religione è in realtà la nostra violenza, e dobbiamo affrontarla direttamente. Trasformare le religioni in capri espiatori della nostra violenza può, alla fine avere solo l’effetto opposto».

In secondo luogo: occorre smettere di pensare che le religioni siano tutte uguali, poiché così non è se non all’interno di una visione palesemente ideologica di cieco egualitarismo che non riesce a cogliere le distanze e le prospettive. Non si tratta dello stesso Dio e della stessa religione.

Come ha ben scritto Carlo Panella, infatti, «una è la Bibbia di ebrei e cristiani, l’altro è il Corano dei musulmani, senza rapporti reciproci […]. Sono anche due concezioni radicalmente differenti di Dio […]. Là dove vi è piena continuità tra il Dio ebraico e quello cristiano, il Dio islamico è altro, a iniziare dalla creazione, perché non crea Adamo a sua immagine e somiglianza».

In terzo luogo: ciò che ordinariamente si definisce come “terrorismo”, altro non è che lo jihad, cioè lo sforzo di soggiogare la terra all’islam secondo il precetto del Corano, come, tra i tantissimi esempi, dimostra il seguente passo: “Combattete coloro che non credono in Allah e nell’Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo, e siano soggiogati»: Sura 9, 29.

Se per i cristiani l’evangelizzazione è il mezzo ordinario con cui cristianizzare il mondo, il jihad è il mezzo ordinario dei musulmani con cui islamizzare la terra in nome e per conto di Allah.

In questo senso si muovono infinite autorità del pensiero islamico come, per esempio, il giurista del XV secolo Ibn-Khaldun per il quale, appunto, «nella comunità musulmana il jihad è un dovere religioso, a causa dell’universalità della missione musulmana e dell’obbligo di convertire tutti all’Islam o con la persuasione o con la forza».

In quarto luogo: lo sbigottimento dell’Europa e dell’occidente dinnanzi a tanta efferatezza è ancor più sorprendente dell’efferatezza stessa, in quanto è la prova di una cultura e di una civiltà, (quelle occidentali) che rinunciando alla propria identità in un processo di auto-annichilimento, non riescono a comprendere l’identità altrui, a prescindere dai mezzi utilizzati per affermarla.

L’occidente in genere, e l’Europa in particolare, infatti, avendo rinunciato al proprio spirito cristiano, hanno dismesso tutto l’arsenale etico e culturale per potersi opporre in modo efficace al jihad e a qualunque altro tipo di barbarie.

Come ha ricordato la laicissima Oriana Fallaci, infatti, «l’Europa è la culla del Cristianesimo», con ciò intendendo che non si tratta di contrapporre fedi e religioni, poiché la contrapposizione esiste anche senza che nessuno la desideri, ma di evitare di porre, semmai, l’Europa contro se stessa.

I kamikaze, insomma, sono “semplici” jihadisti, ma i veri terroristi sono coloro che fanno scempio della dimensione, tanto fondativa quanto imprescindibile e ineludibile, della spiritualità cristiana dell’occidente in genere e dell’Europa in particolare.

Non a caso un altro filosofo laico e francese, Andrè Glucksmann, anch’egli purtroppo di recente venuto a mancare, ha avuto modo di precisare: «La civiltà è una scommessa. Doppia. Contro ciò che la nega e la minaccia di annichilimento. Contro se stessa, troppo spesso complice passiva o avventata della sua scomparsa. Quando, nella profonda intimità di una coscienza, l’Occidente si urta contro l’Occidente, tutto è in gioco e niente è scontato, la campana della fine della storia è sospesa».

I sanguinosi fatti di Parigi insegnano allora una preziosissima lezione che non bisogna far scorrere inutilmente come il sangue su cui si fonda: non c’è più tempo per rinviare, occorre che l’Europa e gli europei, prima di imparare a difendersi dagli altri, imparino, soprattutto, a difendersi da se stessi.

Aldo Vitale | Tempi.it

Foto Ansa

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