La teoria gender, spesso oggetto di dibattiti e controversie, si basa sull’idea che l’aspetto più importante della sessualità sia quello sociale, culturale e psicologico, e che questo aspetto – denominato “genere” (gender) – sia indipendente e separabile dall’aspetto biologico (sesso femminile e maschile). In altre parole, il “genere”, costrutto puramente sociale, sarebbe non solo distinto ma anche separabile dal sesso biologico. Inoltre, il “genere” avrebbe la precedenza sul sesso nella definizione dell’identità personale: così, chi è di genere “donna” non sarebbe necessariamente una femmina, e chi appartiene al genere “uomo” non sarebbe necessariamente un maschio.
Spesso i promotori di questa teoria distinguono quattro aspetti dell’identità sessuale, totalmente indipendenti tra di loro:
- Identità di genere: sarebbe l’intimo senso di appartenenza a uno o più generi o a nessuno; è la percezione soggettiva di essere o non essere l’uno o l’altro genere;
- Ruolo di genere: sarebbe la manifestazione esterna in relazione al genere, cioè il comportarsi, vestirsi, ecc. in modi tipicamente attribuiti all’uno o all’altro genere;
- Orientamento sessuale: sarebbe l’attrazione erotica e/o romantica verso persone dello stesso genere o del genere opposto, oppure verso entrambi i generi.
- Sesso biologico: è la dimensione biologico-fisica della sessualità (che comprende caratteri sessuali primari e secondari). Molti teorici del gender mettono in dubbio che i sessi siano due (maschio/femmina) e sostengono che il sesso non sia binario ma sia rappresentanto da uno spettro con infinite varianti tra i due poli del maschile e del femminile.
Molti proponenti della teoria di genere sostengono che l’identità di genere è fluida e può cambiare molteplici volte nella vita di una persona. In sintesi, il sesso di una persona sarebbe, secondo la prospettiva di genere, irrilevante rispetto all’identità di genere (psicologica), agli orientamenti affettivi e ai comportamenti sociali attribuiti tipicamente a uomini e donne. La circostanza che, ad esempio, un maschio si identifichi come “donna” e si presenti come tale (nel modo di vestirsi, nei comportamenti, nelle sue preferenze, e così via) sarebbe totalmente normale e, anzi, auspicabile se una persona dovesse soffrire di “disforia di genere”.
Quando e dove nasce la Teoria Gender?
La teoria gender affonda le sue radici nel pensiero femminista e postmoderno già degli anni ’60 e ’70, in particolare negli Stati Uniti e in Europa. Soltanto in questi ultimi anni, però, è emersa prepotentemente come reazione a quelle che dalle stesse lobby Lgbt e progressiste vengono intese come norme sociali tradizionali, proponendo una visione del genere come un elemento flessibile e culturalmente determinato.
Da chi viene proposta la Teoria Gender?
La teoria gender è sostenuta principalmente da attivisti progressisti, di Sinistra, radicali e, in primis, Lgbtqia+, ma anche da accademici, politici, attivisti sociali e organizzazioni non governative che a vario titolo e per varie ragioni si accostano al mondo arcobaleno. Questi gruppi spesso operano in ambiti influenti quali l’educazione, i media e – appunto – la politica, cercando di promuovere e normalizzare la loro visione dell’identità di genere nella società.
La teoria di genere (o “gender“) diventa quindi un tema scottante di grande attualità e in Italia – così come in tutto l’Occidente – si concretizza in quelle forti correnti politiche e culturali che promuovono i “matrimoni gay”, le leggi contro l’omofobia, le adozione a coppie dello sesso, la normalizzazione del transgenderismo, ma anche della fluidità di genere (bambini gender fluid) e, in ultimo, come estrema conseguenza di tutto ciò, l’aberrante pratica della transizione di genere (sociale e medica) dei minori.
Possiamo confutare la Teoria Gender?
Sì, è possibile confutare la teoria gender attraverso un approccio che valorizzi la scienza e la biologia, sottolineando l’importanza del sesso biologico e delle sue implicazioni sulla psicologia e il comportamento umano. E’ poi fondamentale distinguere tra rispetto, sacrosanto e dovuto a tutti, e accettazione incondizionata di ogni visione di genere.
Il sesso biologico non è irrilevante o indifferente rispetto alla dimensione psicologica individuale e alla dimensione socioculturale. In primo luogo, la natura sessuata ha almeno una influenza sulle manifestazioni culturali, sociali, psicologiche considerate “femminili” e “maschili”; in secondo luogo, la natura sessuata determina almeno la funzione, la finalità, il senso di alcune realtà psicologiche e sociali.
Il sesso biologico non ha una valenza puramente genitale e non comprende soltanto le caratteristiche sessuali primarie e secondarie: determina una serie di caratteristiche fisiche (genetiche, ormonali, morfologiche, funzionali) che hanno la loro influenza sulla struttura di molti organi, incluso l’encefalo, nonché sul profilo psicologico. Il sesso biologico gioca un ruolo importante in quanto generatore di tendenze naturali che influiscono sui comportamenti facendo sì che alcuni di questi siano, tendenzialmente, più diffusi e più marcati in un sesso piuttosto che nell’altro. Sono, perciò, considerati dalla società e nella cultura come “femminili” o “maschili”. Questo non significa che in tutti i comportamenti e in tutte le pratiche sociali distintamente attribuiti a uomini o donne vi sia un’influenza del sesso biologico, ma questa influenza non si può escludere a priori come fa la teoria gender.
Un esempio aiuterà a chiarire il discorso. Nella prospettiva di genere, si afferma talvolta che i bambini e le bambine in tenera età comincerebbero a interiorizzare comportamenti stereotipati di genere, assorbendoli dalla famiglia, dai pari o da altri contesti, e questo sarebbe l’unico motivo di una differenza comportamentale tra i sessi nell’infanzia. Ad esempio, si sostiene che i bambini adottino comportamenti più “aggressivi” rispetto alle bambine, esclusivamente in ragione degli stereotipi di genere. Questa visione è abbastanza ingenua. Certamente, alcuni schemi puramente socioculturali possono avere influenza sul comportamento di bambini e di adulti. Tuttavia in questo caso come in molti altri è innegabile che vi sia un’influenza del sesso biologico. L’atteggiamento più “aggressivo” (che non è necessariamente da intendere in senso peggiorativo) è ampiamente condizionato da fattori fisici e, in particolare, dal fattore ormonale, cioè dai livelli più alti di testosterone caratterizzanti il sesso maschile. La produzione di testosterone in maggiori quantità è legata proprio al dinamismo biologico innescato dalla presenza del cromosoma “Y”, che è il determinante genetico della mascolinità.
I livelli di testosterone sono associati anche ad altri comportamenti che possono avere ricadute sociali come, ad esempio, alla modulazione della risposta sessuale e agli atteggiamenti competitivi. Fattori ormonali, combinati a fattori strutturali, determinano una certa diversità di forza fisica e di prestazioni ad esempio nelle attività sportive. Un evento sociale come le Olimpiadi tiene conto della diversità di sesso proprio a causa di condizionamenti riconducibili al sesso biologico.
Le differenze sessuali, dunque, sono presenti tanto a livello fisico “esteriore” quanto a livello dell’encefalo e questo è confermato dai molti studi che rivelano una complessa diversità che è anche una meravigliosa complementarità sia fisica che psicologica dei sessi. Tutto ciò ha ovviamente un impatto sui comportamenti degli individui anche in società.
A questo proposito è utile menzionare il cosiddetto “paradosso dell’uguaglianza di genere” conosciuto altresì come “paradosso norvegese” (cfr. Erik Mac Giolla and Petri J. Kajonius – 2018). Numerose ricerche hanno infatti mostrato come la tendenziale diversità nei percorsi di studio e nelle scelte lavorative di donne e uomini in differenti contesti sociali in tutto il mondo non sia riconducibile prevalentemente a fattori culturali (quindi a eventuali “stereotipi di genere”). Anzi, è emersa una correlazione inversa tra diversità delle scelte e presenza di “stereotipi di genere”, tanto da generare un noto paradosso: il divario tra preferenze e interessi maschili e quelli femminili è particolarmente accentuato nelle società con un alto livello di “parità di genere” e ridotti “stereotipi di genere”, come la Norvegia (cfr. Gijsbert Stoet and David C. Geary – 2018). Sono particolarmente significativi in questo senso gli studi di Lippa, condotti su più di 200mila soggetti appartenenti a cinquantatré diverse nazioni. Essi indicano che la tendenziale diversità in alcuni tratti caratteriali (estroversione, assertività, nevroticismo) e nelle preferenze lavorative tra uomini e donne è spiegabile solo in misura ridotta dalla cultura mentre il sesso biologico assume un peso molto più rilevante rilevante (Lippa – 2005)
Esistono studi che hanno persino rilevato una differenziazione degli interessi lungo le dimensioni persone/cose, tra femmine e maschi già poco tempo dopo la nascita, quando non ci può essere ancora un’influenza socioculturale rilevante: mediamente, i neonati mostrano più interesse delle neonate verso un oggetto meccanico, mentre le neonate mostrano maggiore interesse verso un oggetto “sociale e personale” come un viso umano.
Ovviamente, tutto ciò non significa che, per esempio, una donna non possa fare il meccanico o che un uomo non possa essere infermiere. Significa che il fatto che ci sono tendenzialmente più uomini meccanici e più donne infermiere non è il risultato esclusivo di stereotipi culturali negativi e imposizioni sociali. Cercare di eliminare ogni differenza comportamentale tra maschi e femmine attraverso la decostruzione di pseudo stereotipi è semplicemente un’utopia, dannosa nella misura in cui gli interventi di “decostruzione” in realtà vadano a colpire non schemi mentali socialmente imposti ma tendenze radicate nella natura o innocue consuetudini e pratiche espressive della differenza sessuale.
Tra i molti contributi, uno dei più recenti – dell’agosto 2020 – ha avuto il merito di confutare proprio la pseudo-scienza gender, ovvero il libro The end of gender. Debunking the myths about sex and identity in our society della giornalista scientifica Debra Soh. Proprio la Soh, quando nel 2016 pubblicò un editoriale contro la prassi del cambio di sesso nei giovanissimi, fu fatta oggetto d’una campagna d’odio. Il suo libro è un saggio sobrio, vivacizzato da vari aneddoti d’esperienza diretta ma privo della smania di umiliare l’avversario o di scandalizzare il lettore. The end of gender vuole essenzialmente dimostrare che i capisaldi della teoria gender sono falsi ricorrendo alla letteratura genuinamente scientifica.
Quali sono i pericoli della Teoria Gender
I pericoli della teoria gender sono molteplici. Essa mina la comprensione naturale dell’uomo e della donna, portando a confusione e disorientamento, specialmente tra i giovani. Tende, sia in modo subdolo sia palesemente, all’eliminazione delle naturali e positive differenze che ci sono proprio tra uomini e donne, finendo anche per eliminare i concetti stessi di uomini e donne.
Si pensi ad esempio al transgenderismo che vuole introdursi nei luoghi – bagni, sport, spogliatoi, stanze di ospedale, ecc – riservati alle donne, finendo così non solo per mettere a repentaglio la salute e l’incolumità delle donne stesse, ma anche per eliminare decenni se non secoli di emancipazione femminile. Inoltre, può facilitare politiche che ignorano le differenze biologiche intrinseche, con potenziali rischi per la salute e il benessere. L’applicazione di questa teoria può anche portare a limitare la libertà di espressione di coloro che sostengono una visione della sessualità e del genere basata sulla scienza e sulla biologia. A cascata, dunque, queste istanze ricadono nei luoghi di lavoro, negli sport, nella politica, nelle istituzioni e anche – cosa ancora più grave, nelle scuole e nei luoghi adibiti all’educazione, in veri e propri programmi di indottrinamento che mirano alla diffusione, già tra i minori e i giovani, di queste posizioni.
La Teoria Gender a scuola
Come già ampiamente dimostrato e denunciato – anche da Pro Vita & Famiglia con l’approfondimento sul gender a scuola – proprio la teoria gender si sta diffondendo nelle luoghi dell’educazione di bambini, giovani e adolescenti, spesso sotto forma di programmi educativi che mirano a insegnare ai bambini che il loro genere è una scelta. Pro Vita & Famiglia onlus evidenzia come questo possa creare confusione e ansia nei più giovani, minando il naturale sviluppo della loro identità sessuale e compromettendo il loro benessere psicologico.
Le istanze delle Lobby Lgbtqia+ sul gender, per arrivare nelle scuole, fanno spesso ricorso a progetti “educativi” mascherati come tali – soprattutto nei titoli e negli obiettivi di massima – che, con la scusa di educare bambini e ragazzi ad alcune tematiche sensibili e di attualità, finiscono poi per proporre tutt’altro. Spesso e volentieri all’insaputa dei genitori, proprio perché docenti, dirigenti e associazioni Lgbt che propongono questi progetti sanno benissimo che, nella maggior parte dei casi, le famiglie non sarebbero minimamente d’accordo con tali iniziative e non darebbero il loro assenso alla presenza dei loro figli in aula.
La Teoria Gender anche fuori dalla scuola
Fuori dall’ambito scolastico, la teoria gender influisce su vari aspetti della vita quotidiana, dalla legislazione sui diritti civili alla cultura popolare e alla pubblicità, fino anche – come detto – agli ambiti del lavoro e dello sport, tanto per citare solo alcuni dei settori più importanti. Università, luoghi privati e pubblici di lavoro, aziende, in alcuni Stati perfino ministeri stanno per esempio adottando simbolismi e dicitura gender fluid (come asterischi, Schwa, pronomi neutri), nonché “spazi gender neutral” un tempo dedicati alle donne nei quali ora possono entrare anche gli uomini (basta solo che dicano di “sentirsi donne” o viceversa).
Tutto ciò accade anche a livello di formazione ed educazione “aziendale”, con veri e propri corsi per dipendenti sui linguaggi, i metodi e le prassi da adottare per quanto riguarda il personale transgender, fluido o comunque Lgbt. Come detto, inoltre, queste pericolose istanze si traducono anche in ambito sportivo, dove le ricadute – soprattutto a livello psicofisico – sono ancora più importanti: bagni e spogliatoi neutri ma soprattutto con l’apertura delle competizioni maschili o femminili a chiunque si percepisca di un determinato genere. Questo accade in preponderanza negli sport femminili, con le naturali conseguenze che gli atleti transgender fanno incetta di record, vittorie e medaglia ai danni delle impotenti atlete.
Come contrastare la Teoria Gender nella pratica?
Per contrastare la teoria gender, Pro Vita & Famiglia onlus suggerisce un approccio basato sull’educazione, il dialogo e la promozione di una comprensione naturale della sessualità. È essenziale favorire un dibattito aperto e rispettoso che permetta di esplorare e discutere queste tematiche senza pregiudizi, ma allo stesso tempo senza la cieca ideologia che si possa fare qualsiasi cosa o sentirsi qualsiasi cosa infischiandosene delle evidenze scientifiche e naturali. Per esempio per contrastare la teoria gender a scuola sono fondamentali le famiglie, così come all’interno delle istituzioni è importante formare politici e rappresentanti scevri da ideologia Lgbtqia+, così come avere in tutti gli ambiti del mondo medico e sanitario professionisti del settore guidata solo ed esclusivamente sulla scienza e mai su proprie credenze politiche o ideologiche.
Cosa possono fare le famiglie?
Le famiglie, non solo quando si parla di scuola, possono giocare un ruolo chiave nel contrasto alla teoria gender. È importante che i genitori dialoghino apertamente con i loro figli, fornendo loro un’educazione equilibrata e basata sui fatti, che rispetti la biologia e sostenga lo sviluppo naturale della sessualità. Sempre le famiglie, poi, devono stare quotidianamente all’erta nel controllare tutti gli ambiti in cui i loro figli sono immersi: dalla scuola al gruppo dei pari, dalle società sportive ai luoghi medici ed eventualmente le strutture sanitarie alle quali si rivolgono per eventuali problemi o disagi dei loro stessi figli. Bisognerebbe infatti sempre accertarsi, come detto poc’anzi, che tutti i professionisti e i lavoratori dei vari ambiti – soprattutto quelli che hanno a che fare con i minori – svolgano i loro compiti solo ed esclusivamente per ciò che gli compete, senza trasbordare in istanze politiche e ideologiche che nulla hanno a che fare con il mondo dei bambini e dei giovani.
Cosa può e dovrebbe fare la politica?
La politica dovrebbe proteggere la libertà di espressione, sempre più minata proprio dagli ambienti a favore della teoria gender che – lo vediamo anche in Italia ai danni di Pro Vita & Famiglia ma non solo – tendono a tappare la bocca a chi la pensa diversamente o ad etichettare i critici come “omofobi” e “anti-democratici”, quando invece chi contrasta la teoria gender lo fa solo per la tutela e la sicurezza di bambini, giovani, donne, uomini e famiglie. In seno a politica e istituzioni, inoltre – e questo è ovviamente fondamentali – le leggi e le politiche da proporre e adottare dovrebbero sempre basarsi su principi scientifici e biologici piuttosto che su ideologie.
Le iniziative di Pro Vita & Famiglia
Pro Vita & Famiglia onlus si impegna attivamente, da sempre, nella sensibilizzazione e nell’educazione per evitare i pericoli e i danni della teoria gender e per contrastarla in quanto tale. Negli anni sono state realizzate – e continuano tutt’ora – decine le campagne informative, seminari, pubblicazioni, convegni, proposte di legge, affissioni, manifestazioni di piazza, denunce contro il gender e la teoria gender in ogni sua forma. Nel 2021 è stata portata avanti, per mesi, una vastissima campagna contro il liberticida Ddl Zan – poi affossato dal Senato della Repubblica Italiana – che proprio con la falsa promessa di voler contrastare le violenze e le discriminazioni voleva invece introdurre il gender in vari ambiti della società, soprattutto nella scuola. Da anni continua e prosegue una campagna su più livelli per tutelare la libertà educativa di genitori e famiglie, e per contrastare il gender a scuola e la carriera alias, pensiamo per esempio alle oltre 300 scuole e Istituti in tutta Italia che proprio Pro Vita & Famiglia ha ufficialmente diffidato dal punto di vista legale. Affissioni e manifesti in tutti i comuni italiani, banchetti, convegni, incontri pubblici in luoghi delle Istituzioni, attività di sensibilizzazione anche in seno alla politica locale e nazionale, presenza nella scuole e a sostegno dei genitori per renderli davvero “protagonisti”, presenza sui media, nei giornali e nelle televisioni locali e nazionali, sostegno legale a chi si batte contro la teoria gender o ne è vittima. Insomma, le iniziativa sono e sono state tante, tutte importante sulla tutela dell’educazione, dei bambini e delle famiglie ma anche della scienza e della biologia.
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