Una donna è stata torturata per aver allattato suo figlio in pubblico, un’altra per aver mostrato gli occhi sotto il niqab.
Lo Stato islamico ha un nuovo strumento di tortura per punire le donne che si rendono colpevoli di crimini infrangendo le regole vigenti sotto il Califfato. Si tratta di una tagliola di ferro che i terroristi applicano al seno delle donne a Raqqa, capitale siriana del Califfato, per poi stringerla lasciando profonde ferite sul corpo.
POLIZIA FEMMINILE. Secondo il gruppo di attivisti “Raqqa viene massacrata silenziosamente”, «molte donne di recente sono state torturare a Raqqa con questo strumento. In un caso, una donna che stava allattando il suo neonato aspettando l’autobus in centro città è stata arrestata dalla brigata Khansa’a e torturata con il “biter”, causando una grande ondata di malcontento tra la popolazione».
VIETATO MOSTRARE GLI OCCHI. La brigata Khansa’a è un temuto gruppo di polizia formato solo da donne incaricate di far rispettare la morale pubblica per le strade di Raqqa. Ogni componente guadagna circa 200 dollari al mese e deve verificare, ad esempio, che tutte le donne portino il niqab e che nessuna compia atti immorali, come «mostrare gli occhi».
FRUSTA O “BITER”. Una ragazza di 24 anni intervistata dal gruppo di attivisti, chiamata con il nome finto di Batol, ha dichiarato: «Ero al mercato per comprare alcune cose quando la brigata mi ha vista e mi ha arrestata, sostenendo che il niqab che stavo indossando non era in regola secondo la sharia perché trasparente» e lasciava intravedere gli occhi. Così «sono stata portata nel quartiere generale e di lì nella camera delle torture, dove mi hanno chiesto di scegliere tra la frusta e il “biter”. Io non sapevo che cosa fosse, e siccome avevo paura delle frustate, convinta di ricevere una pena più lieve, ho scelto il “biter”».
«FEMMINILITÀ DISTRUTTA». Quando le donne hanno portato la tagliola di ferro, «piena di denti, mi hanno bloccata e me l’hanno pressata sul seno con forza, ho cominciato a urlare per il dolore e per le ferite riportate. Queste sono state così pesanti che poi mi hanno portata in ospedale. Sento che la mia femminilità è stata distrutta completamente, non possiamo più vivere così. Io non sono stata l’unica torturata a questo modo, c’erano tante persone con me in quel quartiere generale in una situazione tragica».
Tratto da: http://www.tempi.it/
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