Nel 2019, ad Azzurra Carnelos, ventottenne di Oderzo, in provincia di Treviso, appare in sogno la nonna, deceduta anni prima per un tumore scoperto troppo tardi. Nel sogno la sollecita a tenersi controllata e Azzurra non se lo lascia suggerire due volte: fa uno screening e le viene trovato un nodulo maligno al seno. Si sottopone subito alle terapie mediche del caso e col tempo il problema appare risolto, tanto da permetterle di proseguire i suoi studi di Economia bancaria e finanza. Proprio all’università conosce Francesco. Si innamorano, si fidanzano, si laureano lo stesso giorno e insieme diventano analisti finanziari, per poi sposarsi nel 2022. Un anno dopo, Azzurra scopre di essere incinta.
Una grande felicità, un grande progetto di vita, che però si incrina nel luglio di quello stesso anno, quando Azzurra è al sesto mese: durante un controllo di routine per la gravidanza, viene scoperta una recidiva della neoplasia. Ad Azzurra si presenta dunque la scelta: riprendere le potenti e invasive cure contro il cancro, con il rischio di danneggiare il bambino che porta in grembo, se non addirittura di perderlo, o provare ad attendere la nascita del piccolo per poi occuparsi di sé e della propria salute. Decide, in realtà, per una via di mezzo, poiché si vuole – giustamente – curare, ma il piccolo Antonio (questo il nome di suo figlio)viene fatto nascere con un po’ di anticipo, alla 32esima settimana, proprio per permettere alla neomamma di riprendere in fretta le proprie terapie. Però bisogna correre perché le circola dentro un tumore particolarmente aggressivo e per questo la chemioterapia inizia il giorno stesso del parto. Ma a nulla vale, ormai: Azzurra Carnelos, donna, moglie e madre, si è spenta sabato scorso a causa della malattia.
Ma non c’è soltanto lei, donna, moglie e madre, in questa storia allo stesso tempo tragica e commovente. C’è anche lui, Francesco, il compagno di studi e poi marito. L’uomo, marito e padre. «Ci siamo sempre tenuti stretti, uno accanto all’altra, anche al lavoro», ha raccontato a Repubblica. «Ci siamo sempre sostenuti, nessuno ha mai tirato indietro l’altro. Era tutto meraviglioso, lo è stato fino a quel giorno». Parole che – per fortuna – non confermano la convinzione diffusa che la famiglia sia un’istituzione orribile. Ora Francesco porta la testimonianza della loro esperienza di coppia e del coraggio di sua moglie: «Azzurra ha affrontato la scoperta con coraggio, si è rimboccata le maniche», racconta. «Io ho abbandonato il lavoro per starle accanto 24 ore al giorno. Ho vissuto in ospedale, dormivo lì, mangiavo lì».
Racconta ancora Francesco: «Le ultime settimane le abbiamo trascorse ideando un piano per crescere Antonio. Abbiamo deciso insieme, ancora una volta. Io cambierò lavoro e starò vicino a nostro figlio. Così il suo sacrificio non sarà stato vano». Francesco, uomo, marito e padre, non è né un eroe né una persona straordinaria: è l’uomo come tanti, come pressoché tutti, desideroso per amore di farsi parte attiva, insieme a sua moglie, di una realtà composita ma unitaria, quell’istituzione-famiglia costantemente vilipesa e demonizzata.
Su tutto questo poi sovrasta la vita, quella del piccolo Antonio, che mamma Azzurra ha voluto garantire, a costo del proprio sacrificio. Ricorda ancora Francesco: «La vita va difesa, lo diceva spesso mentre premeva al petto il suo corpicino. Lo accudiva, lo teneva in braccio, nonostante i dolori e le mille difficoltà». In quella frase e nel supporto avuto dal marito sta la generosità intrinseca a un’unione radicata in un sentimento di amore, sta quella spiritualità che è nota caratteristica dell’essere umano, a dispetto del dilagante e cinico materialismo neopositivista. Sicuramente ci sono molti e molte che, avendo potuto farlo, avrebbero consigliato ad Azzurra di abortire e di occuparsi della propria vita e della carriera, che la maternità non è importante ed è un tentativo che si può rifare. C’è chi invece, come noi, auspica che la scienza medica arrivi presto, il prima possibile, a un tale sviluppo da non mettere più uomini e donne, padri e madri, davanti a dilemmi così atroci.
Non sappiamo nulla nel dettaglio del percorso interiore e spirituale di Azzurra e per questo non vogliamo spingerci a fare paragoni netti e conclusivi. Tuttavia la sua storia e quella della sua famiglia inevitabilmente ci richiama una delle frasi che Chiara Corbella Petrillo lasciò scritte per suo figlio: «L’amore ti consuma ma è bello morire consumati, proprio come una candela che si spegne solo quando ha raggiunto il suo scopo».
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