Il filosofo tedesco, Arthur Schopenhauer, uno dei maggiori pensatori del XIX secolo, ci ha lasciato un prezioso aforisma, tratto da “Parerga e Paralipomena”, una raccolta di “scritti minori” in due tomi, che sono in realtà riflessioni sulla filosofia e sulla saggezza della vita. Esso recita così: “I veri grandi spiriti costruiscono, come le aquile, i loro nidi a grande altezze, nella solitudine”. A mio avviso, esso vuole significare che coloro che osano vivere la vita oltre le consuetudini e le convenzioni sociali costruiscono una propria esistenza arricchita da un vissuto spirituale e umano, che li rende unici.
E ciò che Gesù vuole fare con la vita di chi è chiamato a seguirlo. Le due piccole parabole gemelle dell’uomo che costruisce la torre e del re che muove guerra a un altro re con un esercito inferiore si rivelano essere un invito per coloro che vogliono mettersi alla sequela di Gesù a considerare attentamente ciò che può causare la follia della croce (cfr.1^Cor. 1:22-25). Esse possiamo leggerle solo nell’evangelo di Luca 14:28-33. Le due parabole, strettamente concatenate tra loro, sono anche collegate con i detti immediatamente precedenti (la congiunzione esplicativa “infatti” collega, spiegando meglio il senso, con quanto detto in precedenza) e con quello seguente (“Dunque” è una congiunzione che introduce una frase o un discorso conclusivo tesi a riassumere una asserzione detta precedentemente). Cosa sta comunicando Gesù? Una sequela radicale. È necessario che vengano sacrificati gli affetti, persino la propria vita(intendendo con essa tutto quello che concerne la professione, la propria posizione economica e culturale). Le due parabole sottolineano la necessità della sequela: tutti coloro che vogliono seguire il Signore, sappiano che è possibile che durante il cammino(per alcuni addirittura all’inizio) essi siano chiamati a ogni rinuncia. Chi vuole incamminarsi dietro a Gesù inizi a fare i conti, a vagliare. Sebbene le parole di Gesù si riferissero con molta probabilità a coloro che erano chiamati ad abbracciare un ministerio itinerante, tuttavia, il senso delle parole della sequela a caro prezzo riguardava tutti i cristiani. Gesù voleva in effetti scoraggiare coloro che andavano con lui per avere, forse, qualche beneficio materiale (Gesù era conosciuto come un abile taumaturgo) o lo ritenevano un Messia terreno e politico. Ciò possiamo dedurlo dal v. 25: “Ora molta gente andava con lui; rivolto alla folla disse:…”.
Chi vuole seguire Cristo sappia che l’adesione a Gesù è totale: non si può interporre nella sequela di Gesù nessun altra affezione. L’evangelo esige “l’odio” degli affetti familiari e persino della propria vita. Certamente, una fraseologia del genere mette in crisi l’uditore. Ci si chiede: Se Gesù è portatore di amore, come può incoraggiare a “odiare”? Bisogna dire che il linguaggio di Gesù è un linguaggio iperbolico. In altri termini, Gesù voleva dire che nessun amore terreno può sostituire assolutamente l’amore per il Signore. Allora odiare significa ridimensionare l’amore verso i propri cari e verso se stesso (Gesù dirà al discepoli di amare il prossimo come se stessi nella misura in cui egli amerà il Signore incondizionatamente)
Il primato dell’amore spetta al Signore che dà amore per ogni cosa che respira. E non viceversa. Questo è il significato semitico dell’odiare, ossia amare meno. Il primato dell’amore spetta al Signore che è l’elargitore dell’amore. Se l’uomo si invola verso Dio che è amore, allora il suo amore è completo, ridiscende nel suo mondo intraterreno per esperimentare l’amore di Dio per ciò che lo circonda e lo rende vivo. Questo è il significato delle due parabole. Nella prima parabola, possiamo immaginare che Gesù racconti una storiella più lunga, forse in questi termini: C’era un a volta un contadino che voleva costruire una torre nel mezzo del suo podere per potere avvistare i ladri che volevano razziare il suo campo. Voleva costruire una torre di pregevole fattura. Dunque fa un preventivo per vedere se il suo denaro è sufficiente per poter portare a termine i lavori di costruzione e poi da avvio i lavori.
Allo stesso modo, la parabola del re che muove guerra a un altro re può essere raccontata con una dovizia di espressioni aggiuntive: C’era una volta un re potente, ambizioso, che voleva ingrandire il suo regno. Ma prima di dichiarare guerra a un altro re possessore di un regno vicino al suo, chiama i suoi generali e inizia a preparare un piano di guerra, e vedere tutti i rischi che si corrono nel disporre di un esercito, inferiore numericamente all’altro esercito, e comunque ottenere la vittoria.
La sequela di Gesù è un viaggio che si intraprende nelle tortuose e gaudenti strade del mondo, che comporta rinunce, sacrifici e l’assunzione di uno stile di vita contro culturale. Chi vuole seguire Gesù deve sapere che la sequela Christi è radicale, non conosce tentennamenti, ripensamenti, condizionamenti. Faccia bene i conti l’aspirante discepolo, pesi bene le sue forze prima di andare dietro a Gesù. Perché se questo dovesse succedere e, in seguito, fermarsi e rinunciare susciterà l’ilarità e gli scherni della gente . Già immagino i commenti sarcastici dei nostri amici: “Te l’abbiamo detto di non perdere tempo con Gesù. Non ricavi niente di utile. Ti porta in un mondo irreale. Goditi la vita, perché una volta sola si vive”.
Dunque, le parole di Gesù sono forti e dure, non lasciano intravvedere mezze misure. O con lui, dietro a lui, o contro di lui.
C’è un prezzo da pagare. È la vita del discepolo. Il seguace di Gesù sa che andare dietro a lui costa parecchio, costa la propria vita. Gesù non vuole le mezze misure, vuole una decisione risoluta.
Chi ascolta le parole di Gesù ed è affascinato dalla sua persona deve riflettere bene, pensare con discernimento. Mettersi in cammino con Gesù e poi fermarsi è peggio che non tentare affatto.
Riflettano bene oggi le chiese!
Paolo Brancè | Notiziecristiane.com
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