La scatola dei segreti

Due coniugi in sessant’anni di matrimonio avevano conosciuto raramente i litigi, condividendo tutto senza segreti, eccetto uno: la moglie custodiva gelosamente una scatola di legno e quando si erano sposati aveva detto al marito che non avrebbe mai dovuto guardarvi dentro. Dopo tanti anni insieme, arrivò il momento di soddisfare la curiosità e il marito chiese se finalmente poteva sapere cosa conteneva. La moglie acconsentì e lasciò che l’uomo l’aprisse: vi trovò due centrini e 25mila dollari. Chiese allora cosa significavano, ed ella rispose: “Quando ci siamo sposati, mia madre mi disse che ogni volta che mi sarei arrabbiata con te o ogni volta che avresti detto o fatto qualcosa che non mi piaceva, avrei dovuto fare un piccolo centrino e poi ne avrei dovuto parlare con te”. Il marito si commosse fino alle lacrime supponendo che in sessanta anni di matrimonio avesse dato fastidio alla moglie solamente le volte necessarie per fare solo due centrini. Soddisfatto di sé stesso, prese la moglie per mano e disse: “Questo spiega i centrini, ma invece cosa sono i 25 mila dollari?” La donna sorrise e rispose: “Questi sono i soldi che ho ricavato dalla vendita di tutti i centrini che ho fatto nel corso degli anni”.

Oggi, non si fanno più centrini, ma si scrivono con tanta leggerezza post da consegnare all’etere dei social, che rendono le faccende intime dominio pubblico. Grazie alle sempre più avanzate tecnologie è interessante notare come le comunicazioni sono diventate veramente di massa: è come se da un’epoca di assoluta ignoranza fossimo passati in un’epoca di rapporti reciproci vasti che toccano tutte le nostre sfere e i nostri interessi. In questo senso gioca un ruolo fondamentale il mondo dei Social, legato particolarmente agli smartphone. Siamo parte integrante di un universo invaso da comunicazioni, bombardati da innumerevoli stimoli e messaggi, che ci coinvolgono da ogni parte, invadendo ogni spazio pubblico e quel che è peggio, riducendo all’osso il privato da custodire in una scatola. In questo contesto i mass media tendono a produrre degli stereotipi, diffondendo nelle masse una coscienza felice, che si appaga di beni di consumo e si alimenta più che altra di apparenza, svalutando le persone della loro parte migliore. Male peggiore è rifugiarsi nella moltitudine di immagini e profili a portata di dito, dove con innaturale semplicità si costruiscono relazioni a distanza, spesso rivelatesi deleterie per i rapporti reali.

 

A pagare tale prezzo sono soprattutto i più deboli caratterialmente, e le fasce più giovani indotte al cosiddetto “fare comune”. Si finisce trascinati e frastornati da questo miscuglio di immagini e messaggi diversi, e in tal modo i rapporti comunicativi, in primis quelli familiari, non passano più attraverso le esperienze personali. Questo calderone mediatico sta trasformando anche il ruolo e il compito educativo dei genitori. Oggi, amarsi nella vita di coppia, crescere ed educare i figli, gestire l’economia familiare sono impegni sempre più complessi e snervanti. La velocità dei cambiamenti tecnologici e sociali, infatti, è parallelamente accompagnata dalla incapacità della gestione dei problemi. Invece di essere partecipi e protagonisti di questa evoluzione, si finisce per esserne travolti. I cambiamenti intervenuti nella struttura della famiglia, che si è via via modificata fino a trasformarsi in un piccolo nucleo, e il matrimonio che dovrebbe costituirne il fondamento sempre più chimera o segnato dall’instabilità ci dicono che sono sempre meno le coppie, che pur con qualche segreto, resistono così a lungo. Sono sempre più numerose le coppie che affrontano delle crisi e che il più delle volte arrivano alla separazione. Tre fattori rendono stabile un matrimonio (anche tra i credenti), perché non basta la fede: la sicurezza sociale, l’impiego del tempo libero, la comunicazione. Sicurezza sociale, perché in una società consumistica il matrimonio si presenta come un lusso; impiego del tempo libero, in quanto all’interno di un matrimonio ciascuno dei due coniugi necessita di un proprio spazio, di una certa libertà; comunicazione tra i coniugi, che è il necessario presupposto al superamento di tensioni o conflitti. L’instabilità della famiglia impedisce ai suoi membri un sufficiente grado di strutturazione, di sicurezza e di soddisfazione.

Personalmente sono testimone di matrimoni che funzionano e durano nel tempo, anche senza alcuna scatola. I social ci appartengono, fanno parte della nostra quotidianità, ma non potranno mai rappresentare l’essenza, né minimamente un’alternativa ai nostri sentimenti: sono una finestra con gli altri, un modo per parlare agli altri, uno strumento di condivisione dove di tanto in tanto si intravede qualcosa di noi, ma non potranno mai rappresentare il nostro stare assieme o essere lo specchio della nostra intimità. Lasciamo battere nel privato i nostri cuori. Credo che possa essere sapiente incoraggiamento, a quanti invece stanno facendo fatica, la poesia della brasiliana Martha Medeiros “Lentamente muore” (Ode alla vita), attribuita anche a Pablo Neruda.

 

Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine,

ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,

chi non cambia la marcia,

chi non rischia e cambia colore dei vestiti,

chi non parla con chi non conosce.

 

Muore lentamente chi evita una passione,

chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni,

proprio quelle che fanno brillare gli occhi,

quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,

quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti.

 

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,

chi è infelice sul lavoro,

chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno,

chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.

 

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge,

chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio, chi non si lascia aiutare;

chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,

chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,

chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

 

Evitiamo la morte in piccole dosi,

ricordando sempre che essere vivo

richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.

Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.

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Foto di Ekaterina Boym-Medler, www.freeimages.com

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