La preghiera del pubblicano

fariseo-e-pubblicano1di GIOVANNI ROSTAGNOO Dio sii placato verso me peccatore. (Luca 18:13)  E cosi dicendo il pubblicano si batteva il petto.

L’altro, il fariseo, stando in pie, con la fronte alta, con lo guardo sicuro, senza chiedere nulla perché gli pareva di non aver bisogno di nulla, in una preghiera che non era una preghiera perché da essa  erano esenti la coscienza ed il cuore, enumerava  all’Eterno i peccati che aveva saputo evitare e i doveri religiosi che aveva compiuto scrupolosamente; e mentre pareva che rendesse grazie a Dio per tutto ciò, egli in fondo, non faceva che congratularsi con se stesso.

E il pubblicano? – Osservate il suo umile atteggiamento: egli si teneva lontano, quasi stimandosi indegno di avvicinarsi ai santuario; e con gli occhi bassi, quasi temendo di incontrare, in alto, lo sguardo del suo Giudice. Osservate la sua confessione: Me peccatore. E’ la confessione di chi ammette interamente, e senza invocare nulla che le attenui, la propria colpa e la propria responsabilità.  Osservate la sua preghiera: O Dio sii placato!

E’ la preghiera di chi riconosce che l’Eterno offeso nel suo amore avrebbe tutte le ragioni   per essere implacabile verso il colpevole; e la preghiera di chi, dopo il pentimento completo, aspetta il perdono completo dalla misericordia inesauribile del Padre Celeste. Ed osservate l’angoscia  che accompagna  ciascun atto, ciascuna parola: egli si batteva il petto. In quella angoscia vi era  ad un tempo la condizione  della grazia e la sorgente d‘una vita rinnovata.

Avete conosciuto il dolore, le delusioni  crudeli,  fronde e fiori della vita strappati dagli anni che passano, infermità irreparabili dei vostri cari, affetti infranti, perdite immature, tenebre di morte; ed io domando al Signore di lenire la vostra sofferenza e di allontanare da voi il calice. Eppure vi è una angoscia che se mancasse a quella corona di dolori, io vi augurerei;  l’angoscia senza la quale sarebbe vano sperare il perdono dell`Eterno ed  il perfezionamento della vostra vita; l’angoscia che al pubblicano faceva esclamare: O Dio, sii placato verso  me peccatore.

Tratto da: http://www.chiesadiroma.it/


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