Sono passati 121 anni da quando l’anarchico Peter Kropotkin ha pubblicato per la prima volta la sua ricetta per una trasformazione rivoluzionaria: La Conquête du Pain [La conquista del pane]. Spronato dalla caduta della Comune di Parigi (1871) Kropotkin, credeva ardentemente che la trasformazione sociale che trattava soltanto di ideali era destinata a fallire. Una nuova società, sottolineava, deve essere costruita sulla sua capacità di fornire il nutrimento a tutti. Più di un secolo dopo, il pane è ancora la causa scatenante e la materia della rivoluzione e della metafora rivoluzionaria.Cercate sotto la crosta, la metafora è ricca di significati. Nella fermentazione che comincia quando la farina si incontra con l’acqua, troviamo l’ispirazione per i movimenti che si organizzano da soli, che sono il fondamento della teoria anarchica. Nelle panetterie che stanno spuntando in tutto il nord globale, troviamo un rifiuto dell’impoverimento della produzione industriale, e nel processo del fare troviamo bellezza e anche significato. Troviamo ingiustizia sociale nell’apocalisse della nutrizione che ha accompagnato l’ascesa del cibo scadente, più o meno negli scorsi 60 anni circa. Nel nord globale scadente ha significato svuotare del valore nutritivo una serie di alimenti basilari, mentre nel sud i programmi di adeguamento strutturale e le condizioni poste dal Fondo Monetario Internazionale hanno costretto al ritiro degli aiuti che garantivano il nutrimento essenziale per tutti. Questi in nome della ‘modernizzazione’ economica. Riconquistare la produzione del nostro pane quotidiano, non è soltanto metaforicamente potente; è un passo pratico verso un cambiamento di portata molto più ampia. Fate il vostro pane -insieme- e diventerà chiaro quante altre cose possiamo fare per noi stessi.
Pane per tutti
“Abbiamo la temerarietà di dichiarare che tutti abbiamo diritto al pane, che c’è pane sufficiente per tutti e che con questo slogan: Pane per Tutti, la Rivoluzione trionferà.”
Il libro The Conquest of Bread [La conquista del pane], era, con le parole di Kropotkin, “uno studio dei bisogni dell’umanità e dei mezzi economici per soddisfarli.” In questo ha documentato quali considerava fossero i difetti del feudalesimo e del tardo capitalismo in quanto sistemi economici che dipendevano dalla “servitù delle masse” attraverso un mantenimento intenzionale della penuria e della povertà, per esercitare i meccanismi sociali di controllo. Al loro posto proponeva sistemi fondati sul mutualismo e la cooperazione volontaria, esemplari dei quali credeva abbondassero nel mondo naturale e in tutta la storia umana. Il pane è usato come guida sia metaforica che letterale di una politica di socialità contro lo sfruttamento – e aiuta a comprendere perché le idee di Kropotkin oggi meritano un riesame.
Il pane rappresenta la politica e la classe come quasi nessun altro alimento. Il suo costo e la sua reperibilità sono stati un fattore nella maggior parte di importanti rivoluzioni e insurrezioni di tipo sociale nella storia. Rappresenta alcuni dei peggiori aspetti di sfruttamento della catena alimentare (viene facilmente adulterato -il pane contemporaneo prodotto industrialmente, è soltanto l’esempio più recente). Il linguaggio del pane permea la nostra consapevolezza politica: sussidio, pane quotidiano, fila per la distribuzione dei viveri (breadline), pane e giochi circensi. Nell’arabo parlato in Egitto la parola per pane è, aish, che significa semplicemente, vita.
Se tutta la storia è, almeno in parte, la storia delle lotta economica, allora questa si manifesta in modo particolarmente netto attraverso la storia del pane. Il tipo di pane che le diverse classi sociali potevano mangiare (pane scuro di segale/pani neri per i poveri, pagnotte bianche di frumento per i ricchi) a volte è stato definito legalmente. Il prezzo e il tipo di pane sono diventati sintomatici di rapporti di classi in movimento, e il recente risveglio di interesse per la produzione artigianale è l’ultima ripetizione di questo fatto – l’ironia è che i pani di segale più “grezzi” e scuri sono di nuovo di moda tra i consumatori più ricchi, mentre il pane bianco industriale denota i meno abbienti. Questo fenomeno è forse è sintetizzato nel modo migliore dalla famosa citazione sbagliata attribuita a Maria Antonietta alla vigilia della Rivoluzione Francese: “Dategli delle brioches!”
Nell’Inghilterra della fine del 18° secolo, una serie di disastrosi raccolti di grano, ha causato sommosse drammatiche per il cibo – non, come lo storico E.P. Thompson fa notare, innescata soltanto dalla scarsità di pane, ma dal convergenza di recessione, l’alto livello di costrizione, i timori di invasioni straniere e lo stato di panico anti-giacobino. Proprio come oggi, il pane era una metafora importante per più ampi timori e lagnanze di tipo politico.
Come è stato il primo paese che ha sviluppato l’industria, così la Gran Bretagna è stata anche la prima a fare da pioniere del cibo preconfezionato(e che si prepara rapidamente) e della produzione di massa: inscatolamento, lavorazione, agricoltura intensiva. Altri paesi, specialmente gli Stati Uniti, hanno seguito rapidamente l’esempio. Poco tempo dopo che La Conquista del pane era stato pubblicato per la prima volta in inglese, Otto Frederick Rohwedder ha lanciato la sua prima macchina per affettare il pane (dopo che un prototipo era stato distrutto dal fuoco nel 1912, e un modello del tutto funzionante ha tagliato la sua prima fetta nel Missouri nel 1928).
Un importante fattore trainante dell’impoverimento della nostra pagnotta quotidiana, è stata l’introduzione nel 1961 del processo di panificazione di Chorleywood: usare la lavorazione meccanica della pasta del pane usando energia intensiva e additivi chimici per ridurre sensibilmente i tempi di fermentazione. In un paese ossessionato dal risparmio del tempo, invece che dal suo valore, era normale abbreviare il processo, a prescindere dal risultato deteriore del prodotto finale. La ricerca concomitante di varietà di grano che rendessero molto ha provocato un’enorme riduzione nella gamma di tipi di grano coltivato, e secondo il panettiere Andrew Whitley, che la pubblicizzava, un 40% di riduzione del valore nutritivo del grano.
Questa è una cosa importante perché, sebbene una pletora di alternative vengano coltivate ai margini, la grande maggioranza del grano che consumiamo, è ancora prodotto industrialmente. I prezzi del cibo sono saliti considerevolmente, a causa della combinazione di raccolti di grano scarsi (collegati alle condizioni di tempo più estreme), al controllo politico, all’uso di grano come cibo per gli animali, alla vasta espansione di biocombustibili (ottenuti da grano, barbabietole, mais, canna da zucchero, ecc.) che prendono il posto delle colture impiantate per alimentare le persone, e alla comparsa di speculazione del cibo come una merce.
Tra il gennaio 2005 e il giugno 2008, l’aumento dei prezzi di alimenti come il mais, il grano e il riso, voleva dire un aumento medio dei prezzi del cibo dell’83% in tutto il mondo. Sommosse si sono diffuse il tutto il mondo tra il 2007 e il 2010 e sono state soltanto uno dei maggiori fattori trainanti che erano dietro alla Primavera Araba. Secondo Jane Harrigan della SOAS (School of Oriental and African Studies di Londra), “l’impennata dei prezzi del cibo è stato l’ultimo chiodo sulla bara per i regimi che non riuscivano ad adempiere alla loro parte del contratto sociale.”
Il grido delle proteste della rivoluzione egiziana del 2011, era ‘Pane, libertà e giustizia sociale’. Più di recente alcuni graffiti vicino a Piazza Tahrir, dichiaravano: ‘Non abbiamo bisogno della fottuta barba (beard), abbiamo bisogno di pane (bread).’ Come all’epoca di Kropotkin, la rivoluzione non si misura soltanto in base ai suoi ideali, ma alla sua capacità di provvedere a tutto. Quando il movimento anticapitalista ‘Blockupy’ ha costretto alla chiusura la Banca Centrale Europea di Francoforte nel maggio 2013 per il ruolo che aveva avuto nelle politiche di austerità che avevano provocato sofferenze inutili a milioni di persone comuni, su uno striscione c’era scritto: “non si tratta di una fetta di torta più grande della torta, noi vogliamo tutta la pasticceria!’ Avere il diritto al pane, significa occuparsi di tutto: dall’accesso alla terra, ai sistemi di produzione del cibo, ai metodi (e quindi ai rapporti) di produzione, alle diete nazionali (e al loro impatto crescente sulla salute, particolarmente per le persone con basso reddito) e al modo in cui passiamo il tempo.
Riprendersi la panetteria
Farò un pane che non avete mai visto prima, e in questo pane ci saranno amore ed amicizia.
Marcel Pagnol
Una lenta rivoluzione nel pane sta già fermentando, mentre la politica dell’austerità, unita alle scarse condizioni di crescita del 2013, significa che il pane diventerà più politico nel prossimo futuro. Nuovi esperimenti che emergono ai margine dell’economia attuale potrebbero essere accettati in maggior misura. Nello Yorkshire una panetteria che non poteva avere accesso ai prestiti convenzionali, ha rilasciato ‘obbligazioni in pane, finanziando la sua espansione con prestiti ripagati con le consegne di pane. Altri, come la Commissione per l’Eredità del Grano, di base negli Stati Uniti, stanno riesumando vecchie varietà di grano, rinvigorendo la produzione locale e proteggendole dalle crescenti variazioni delle condizioni climatiche. La Società per lo sviluppo del Deccan, nel distretto del Medak, nello stato indiano dell’Andhra Pradesh, tra una vasta gamma di progetti pionieristici, ha stabilito delle reti di pubblica distribuzione che assicurano il controllo autonomo sulle sementi, ha fatto rivivere oltre 80 vecchie varietà locali e ha istituito delle Scorte di grano per la comunità, per distribuirle in periodi di difficoltà. In Francia, Terre de Liens (un movimento civico) ha raccolto 25 milioni di euro dal 2006, per sottrarre il terreno agricolo all’economia speculativa per darne in affitto piccoli appezzamenti agli agricoltori che fanno coltivazioni organiche.
Le panetterie artigianali stanno nascendo in tutto il Regno Unito. Molte come la panetteria E5 a Hackeny, a est di Londra, offre lezioni per come fare il pane agli scolari locali, mentre altre offrono tirocini per giovani che non sono più a scuola o che non hanno in impiego. Presto aprirà le sue porte ridipinte di recente, la prima di una nuova ondata di panetterie sostenute dalla comunità, mira a fornire pagnotte di pane a buon mercato in cinque punti di raccolta in tutta la città. Altra panetterie forniscono semplicemente spazio e risorse per perché la gente locala faccia il pane, in cambio di ogni partita venduta per finanziare il progetto. Ci sono molte altre cose che di potrebbero fare, naturalmente. I Guerrilla gardens che stanno spuntando nelle città piccole e grandi potrebbero servire per il pane e anche la bellezza. Gli ordini di riutlizzo della comunità, potrebbero essere usati per creare campi di grano su appezzamenti vuoti.
Mentre lottiamo per rovesciare dei sistemi che servono alle necessità dei pochi, dovremmo dare retta all’avvertimento di Kropotkin: “hanno discusso varie questioni politiche in modo esauriente, ma si sono dimenticati di discutere la questione del pane”. Tale questione oggi richiede una fondamentale riconsiderazione del modo in cui viviamo e ci organizziamo. Fatelo, e potremmo dare vita in modo più ampio alla società cooperativa che Kropokin ha immaginato. E anche di più di questo: facendo e condividendo il pane, ci riprendiamo il tempo, i mezzi di produzione e facciamo fermentare il potenziale per una trasformazione duratura.
Ruth Potts e Molly Conisbee sono le coofondatrici del collettivo editoriale Bread Print & Roses – [Pane, stampa e rose]. Da Znetitaly.altervista.org
Fonte: http://www.unimondo.org/
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