di H. J. Heil – «Pace a voi» (Giovanni 20:26). Tre volte viene espresso questo saluto di pace nel ventesimo capitolo dell’Evangelo di Giovanni. Noi esseri umani dobbiamo essere sempre incitati nuovamente. Non basta essere in pace solo occasionalmente, ma si deve trattare di una situazione di pace costante. La mancanza di pace e l’incapacità alla pace sono i segni caratteristici di un mondo lontano da Dio. Chi accetta l’offerta di Dio e si lascia instillare nuovi valori incorruttibili per la propria vita, arriva a ottenere pace con Dio; diventa giustificato dalla fede in Gesù e ottiene pace (Romani 5:1).
Il saluto di pace ebraico “Shalom” non contrassegna solo ciò che comprendiamo in senso più stretto con pace, ma anche il benessere fisico e spirituale, nonché l’incolumità e il senso di protezione. Se auguriamo pace a qualcuno, si intende pienezza di benessere e felicità. Il semplice stop alle armi (anche la lingua può essere un’arma) non è pace. La pace regna là dove esiste comprensione, attenzione, armonia, internamente ed esternamente. La massima pace si realizza soltanto mettendo Gesù Cristo al primo posto nella sua vita. L’epistola agli Efesini (2:14) dice chiaramente: “Egli (Gesù) è la nostra pace”. L’acquisizione e il mantenimento della pace sono accoppiati solo nell’instaurazione di un rapporto stabile e duraturo con Gesù, in cui l’uomo viene cambiato a Sua immagine. La vera fede è personificata, essa è in collegamento diretto con il nostro rapporto col Figlio di Dio. Senza di Lui ci sono delle situazioni di pace temporanee, ma non la pace costante, profonda e interiore che resiste a qualsiasi scossa.
I cristiani devono procacciare la pace (Matteo 5:9), e offrire la pace di Dio agli uomini infuriati e spaventati dei nostri tempi. La dinamica della pace trasforma in modo incomprensibile la natura umana (Filippesi 4:7). La pace di Cristo si alimenta da una fonte diversa da quella della “pace” (tregua delle armi e indifferenza) di questo mondo.
I sostenitori biblici della pace non cominciano con piani di pace globali, ma concretizzano la pace vera (shalom) prima nella loro “tenda” (Giobbe 5:24) e nelle loro mura (Salmo 122:7). Chi ha superato tale prova qui e nel suo ambiente (posto di lavoro, amicizie), dopo breve tempo verrà riconosciuto e stimato come “persona di pace”. Si accetterà la sua testimonianza di fede, poiché corrisponde alla sua vita pratica.
“E la pace di Cristo, alla quale siete stati chiamati per essere un solo corpo, regni nei vostri cuori” (Cl. 3,15).
da: Chiesadiroma.it
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