La famiglia è una realtà atavica presente in tutte le culture. Dall’antropologia biblica fu istituita da Dio sin da principio, trovando espressione nella coppia: l’uomo e la donna (Gen. 1:26-28) che potevano simbolicamente godere della realtà paradisiaca. Con l’ingresso della trasgressione del frutto dell’albero della vita, le cose cambiarono; sofferenza e dolori (Gen. 3, 16-19). Di conseguenza anche la famiglia, lacerata dal disordine e dalla divisione (Gen. 4:8).
Nel tempo con lo sviluppo di una costante evoluzione scientifica, nonché socio-economica, il cambiamento è continuato comportando una grossa modifica nell’istituzione familiare “da principio non era così” (Mt. 19:8). Da principio antropologico la famiglia nasce a partire da marito e moglie: «Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne” (Gen.2:24). Emblematico, nel principio, il senso e il segno del distacco inteso come elemento di evoluzione e crescita, di individuazione e differenziazione per usare le parole care allo psicologo Carl Gustav Jung. In gergo più comune si tratta di tagliare il cordone ombelicale. Taglio che a sua volta diventa segno e simbolo di dolore e crescita. Spesso è proprio nell’incapacità dì staccarsi emotivamente e psicologicamente dalla famiglia d’origine che si alimentano quelle sintomatologie legate alle dipendenza affettiva con tutta la problematicità nella personalità. Disturbi di personalità dipendente, bordeline ecc…. che si annidano in simbiosi non risolte.
Ovviamente il distacco non è da confondere con l’allontanamento fisico ma inquadrabile nel cambiamento interiore da schemi appresi nel passato da figure significative (P. Riccardi, Ogni vita è una vocazione per un ritrovato benessere, ed. Cittadella Assisi, 2014). Un giorno Dio parlò ad Abram ordinandogli di lasciare la sua terra e di dirigersi nella terra indicata. Per questo passaggio ad Abram è promesso una numerosa discendenza (Gn 13,17); una benedizione, tramite lui, di tutti i popoli della Terra; un territorio per la sua discendenza. Nel passaggio del distacco vi è un notevole cambiamento espresso nella modifica del nome, da Abram ad Abramo che significa moltitudine, evoluzione, crescita. Con gli occhi della psicologia del profondo si nota una trasformazione dell’essere in positivo. Di questi giorni sui social e sui media la storia di Cecile Eledge, la donna di 61 anni che ha partorito, in vitro, madre surrogata, la figlia dal nome Uma Louise Dougherty Eledge per il figlio gay, convolato in nozze con il compagno. Il fatto che si nota è che la mamma è allo stesso momento nonna e madre della piccola. Non solo, è stata coinvolta la sorella del compagno del figlio di Cecile, Lea Yribe, che ha donato i suoi ovuli mentre Eledge lo sperma. In sostanza entrambe le famiglie allargate avrebbero contribuito al patrimonio genetico della piccola Uma. Non voglio addentrarmi in considerazioni di ordite teologico, bioetico e quant’altro di non mia competenza. Già i dibattiti sui social sono stati tanti dai positivi a i negativi, tra i fautori e gli oppositori. La mia è una semplice riflessione di ordine psicologica, con le competenze di uno psicologo e psicoterapeuta che guarda all’antropologia cristiana della crescita ed evoluzione. Sarà mai capace la famiglia in questione di attuare quei passaggi di distacco, di rotture da simbiosi verso quel processo evolutivo della crescita fatta di individuazione e differenziazione? Non si rischia di considerare la piccola come l’oggetto da condividere un po tutti. Non rischia la piccola essere destinata ad un ruolo che tenta di accontentare tutti, come la madre Cecilia, ha voluto accontentare il figlio nel partorirgli la piccola? Non rischia la piccola, in un contesto del genere il non sapere a chi appartiene, con chi identificarsi per raggiungere quello stadio di individuazione che ognuno di noi è chiamato a seguire? L’individuazione, si ricorda, è in generale il processo di formazione e di caratterizzazione dei singoli individui, e in particolare lo sviluppo dell’individuo psicologico come essere distinto dalla generalità, dalla psicologia collettiva. L’individuazione è quindi un processo di differenziazione che ha per meta lo sviluppo della personalità individuale.” (Jung, Tipi psicologici’ 1920). Ci si chiede, in ultima analisi se è vero dono come ha affermato la stessa madre: “Volevo farlo come un dono di una madre a suo figlio. Chissà quale segno di amore sarebbe stato l’adozione di un bambino orfano e/o abbandonato.
Pasquale Riccardi D’Alise | Notiziecristiane.com
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