La mamma con un occhio solo

images (3)Questa è la triste storia di una madre con un occhio solo. Con mille difficoltà per sopravvivere e con un grande amore per suo figlio, il suo unico figlio. Questa è anche la nostra storia.

Ero un ragazzo molto sfortunato. Da piccolo avevo perso il padre un un brutto incidente stradale, e mio padre, dalle foto, era proprio un uomo bello e forte. Avevo delle cicatrici non molto visibili, ma c’erano, e facevano male anche se lo notavo soltanto io. Eravamo poveri. Mia madre, per di più, puliva le classi della Scuola dove io frequentavo, e di pomeriggio cucinava al refettorio della vicina università. Ma, come se non bastasse, aveva un occhio soltanto. L’altro non esisteva, era cavato. Che impressione. Mi vergognavo terribilmente. Non sapevo cosa fare e come comportarmi. Vedevo i miei compagni, all’uscita, erano presi sempre da genitori allegri e belli. Io invece, per la vergogna, mi dovevo dileguare ad ogni costo e prendere mille scuse. Un giorno, come se non bastasse, mia madre entrò in classe dopo avere bussato e chiese al Docente di uscire un attimo dal Dirigente Scolastico per una comunicazione urgente. Approfittò di quel buco e mia madre osò salutarmi. Era contenta, e mi sbracciava la mano come se avesse fatto tredici vedendomi studiare. Mi venne di morire. Che brutta figura! I miei compagni mi cominciarono a dire che mia madre aveva un occhio soltanto, e che era molto buffa. Volevo sprofondare. Mi misi a capofitto a studiare: avrei vinto qualche borsa di studio e me ne sarei andato via da quella maledetta casa. Così avvenne. Passarono gli anni e fui in condizione di andare a studiare in una università molto rinomata. Potevo riscattarmi da quella squallida vita di miseria. Un giorno mi accorsi che le cicatrici che avevo addosso stavano quasi scomparendo, soprattutto quelle del viso. Beh! si vede che la fortuna sta adesso davvero voltando pagina. Finalmente, anche mio padre sarà orgoglioso di me. Studiai, mi impegnai a forza e divenni il primo della classe. GLi occhi mi facevano male per il troppo sforzo ma ce la feci. Mi laureai con il massimo dei voti, trovai un lavoro di dirigente e potei sposarmi con la donna più bella che avessi mai conosciuta. Ebbi due figli. Anzi, un figlio ed una figlia. Al bimbo misi lo stesso nome di suo nonno, Vincent, mentre alla piccola non mi andava proprio di mettere il nome di quella sciagurata di mia madre Maria. No, non se lo meritava. La chiamai Jennifer. Quando la piccola compì tre anni, sentii bussare alla porta, andai ad aprire e mi ritrovai dinanzi mia madre Maria. Con un sorriso sulla bocca, una borsa dismessa e, mentre stava per sillabare che era venuta per vedere i suoi nipoti, la interruppi bruscamente e le dissi che e ne doveva andare e che mi metteva in imbarazzo. Arrivò Jennifer, la quale mi vide sconvolto e mi volle abbracciare dicendomi che la signora aveva un cuore buono ma era buffa. A quelle parole la mamma continuando a sorridere disse candidamente che aveva sbagliato indirizzo e che si scusava dell’errore. Cominciarono giorni di lotta con mia moglie. Ella continuava a ripetermi che ero soltanto uno sciocco. E che avrei dovuto trovare mia madre. Io le ripetevo che secondo me era stata lei a provocare l’incidente di mio padre e il mio. Che la odiavo. Insomma, andammo avanti cosi fino a che non mi pervenne un telegramma da parte della Scuola dove mia madre lavorava che sosteneva di accorrere perchè lei non stava bene. Passarono due o tre giorni fino a che mi decisi ad andare. Appena arrivai trovai il Dirigente Scolastico che mi invitò a seguirlo e mi consegnò una lettera di mia madre. Quell’uomo, stringendomi le spalle mi disse: “Vedi mio caro, da alunno nostro non ho mai potuto dirti nulla su di te e sulla tua famiglia perchè tua madre lo ha sempre impedito. Gran donna quella Maria! Comunque adesso è giunto il momento che ti dica la verità su tuo padre: era un ubriacone e drogato, e per dar seguito ai suoi sporchi vizi aveva deciso un giorno di venderti. Ma un bruttissimo incidente stradale, provocato da lui stesso lo ha ucciso, per fortuna che tu ne sei uscito quasi illeso”. Cominciai a pinagere, volevo morire io a quel punto. Quanto avevo giudicato male mia madre che nonostante tutto si era prodigata per darmi il minimo indispensabile. Aprii la lettera tremando e cominciai a leggere:

 “Figlio mio, scusa se ti rubo questi pochi momenti del tuo tempo, ma non posso morire senza averti almeno salutato e detto che hai dei bellissimi figli. Li vedo ogni giorno attraverso l’occhio che ti ho donato quando nell’incidente lo avevi perso. Mio figlio doveva avere il massimo, a qualunque costo”.

Tua madre Maria

Gabriele Paolini – notiziecristiane.com / Accademia Jeshua Europa

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