La guerra “dimenticata” della Turchia contro i curdi nel Nord Iraq

Dai comunicati delle organizzazioni curde traspare tutta la preoccupazione per la sorte del popolo curdo nel Nord dell’Iraq (Bashur, Kurdistan del Sud) e a Shengal. Sotto il tallone di ferro dell’invasione turca con la partecipe collaborazione del PDK

L’8 luglio con un comunicato stampa il Congresso Nazionale del Kurdistan (KNK) ha nuovamente puntato l’indice contro il generalizzato silenzio stampa che avvolge la guerra e l’occupazione militare condotte dall’esercito turco nella Regione del Kurdistan dell’Iraq (KRI).

Per i curdi, il Bashur o Kurdistan del Sud.

Il 15 giugno scorso iniziava una nuova offensiva di Ankara in KRI mobilitando centinaia di blindati, carri armati e soldati. Installando basi militari, posti di blocco, controlli sulla popolazione curda e forzando gli abitanti di molti villaggi ad abbandonare le loro case. A causa dei bombardamenti scoppiavano centinaia di incendi con le autorità locali che sostanzialmente rifiutavano di intervenire per domarli.

Propedeutica a questa ennesima operazione militare nel Nord dell’Iraq, la visita in aprile di Recep Tayyip Erdoğan a Baghdad ed Erbil. Nel corso della quale evidentemente il presidente turco aveva ottenuto il via libera sia dal governo federale che dal KRG.

In cambio, si presume, di ulteriori concessioni in materia petrolifera, infrastrutture e acqua.

Da qualche giorno risulta essere aumentato ulteriormente l’afflusso di truppe e di veicolo blindati soprattutto verso le città – strategicamente rilevanti – di Duhok ed Erbil. Con la collaborazione – stando alla denuncia del KNK – del Partito Democratico del Kurdistan (il KPD che governa la regione autonoma). Il timore è che l’occupazione, passo dopo passo, possa diventare permanente e che la prosecuzione di azioni militari – una vera e propria escalation – produca danni irreversibili.

Oltre al prevedibile sfollamento di massa, anche un futuro conflitto regionale.

Nel totale disprezzo non solo dei diritti umani, ma anche del diritto internazionale.

Monitorate dai Community Peacemaker Teams (CPT, con sede negli USA) le operazioni militari turche avrebbero provocato “lo sfollamento di civili, la distruzione di terreni agricoli e il danneggiamento di infrastrutture civili, tra cui una scuola e un monastero cristiano”.

Stando a quanto riporta il CPT, nel 2024, tra gennaio e luglio, la Turchia ha condotto 1076 attacchi nel Kurdistan iracheno.

Sempre dal comunicato del KNK si apprende che anche negli ultimi giorni (il 5 luglio) si sono svolti combattimenti tra i guerriglieri del PKK e l’esercito turco (Türk Silahli Kuvvetleri -TSK). Soprattutto nel distretto di Amedi, a Duhok.

Attaccato con l’aviazione anche il villaggio di Guherzê, causando danni significativi.

Da non sottovalutare poi il fondato sospetto che Vedant Patel, portavoce del Dipartimento di Stato statunitense, abbia – se pur indirettamente – manifestato l’approvazione (o comunque l tacita accettazione) degli USA per l’occupazione turca del KRI.

Per l’osservatore politico Mucaşeh Tamimi (intervistato da Roj News) l’Iraq sarebbe sostanzialmente impotente di fronte alle operazioni coloniali della Turchia. Sia nel controllo della frontiera, sia – soprattutto – in quanto ricattabile da Ankara in materia di rifornimento idrico.

A rendere ancora più fosco il quadro, le denunce da parte dell’Unione Patriottica del Kurdistan (UPK) e dall’Unione delle Comunità del Kurdistan secondo cui la Turchia avrebbe arruolato miliziani di Al Nusra e di altri gruppi jihadisti per combattere nel Nord dell’Iraq.

In un altro comunicato, quello del Congresso delle Società Democratiche del Kurdistan in Europa (KCDK-E), viene lanciato un appello al popolo curdo per “mobilitarsi con manifestazioni di protesta contro gli attacchi e l’invasione dello Stato genocida turco contro il Kurdistan del Sud, Shengal e le zone della guerriglia”.

E prosegue affermando che “l’alleanza fascista AKP-MHP, non avendo ottenuto risultati con i suoi tentativi di annichilire totalmente il popolo curdo, insiste nel continuare la guerra per distruggerne tutte le conquiste”.

Inoltre: “lo Stato genocida turco sta portando la guerra ad un nuovo livello grazie al contributo delle forze collaborazioniste nella regione (in riferimento al PDK di Barzani nda)”.

Anche per KCDK-E sarebbe evidente “l’intenzione di Ankara di occupare definitivamente sia il Bashur (Kurdistan del Sud nda) che Shengal “. Su cui incombe – sempre secondo KCDK-E – il rischio di subire operazioni di pulizia etnica.

Tanto che ormai al popolo curdo vengono offerte soltanto due possibilità: “l’assimilazione o il genocidio”.

Gianni Sartori

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