La Forza di un Bacio

4178155129_bfe0f8857a_oEra una mattina grigia e triste, e io mi tro­vavo davanti alla porta di un ufficio di poli­zia che serviva anche da carcere provvisorio. C’erano anche altre persone con me, alcune accorse là per curiosità, altre perché avevano dei parenti. Mentre aspettavamo che qualcu­no uscisse dalla porta, ho sentito un rumore di passi avvicinarsi, poi delle voci sempre du­re; tra queste una voce sembrava farsi sem­pre più penetrante: era la voce di una giova­ne donna. La porta si aprì e vidi uno spetta­colo che non sarà mai cancellato dalla mia mente: una ragazza veniva spinta crudelmen­te da due agenti di polizia e seguita da altri due; due robusti poliziotti la tenevano per le braccia. I capelli della ragazza erano spetti­nati, gli abiti in disordine e macchiati di san­gue; la tempia destra era livida a causa dei col­pi ricevuti; l’altra era ferita e perdeva sangue. Lei si dimenava per poter liberare le braccia dalla stretta degli agenti. Le maledizioni e le bestemmie della gente rendevano la ragazza ancor più agitata e nervosa: scuoteva selvag­giamente la testa e si ribellava in tutti i modi, tanto che gli agenti riuscivano a trattenerla a fatica.

In tutto questo trambusto non sapevo che fare, pregare? Non c’era tempo! Cantare? As­surdo! Darle dei soldi? Non li avrebbe potuti prendere! Citare un versetto… ? Ma ad un trat­to, anche se non riuscivo a capire quale azio­ne avrei dovuto compiere, non mi sono nean­che soffermata a pensarci, un impulso irrefre­nabile e immediato mi fece avanzare rapida­mente e… la baciai sulla guancia.

Gli agenti stupiti del mio comportamento allentarono la loro presa sulla ragazza, e l’ho vista liberarsi le mani con tutta la sua forza e unirle, alzando gli occhi verso il cielo, men­tre il vento muoveva i suoi capelli in disordi­ne sul viso e gridare: «Dio mio!». Poi si guar­dò attorno con aria smarrita e gridò ancora verso il cielo: «Dio mio, chi mi ha dato il ba­cio? Nessuno mi ha mai dato un bacio da quando mia madre è morta». Nascondendosi il viso fra le mani e senza opporre alcuna rea­zione, si lasciò trascinare fino al cellulare che la portava via; ripeteva: «Chi mi ha dato un bacio?».

Qualche giorno dopo andai in carcere per cercare di vederla. La sorvegliante davanti alla porta mi disse: «Oh! Sí, noi l’abbiamo avuta già molte altre volte, quella poveretta, ma non c’è proprio niente da fare per lei: non fa altro che andare avanti e indietro nella sua cella, e ogni volta che mi vede mi chiede se so chi le ha dato un bacio». Io la pregai di lasciarmi entrare, insistendo: «Sa, sono la sua unica amica, mi lasci entrare, debbo parlarle!». Quando entrai, mi accorsi che si era pulita il viso, e dal suo volto pulito risaltava la gran­dezza e la profondità dei suoi begli occhi. Lei subito mi chiese: «Lei sa chi mi ha dato un bacio quando gli agenti mi hanno portato qui, l’altra mattina; qualcuno è sbucato dalla fol­la e mi ha baciata sulla guancia; lei sa chi è stato?».

Poi mi raccontò la sua storia. «Mia madre, era una donna vedova, di cui ero l’unica fi­glia, morì quando io avevo sette anni. Era molto povera, benché dì buona famiglia, e morì in uno scantinato, un posto scuro e te­tro. Pochi istanti prima di morire mi chiamò a sè, mi strinse il viso tra le sue mani e lo ba­ciò e disse: «Dio, abbi pietà di questa mia po­vera figlia, e quando io non ci sarò più riguar­darla e abbi cura di lei; da quel giorno nessu­no, dico nessuno, ha mai dato un bacio al mio viso!». Poi lei riprese: «Chi mi ha dato quel bacio?». Allora le parlai di Colui il cui nome è infinitamente più grande e più tenero della persona che le aveva dato il bacio: Colui che aveva portato i nostri peccati sulla croce al fine di poter stampare sulla nostra fronte il baciodel perdono. Io rivedo, ancora adesso, quel piccolo lago formato dalle lacrime di tutte e due. Anche lei ha trovato la luce, la gioia, il conforto, la guarigione, la salute… l’amore.

In seguito, prima di lasciare la prigione, i sorveglianti resero testimonianza del magni­fico cambiamento che era stato operato in lei. A motivo della grazia di Dio, divenne il mez­zo di salute spirituale per molti altri che era­no stati legati con catene molto più pesanti delle sue.

Eva Booth

Trad. Elisabetta Parisi

Eva Booth, vissuta intorno agli inizi del secolo, era fi­glia di William Booth, il fondatore dell’Esercito della Salvezza.

Ella ereditò dalla madre, donna di forte potenza e pro­fondo intendimento spirituale, l’interesse verso tutte quelle persone che, prese dalle spire del peccato, si sono mac­chiate dalle colpe più aberranti. La sua azione si è svolta nello stesso campo di quello della madre: i bassifondi e le prigioni di Londra. Per questo impegno alla madre è stato dato l’appellativo di «Angelo dei bassifondi e delle prigioni». Eva Booth ne è stata la degna seguace.

Red.

Tratto da Risveglio Pentecostale Dicembre 1985

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