La forza d’animo; tra resilienza e Fede

«Tutto ciò che non mi fa morire mi rende più forte»; con queste parole, il filosofo F. Nietzsche, con parole semplici indica una realtà dentro di noi: la forza d’animo; risorsa che ci permette di superare delusioni, sconfitte, tensioni e lutti lungo il cammino della nostra vita. La si può chiamare anche capacità di reagire, riferendosi a quell’insieme di risposte positive che ciascuno di noi mette in atto quando si trova a dover affrontare momenti e passaggi difficili o anche veri e propri traumi e che l’antropologia biblica evidenzia nelle parole di Davide: «Davide disse a Salomone suo figlio: «Sii forte, coraggio; mettiti al lavoro, non temere e non abbatterti, perché il Signore Dio, mio Dio, è con te. Non ti lascerà e non ti abbandonerà finché tu non abbia terminato tutto il lavoro per il tempio» (1 cronache 28,20). Con linguaggio scientifico psicologico definiamo la forza d’animo con il sostantivo «resilienza». Termine preso a prestito dalle scienze fisiche e meccaniche per descrivere e indicare le proprietà che hanno i materiali di resistere e di mantenere la propria struttura, originaria dopo essere stati pressati; In ambito psicologico il termine «viene utilizzato per indicare un tratto della personalità capace di mobilitare le risorse psicologiche di razione agli eventi difficili. In ambito medico può essere utilizzato per indicare l’azione del sistema immunitario con cui il nostro organismo risponde alle aggressioni dei batteri. Specificamente è nei momenti di difficoltà, che la resilienza deve agire il che non significa soltanto resistenza, ma esprime la voglia, la volontà di combattere, di non lasciarsi andare, di ricostruire di agire nonostante tutto. Si tratta a volte di attuare quell’atteggiamento nei riguardi della vita difficile che ci fa andare oltre ogni difficoltà. Lo psichiatra viennese, Viktor Frank, parla di valori di atteggiamenti indicando nella libertà dell’uomo proprio quest’atteggiamento di andare oltre ogni condizionamento biologico, psicologico o sociologico. Nessuna situazione della vita è realmente priva di significato. Ci sono persone che si abbattono alla minima difficoltà come ci sono persone che reagiscono a sfide importanti senza arrendersi mai. Tipico esempio è la vita di Giobbe, per la cui pazienza, nella sofferenza, vi è il famoso detto: “la pazienza di Giobbe”. La riflessione del profeta Giobbe è un illuminante monito a non arrendersi mai al destino avverso e reagire ai conflitti, alle sfide, alla fatica alla frustrazione proprio come Giobbe che nonostante affermi «Non ho tranquillità, non ho requie, non ho riposo e viene il tormento!» (Giobbe 3,26) non si abbatte né si arrende.

Oggi, nell’epoca del terzo millennio, della cultura dell’Io grandioso e narciso, questa capacità si è persa, pena il grande disagio esistenziale dove anche genitori più attenti fanno fatica ad insegnare ai figli a sopportare conflitti e frustrazioni. Una società dedita al piacere di apparire, al culto delle apparenze, al culto dei social ci spersonalizza dietro un Io appariscente e incerto (Riccardi P., Psicoterapia del cuore e Beatitudini. Ed. Cittadella Assisi, 2018). L’uomo contemporaneo, inserito nella società di massa, del consumo e dell’apparire si è appiattito in una superficialità esistenziale vivendo una confusione malata, tra apparire ed essere. Tipica della tesi dello psicoanalista Erich Fromm riportata nel suo capolavoro Avere o essere? (1976). L’Avere è la dimensione del desiderio, dell’accumulo, oggi diremmo dell’apparire, del mostrare il proprio corpo come oggetto di desiderio. Ne sono da esempio le tante patologiche relazioni di dipendenza sessuale (in inglese sex addiction) è un disturbo psicologico e comportamentale nel quale il soggetto sperimenta una necessità patologica ossessiva di avere rapporti sessuali o comunque di pensare al sesso, e ha quindi una dipendenza dall’attività sessuale (analoga a quella che si può avere per un qualsiasi tipo di droga). Dagli scambisti al feticismo la lista è lunga. Allo stesso modo della dipendenza affettiva per la quale non si vive se non nella presenza costante dell’altro. Sta di fatto che queste modalità sono fughe dalla frustrazione.

L’uomo è chiamato, per vocazione, a rispondere alle sfide della vita (Riccardi P., Ogni vita è una vocazione. Per un ritrovato ben-essere. Ed. Cittadella Assisi, 2014). Sebbene in ogni azione dell’uomo si contemplano processi interni cognitivi, emotivi, esistenziali (resilienza) questi difficilmente si attuano se non si attiva la così detta “forza d’animo” che è qualcosa in più dei soli processi interni. Se la resilienza deriva da aspetti mentali ed emotivi, la forza d’animo necessita di un qualcosa in più che fa la differenza: la dimensione della spiritualità. Non si può reagisce ad un conflitto, alla frustrazione ad una situazione difficile con il solo aiuto delle capacità fisiche e psicologiche vi è bisogno di avere una fede, una certezza, una fiducia per potere reagire. Ed è per questo che il salmista (17) afferma: Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore; mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo; mio scudo e baluardo, mia potente salvezza. 4 Invoco il Signore, degno di lode, e sarò salvato dai miei nemici. 5 Mi circondavano flutti di morte, mi travolgevano torrenti impetuosi; 6 già mi avvolgevano i lacci degli inferi, già mi stringevano agguati mortali. 7 Nel mio affanno invocai il Signore, nell’angoscia gridai al mio Dio: dal suo tempio ascoltò la mia voce, al suo orecchio pervenne il mio grido.

La forza d’animo è nella natura di ogni essere, è in potenzia e se non agisce forse dobbiamo rieducarci a scoprirla in noi stessi, a incoraggiarla negli altri, a coltivarla nelle famiglie. “Tutto posso in Colui che mi dà forza” (Fil 4,13). La fede, la fiducia diventa una sorta di «psicologia preventiva» che mira a rendere consapevole l’individuo dei propri «tratti resilienti», «della propria forza d’animo» per la convinzione che per ogni difficoltà si possa scorgere il senso e il significato: «Egli dà forza allo stanco, e accresce vigore a colui ch’è spossato» (Isaia 40,29).

Sapere che ognuno, per grazia di Dio, possiede in se la forza d’animo, la resilienza, e sapere che la fede ne accresce la potenzia consente di risollevarsi e di riprendere il cammino da dove si era interrotto; dal conflitto, dalla crisi, dalla frustrazione.  «Quelli che sperano nell’Eterno acquistano nuove forze, s’alzano a volo come aquile; corrono e non si stancano, camminano e non s’affaticano» (Isaia 40:31)

Se la resilienza, in quanto processo interiore psicologico, ci aiuta a non abbatterci più del necessario, la forza d’animo che ne deriva dalla fede stimola l’azione a reagire. Se la resilienza, in quanto aspetto psicologico, la possiamo fortificare attraverso un senso forte di identità, che deriva da solidi legami affettivi. Per accrescere la forza d’animo c’è bisogna di sapere per cosa lottare e credere. Gesù e l’emorroissa, di evangelica memoria ne è l’emblema: «Ora una donna, che da dodici anni soffriva di emorragia, gli si accostò di dietro e toccò la frangia del suo mantello. Diceva tra sé: Se riesco anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata. Gesù si volse e vedendola disse: Coraggio, figlia mia! La tua fede ti ha salvata. E da quell’istante la donna fu salvata» (Matteo 9,20-22). La protagonista è una povera donna, esclusa e umiliata per la sua condizione fisica, al punto di non osare apparire in pubblico. La sua emorragia cronica, secondo le prescrizioni religiose del tempo, la rende impura, ma lei crede e lotta tra la folla per toccare Gesù. (Riccardi P., Parole che trasformano, psicoterapia dal vangelo. Ed. Cittadella Assisi 2016).

Il credere, avere fede ci aiuta ad orientarsi verso un’azione salvifica, verso un cambiamento, una reazione e a non restare ripiegati su se stessi prestando troppa attenzione ai propri stati emotivi. Come il caso del paralitico di Betsaida che chiede a Gesù, dopo essere stato passivo per 30 anni di essere aiutato «C’era là un uomo infermo da trentotto anni. 6 Gesù, vedendolo disteso e sapendo che si trovava in quello stato da molto tempo, gli disse: «Vuoi essere guarito?». L’infermo gli rispose: «Signore, io non ho nessuno che mi metta nella piscina quando l’acqua è agitata, e, mentre io vado, un altro vi scende prima di me». Gesù gli disse: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina» (Giovanni. 5, 1-15)

Molti si chiedono se la resilienza e la forza d’animo siano connaturate alla natura umana o si sviluppano. Personalmente, da psicoterapeuta, amo pensare che possiamo accrescere la resilienza, ma da cristiano credo che per grazia di Dio abbiamo ricevuta il dono della forza d’animo. Per concludere mi piace citare San Paolo alla seconda lettera a Timoteo: “Dio infatti ci ha dato uno spirito non di timidezza, ma di forza, d’amore e di autocontrollo” (2 Timoteo 1,7).

Sta od ognuno sapere se crede nelle parole di Paolo.

Pasquale Riccardi D’Alise | Notiziecristiane.com


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