Una fondatrice delle Femen si converte e chiede scusa ai cristiani.
Tutti conoscono le Femen, il commando di femministe protagonista di attacchi e spettacoli volgari, il cui unico risultato finora è stato confermare, purtroppo, il pregiudizio di chi sostiene che le donne, non riuscendo a catturare l’attenzione con i loro ragionamenti, possano soltanto spogliarsi. Per questo sono osteggiate da altrettante donne, che di loro si vergognano e rifiutano di riconoscerle come portavoce.
Si è scoperto inoltre che femministe radicali sono comandate da un uomo, Viktor Svyatskiy, una sorta di padre-padrone di cui sono schiave, e le loro azioni sono studiate e ben finanziate, non certo mosse da grandi ideali.
L’odio delle Femen è particolarmente rivolto ai cristiani, proprio per questo colpisce ancora di più che la fondatrice delle Femen brasiliane, Sara Fernanda Giromini -conosciuta con lo pseudonimo di Sara Winter (nella foto sopra)-, oggi si sia convertita. Non tanto dal punto di vista religioso, di questo non parla, ma certamente dal punto di vista umano e morale. Madre di una bambina, si è allontanata dalle sue amiche fasciste arrivando a combattere il femminismo e l’aborto.
Ha pubblicato il libro “Vadia Não!”, in cui, come si legge su Zenit.it, descrive gli abusi a cui è stata sottoposta e le delusioni che ha sofferto durante la militanza femminista. «Mi sono pentita di aver avuto un aborto e oggi chiedo perdono», ha detto.«Ieri è stato un mese dalla nascita del mio bambino e da quel giorno la mia vita ha assunto un nuovo significato. Sto scrivendo questo mentre lui dorme serenamente sopra la mia pancia. È la più grande sensazione del mondo». «Per favore», ha proseguito, «donne che cercate disperatamente di abortire, riflettete attentamente su di esso. Mi è dispiaciuto molto ciò che ho fatto. Non voglio accada lo stesso a voi». Chi ha visto l’inferno è il più credibile manifesto dissuasivo.
Fin da quando ha portato il movimento Femen in Brasile ha ricordato di aver avuto la sensazione di commettere uno sbaglio. In particolare, racconta, quando si fece protagonista nel 2014, insieme a un’altra militante, di una campagna a favore dell’omosessualismo: le due donne vennero immortalate mentre, seminude, si baciavano con una croce di sfondo, nei pressi della Basilica di Nostra Signora della Candelaria, a Rio de Janeiro. La foto diventò un’icona del disprezzo omosessuale nei confronti del cristianesimo. «La richiesta di perdono non è certo facile da compiere: chiedo scusa ai cristiani per questa protesta femminista. Siamo andati troppo oltre e abbiamo finito per offendere molte persone religiose e non».
La giovane ha definito il femminismo come una “setta”, che usa le donne come oggetti, promuove l’omosessualità e persino copre la pedofilia. «Per la setta femminista le donne non sono l’ispirazione, bensì la ‘materia prima’ nel senso peggiore del termine. Sono oggetti utili allo scopo di infiammare l’odio contro la religione cristiana, l’odio contro gli uomini, l’odio contro la bellezza delle donne, l’odio contro l’equilibrio delle famiglie. Questo è ciò che il femminismo è, posso garantirlo che è così perché io ci sono stata dentro. Il movimento femminista è una copertura per i pedofili», accennando ad ambienti promiscui in cui le minori vengono inserite in modo coercitivo.
Sara rivela di essere stata costretta ad assumere comportamenti bisessuali per ricevere più rispetto all’interno del movimento: «Le donne lesbiche e bisessuali avevano molta più voce, dunque ogni giorno che passava destrutturavo la mia eterosessualità sostituendola con una bisessualità artificiale», allo stesso modo è stata indotta a fare uso di droghe, ad avere rapporti sessuali con sconosciuti e a prostituirsi, è stata anche molestata da un’altra donna in nome della lotta all’uguaglianza di genere.
La svolta nel suo percorso – dice lei stessa – è avvenuta quando per caso, o forse no, ha incontrato un “conservatore” e “antifemminista”, che ha iniziato a darle quell’affetto disinteressato che nessuna sua “compagna di lotta” le aveva mai offerto. Grazie a questo incontro ha intrapreso un nuovo cammino. La Giromini sta donando oggi una percentuale dei guadagni del suo libro a organizzazioni che si battono in favore della vita, sta inoltre tenendo conferenze in giro per il Brasile per denunciare le piaghe del femminismo, del gender e del marxismo culturale insieme alla psicologa e scrittrice brasiliana Marisa Lobo.
«Ho lasciato quel movimento di cui per quattro anni sono stata uno dei principali simboli in Brasile, e nessuno può dire il contrario!», ha detto. «Il risultato? Oggi sono molto più felice e sono in grado di aiutare le donne».
da: Losai.eu
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