La felicità è gratis per tutti

I “soldi non fanno la felicità”, “la felicità non la si compra”, la “felicità dipende da te” con queste frasi, dette e stradette si intende una verità non sempre comprensibile nella sua profondità e sempre più persone manifestano segni di infelicità.  Per comprendere il processo dell’essere felici non si può non fare riferimento all’impulso al “piacere” che affonda i suoi principi nella filosofia della cultura Greca del 400 a.C., con la corrente dell’Edonismo, cioè del piacere (edonè) come fine ultimo dell’uomo. Né si può considerare la società attuale che gira intorno a questo principio. Da dati scientificamente provati, con l’ausilio di questionari sondaggio, si è rilevato che l’uomo moderno pur desiderando la felicità si interessa di conseguire il “piacere” confondendolo con felicità. La felicità è un processo, è una meta, è un tendere continuo, non privo di conflittualità, verso uno stato interiore migliore al proprio momento di vita (Riccardi P. 2013). Per cui la ricerca della felicità nasce proprio nel momento in cui nella vita le cose, per noi, non vanno come dovrebbero andare o quanto meno non siamo soddisfatti. E’ in questi momenti che ci si interroga e si fa un bilancio della propria vita tipico dell’ultimo dell’anno. Al capodanno ognuno cerca di fare un bilancio della propria vita con dei buoni propositi ma poi il lasciarsi andare al corso dei festeggiamenti fa perdere di vista il proprio bilancio. Il processo della felicità implica uno stato di cambiamento, si desidera la felicità ma senza cambiare niente del proprio stato. Un paradosso espresso bene nella richiesta del giovane ricco a Gesù: “Un tale si avvicinò a Gesù e gli disse: «Maestro, che devo fare di buono per avere la vita eterna?» Gesù gli rispose: «Perché m’interroghi intorno a ciò che è buono? Uno solo è il buono. Ma se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti».  «Quali?» gli chiese. E Gesù rispose: «Questi: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso.  Onora tuo padre e tua madre, e ama il tuo prossimo come te stesso».  E il giovane a lui: «Tutte queste cose le ho osservate; che mi manca ancora?»  Gesù gli disse: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai e dàllo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguimi».  Ma il giovane, udita questa parola, se ne andò rattristato, perché aveva molti beni (Mt, 19, 16-22).

Il giovane, evidentemente, nel suo errato modo di pensare vuole cambiare perché è sostanzialmente insoddisfatto della sua vita ma vuole contemporaneamente il “piacere”, assicurato dagli averi dei beni. Nella vita non si può avere tutto, non si può servire al signore e a mammone. Gesù disse: «Nessuno può servire due padroni: o si odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire a Dio e a mammone» (Mt 6, 24). Mammone non è il solo denaro, nel significato originario è il possesso che conduce al piacere e che esercita, quest’ultimo, una forza di attrazione incredibile. Possiamo dire che il vero padrone dell’uomo è l’impulso a “desiderare” il piacere. La Bibbia chiama idolo, demonio, mammona questo surrogato che ci inganna e ci fa tradire i grandi valori della vita; l’amore, il bene, i valori e i principi. Il piacere non produce la felicità, sebbene possa ingannarci in un momentaneo stato di appagamento interiore confondendolo con la felicità.  Ma cos’è il piacere e quale funzione ha per l’organismo” E’ una sensazioni attivata da meccanismi di rilascio della dopamina, un neurotrasmettitore conosciuto come ormone dell’euforia, in quanto legato alla sfera del “piacere” e al meccanismo della “ricompensa”. Tutto ciò che ci dà piacere, dal comportamento al cibo, al sesso, alla musica, dal consumo di sostanze stupefacenti alle dipendenze più varie è in grado di suscitare una “sensazione” di appagamento e di gratificazione, aumentano i livelli di dopamina. Molta della ricerca sugli psicofarmaci si è soffermata sul grado di agire sui neurotrasmettitori della serotonina, noradrenalina e dopamina. Negli anni 90 ha si è affermato il “prozac” quale farmaco, soprannominato “pillola della felicità”. È vero che la terapia farmacologica antidepressiva trova riscontro nelle patologie ad esse collegate. Deve però competere con l’anima dell’uomo, perché la da sola non basta in quanto la felicità parte dal “modo di essere” non dal processo biologico. Personalmente credo che nessun preparato farmacologico possa arrivare all’anima (P. Riccardi 2015).

Lo stimolo del piacere può essere attivato da stimoli esterni, come sostanze psicoattive e oggetti, e da stimoli interni in relazione all’esterno come la famiglia, una casa, il piacere di essere ammirati, il piacere di essere ricchi, il piacere di vivere un rapporto di coppia e via dicendo. Queste sono sicuramente “esperienze” gradevoli, ma non sono la felicità né la garantiscono poiché al termine dell’esperienza subentra la malinconia. E’ come quando si è in vacanza e si sta da “favola” ma al rientro si cade in una malinconia. Così come il giovane ricco per il piacere di avere i suoi beni se ne va rattristato. Eppure lo psicoanalista S. Freud  ci ha istruiti sulla differenza tra il Principio di Piacere e Principio di Realtà, affermando che tutte le scelte della psiche sono dettate dal principio del piacere, ma tale desiderio si scontra quasi sempre con la realtà, ovvero con le costrizioni morali e le tradizioni sociali ostili al pieno soddisfacimento del piacere(opere vol 9; e 2007) .  Le molte trasgressioni, il sesso smoderato, il narcisismo imperante, l’egoismo non sono altro che un piacere che prende il sopravvento sulla realtà. Allora mentre il principio di piacere cerca la soddisfazione immediata di un bisogno, in modo completamente irrazionale, il principio di realtà contrasta con la razionalità. Facciamo un esempio, se un diabetico è dominato, per vie organiche al piacere del dolce, la realtà del suo stato diabetico lo fa trattenere e contenere dal mangiare il dolce. Se un partner innamorato può pensare di tradire, la realtà del suo stato di amore lo fa trattenere dal tradire. Il piacere non ha mai fine, fa parte della nostra biologia, spinge internamente ed impulsivamente ad agire ma la realtà dei valori, delle norme, dei principi mette i confini affinando la coscienza a discriminare tra l’esperienza del piacere e il processo dell’essere felice. Oggi utilizziamo le cose e le persone, gli oggetti e le relazioni non per coscienziosa esperienza interiore ma solo per provare il picco dell’esperienza del piacere ed ecco che si propone una incontrastata verità più ci si abbandona al piacere fine a se stesso più l’uomo si sente infelice e insoddisfatto poiché il piacer non ha mai fine.

Nell’ultimo secolo la maggior parte degli studiosi della psiche e delle malattie mentali ha affermato che i nostri problemi non riguardano “traumi del passato” o disturbi biologici nella trasmissione dei neurotrasmettitori, ma di una “visione distorta della vita”.  Negli anni 50 il fautore di questa considerazione è stato lo psichiatra viennese Viktor Emil Frankl (1977) che ha affermato che la vita felice è basata sulla ricerca di un significato.

In fondo, non avrebbe senso sottoporsi a una psicoterapia, leggere un libro o prendere degli antidepressivi se poi non possiamo cambiare la visione della vita per darle un nuovo significato. La nostra felicità è condizionata dal modo in cui concepiamo la vita.  Se abbiamo come postulato che la vita è sudore e sacrificio, è inganno e sottomissione, è senso di potere è il possesso allora la fa da padrone il piacere, se invece consideriamo la vita senza affanni e ci lasciamo alla legge della natura, la vita appare felice, indipendentemente da quello che siamo e abbiamo ed ecco che le parole di Gesù:

«Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,25-33),

Suonano come una moderna psicoterapia per l’uomo di oggi perso nella sfiducia di una mancanza di fede e che crede di trovare la felicità facendo centinaia di chilometri in posti più vari, dai santuari a pellegrinaggi più vari omettendo che Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi” come ha affermato Marcel Proust. Parafrasando, possiamo affermare che la felicità non consiste nel cercare piacere fine a stesso, ma vedere la vita con piacere.

Bibliografia

Frankl V.E., Alla ricerca di un significato della vita, Ed Mursia Milano (1977)

Freud S., Al di là del principio di piacere (1920), in Opere di Sigmund Freud (OSF) vol. 9 Ed Boringhieri, Torino

Al di là del principio del piacere.  Ed Mondadori Bruno, Mi, 2007

Riccardi P., Ogni vita è una vocazione, per un ritrovato bene-essere. Ed Cittadella, Assisi 2013

Riccardi P., Parole che trasformano; psicoterapia dal Vangelo. Ed Cittadella, Assisi 2015

Di Pasquale Riccardi | Notiziecristiane.com

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