La famiglia, una realtà presente in tutte le culture, fu istituita da Dio sin da principio. Egli dopo aver creato ogni cosa creò l’uomo e la donna, generando così la prima famiglia (Gen. 1:26-28). L’ingresso del peccato nel mondo, però, sconvolse la vita dell’uomo e della donna e le cose cambiarono anche per la famiglia, lacerata dal disordine e dalla divisione (Gen. 4:8). Nel tempo l’inarrestabile dilagare della corruzione ha determinato uno sviluppo dell’istituzione familiare in direzione diametralmente opposta rispetto all’originario disegno divino, ma “da principio non era così” (Matt. 19:8). Per costruire la propria famiglia i credenti devono trarre insegnamento soltanto dalla Parola di Dio, che sebbene non sia un trattato di sociologia della famiglia contiene ammaestramenti fondamentali per la formazione di una famiglia nella volontà di Dio. Oggi è quanto mai necessario esortare le famiglie genuinamente cristiane a non seguire i principi mutevoli della società, a non conformarsi a questo mondo, ma a conoscere “la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà” (Rom. 12:2). Certo essa va contro le attuali tendenze, e per questo molti tralasciano l’insegnamento divino giustificandosi che la Bibbia è stata scritta per altri tempi, ma tra questi non vi sono i veri credenti.
Quando nasce una famiglia?
La famiglia, nel suo nucleo principale, è costituita da marito e moglie, e nasce quindi con il matrimonio: «Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne” (Gen.2:24)
Il distacco Innanzi tutto, per creare un nuovo nucleo familiare occorre staccarsi dal vecchio, tagliare il cordone ombelicale: “L’uomo lascerà suo padre e sua madre…”. Nel regno animale la «legge del distacco” è applicata naturalmente, senza problemi. mentre non è così per gli uomini. Spesso, infatti, l’incapacità dì staccarsi emotivamente e psicologicamente dalla famiglia d’origine è causa di problemi in una coppia, tali da portare anche alla separazione della coppia stessa. Con un gioco di parole si potrebbe affermare che per non separarsi “come coppia”, occorre separarsi “dai genitori”. Ovviamente il distacco del quale si sta parlando è emotivo e psicologico, non la rottura di qualsiasi legame con la famiglia d’origine. La separazione non va intesa in termini geografici, sebbene in certi casi anche questa sia un’eventualità da prendere in considerazione. Lasciare i propri genitori significa soprattutto sostituire al rapporto genitori-figli il rapporto marito-moglie. Dopo il matrimonio, infatti, marito e moglie non sono più dipendenti dai genitori perché hanno la responsabilità di guidare e proteggere il nuovo nucleo familiare da loro formato. Questo non significa rifiutare qualsiasi consiglio o contatto con i genitori, ma avere una maggiore libertà di decisione e azione. I genitori, dunque, devono prestare attenzione e non imporre ai figli, una volta sposati, il proprio pensiero o modo di vivere. Qualcuno potrebbe osservare: “Ma come si può conciliare quanto è stato detto con il comandamento che dice di onorare padre e madre”? In realtà non c’è incongruenza, perché più la nuova coppia riuscirà a trovare una sua identità e ad assumersi le proprie responsabilità, meglio onorerà i genitori. Non lo farà perché sente di dipendere ancora da loro, o addirittura per timore di non riceverne l’eredità (sic), ma come un atto d’amore deliberato e consapevole. La presenza di un genitore anziano in casa con il figlio sposato sarà meno problematica se la nuova coppia avrà saputo affermare la propria indipendenza. In una coppia unita e responsabile un genitore bisognoso potrà aggiungersi tranquillamente al nuovo nucleo familiare, giacché il pericolo che finisca per intromettersi nelle decisioni della coppia, creando inevitabili tensioni, è ridotto al minimo.
L’unione Dopo il distacco c’è l’unione; «…e si unirà a sua moglie”. È impossibile realizzare una solida unione senza aver realizzato un vero distacco. La nuova famiglia dovrà affrontare subito un capitolo importante, quello dell’integrazione dei loro “mondi”. Lasciare la famiglia d’origine significa costruire un nuovo nucleo familiare con abitudini e regole scelte dalla coppia e adatte alla nuova realtà. Per prevenire pericolose tensioni è bene che la coppia s’impegni, sin dall’inizio, a non cercare di conformare il matrimonio soltanto al proprio mondo di provenienza. Certo non si può, né si deve, evitare di attingere dal proprio mondo, ma è bene imparare a tener conto dell’altro, a confrontarsi con il coniuge e il suo mondo. Tuttavia, non è facile valutare in modo oggettivo il mondo dal quale si proviene, perché in molti casi si tende ad idealizzarlo, però è uno sforzo che sarà ampiamente ricompensato. Questa nuova unione deve essere resa pubblica. Ogni società, anche la più primitiva, ha una sua cerimonia nuziale, che varierà da società a società ma è sempre presente, ed è pubblica. Il matrimonio celebrato pubblicamente non è una mera tradizione ma ha una funzione sociale, quella di rendere nota alla società l’unione di un uomo e una donna che hanno deciso di formare una nuova famiglia. Gesù stesso non disdegnò di partecipare ad una cerimonia di nozze (Giov. 2:1-11). Purtroppo oggi la prassi di “convivere” senza matrimonio è sempre più diffusa. Secondo la Scrittura però essa non dà diritto a chiamare famiglia quel nucleo così formato. «L’Unione deve essere ratificata con un atto pubblico tramite il quale Dio, la società e, nel caso dei credenti, la chiesa, saranno portati a conoscenza del fatto che quell’uomo e quella donna hanno scelto di vivere insieme il resto della loro vita. A tal proposito è interessante leggere Mal. 2:14. La finalità del matrimonio è espressa con la frase… e saranno una stessa carne”. il vero fine del matrimonio è dunque la fusione indissolubile di due in uno. Dio intende questo legame in maniera talmente forte da usarlo come modello per esemplificare l’unione tra Cristo e la chiesa (Ef. 5:25-32).
notiziecristiane.com
Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook