Per la prima volta Kim Jong-un ha testato un missile intercontinentale con probabile successo, ma la tecnologia non è ancora sufficiente per colpire gli Usa e l’obiettivo del regime è la deterrenza.
Per la prima volta la Corea del Nord ha sperimentato con successo il lancio di un missile intercontinentale (Icbm) che, secondo le dichiarazioni del regime comunista, sarebbe in grado di raggiungere gli Stati Uniti. L’ennesimo test condotto in violazione delle risoluzioni Onu ha allarmato tutto il mondo ma parlare di guerra imminente è prematuro, se si considera qual è il vero scopo del programma nucleare e missilistico nordcoreano.
TEST MISSILISTICI. Dall’inizio dell’anno Pyongyang ha condotto 14 test missilistici, un dato che non si discosta molto dai 24 lanci del 2016. Fino ad oggi, Kim Jong-un aveva dimostrato di essere in grado di colpire il Giappone, la Corea del Sud e basi americane nel Pacifico come quella di Iwakuni in Giappone, dove risiedono circa 10 mila soldati americani, o quella di Guam grazie al missile balistico a medio raggio (Hwasong 12) testato per la prima volta il 14 maggio.
ALASKA VULNERABILE. Il test di martedì 4 luglio, che ha visto il lancio di un Hwasong 14, il primo del genere, potrebbe permettere invece a Kim di colpire l’Alaska o le Hawaii. Ma non è così semplice. Come affermano i più grandi esperti sull’arsenale nordcoreano, come il tedesco Markus Schiller, prima di potere davvero usare questo missile per un attacco con la certezza di un successo «servirebbero almeno un’altra dozzina di lanci e una decina d’anni». Pyongyang infatti, aggiunge parlando all’Associated Press, non può certo rischiare che un missile sul quale dovrebbe essere montata una testata nucleare possa esplodere alla partenza. Altri esperti, però, parlano invece di un paio d’anni appena.
DUBBI E PROBLEMI. Anche la capacità di miniaturizzare una testata nucleare – Pyongyang ne ha all’incirca una ventina – non è ancora una tecnologia nelle disponibilità del regime e servirà tempo per svilupparla. Infine, non è ancora chiaro quale distanza potrebbe raggiungere il Hwasong 14: se un Icbm normalmente percorre almeno 5.500 km di distanza, bisogna considerare che l’Alaska dista 5.700 km dalla Corea del Nord, le Hawaii 7.500, mentre le principali città americane dagli 8.000 ai 12.000 km. Non è scontato che il missile nordcoreano possa raggiungere una simile distanza.
NUCLEARE COME DETERRENTE. Se è vero dunque che l’arsenale della Corea del Nord è sempre più pericoloso, non è ancora tale da minacciare direttamente il suolo americano. E soprattutto, intimidazioni apocalittiche a parte, il regime ha sempre concepito il suo programma missilistico e nucleare come fondamentale per la sopravvivenza. Già il padre fondatore della patria Kim Il-sung, nonno dell’attuale Jong-un, aveva capito che per sopravvivere al potere aveva bisogno di due cose: 1) missili a corto, medio e lungo raggio per tenere sotto tiro Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti; 2) testate nucleari che facessero da deterrente a un’eventuale invasione.
RESTARE AL POTERE. La ragion d’essere dei missili e delle atomiche è più difensiva che offensiva: serve a garantire, seguendo lo stesso ragionamento che dominava durante la Guerra Fredda, che Stati Uniti e altri avversari non compiano mai un attacco preventivo per timore delle conseguenze. Con questo non si vuole negare che Kim sogni ancora di riunire in futuro la Corea sotto l’egida comunista, ma solo sottolineare che il governo nordcoreano sa benissimo che non potrebbe sopravvivere dopo avere attaccato gli Stati Uniti o i suoi alleati nel Pacifico. Ecco perché è altamente improbabile che sia Kim a provocare una guerra attaccando per primo: il suo obiettivo nel breve e medio periodo è mantenere il potere, non suicidarsi.
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