La Conversione: L’irruzione di Cristo nell’uomo che crede

Luca 7:36-50

“Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino” è il titolo di una famosa favola romanzata che ha divertito generazioni di grandi e piccoli e ha ispirato numerosi opere cinematografiche e teatrali. Redatta dallo scrittore toscano Carlo Lorenzini (1826-1890), comunemente conosciuto come il Collodi, alla fine del XIX secolo, essa narra la storia di un burattino umanizzato che ama l’ozio, disonora il padre e si nasconde dietro a facili bugie. Dopo numerose monellerie e avventure Pinocchio si redime ed è trasformato in un ragazzo in carne e ossa. Egli, contemplando il suo vecchio involucro ligneo, si rallegra di essere diventato un ragazzino perbene. Si può dire che la favola, redatta con intenti pedagogici, ha in sé alcuni spunti tematici che, presi con molta cautela, potrebbero illustrare il tema cristiano della conversione o della nuova nascita.

Tra i numerosi episodi di conversione evangelica vogliamo proporre uno tra i più commoventi e i più incisivi. Stiamo parlando di quello della peccatrice perdonata narrato da Luca 7: 36-50. Il fatto accadde durante il ministerio di Cristo in Galilea, forse a Capernaum. Luca lo inserisce magistralmente tra il testo in cui Gesù viene accusato di essere amico dei pubblicani e dei peccatori e di essere un beone (cfr. Lc 7:31-35) e quello riguardante la sua missione itinerante aiutato non soltanto dai suoi più intimi collaboratori ma anche da alcune donne, cosa abbastanza anomala per un rabbino, il quale in genere si circondava soltanto di discepoli, mentre Gesù, inserendo fra i suoi seguaci anche donne, pone una pietra miliare per quanto riguarda il processo di emancipazione della donna nell’antica società medio-orientale (Cfr. Lc. 8:1-3) Luca narra in questo testo l’incontro di Gesù con una donna di malaffare, una prostituta per intenderci, in casa di un Fariseo di nome Simone, il quale aveva invitato Gesù ad un banchetto per capire meglio quello che si diceva intorno a Gesù: Simone ospita Gesù più con intento malevolo (sospetta di lui) che con cuore onesto. Ciò è facilmente riscontrabile nella freddezza con cui accoglie Gesù, contravvenendo alle più elementari regole dell’ospitalità: il lavacro dei piedi (Cfr. Gen. 18:4; Giudici 19:21), il bacio di benvenuto (Cfr. Gen. 29:13; 45:15), l’unzione del capo (Cfr. Salmo 23:5; 141:5)

Il Fariseo rimane scandalizzato nel vedere Gesù toccato da una donna e, particolarmente, da una prostituta. E’ Gesù che in realtà esprime giudizi definitivi. Il giudizio del Fariseo è dettato più da pregiudizi di ordine religioso-cultuale che da considerazioni teologicamente validi. La donna compie soltanto delle azioni, le quali azioni sono più eloquenti di numerose parole dette. Cosa fa la donna da suscitare l’ammirazione del nostro Signore e lo sdegno del Fariseo? Ella, recando con sé un vaso di alabastro pieno di olio profumato (la parola alabastro indicava un contenitore per profumi. Era privo di manici ed era molto costoso. Il profumo aveva l’aspetto dell’olio ed era comunemente usato in occasione di feste), si rannicchiò ai piedi di Gesù, di dietro, piangendo, li irrigò di lacrime e li asciugò con i suoi capelli, li baciò e li cosparse di olio profumato. Prima di definire l’azione commovente della donna e il dialogo di Gesù con Simone il Fariseo è doveroso sapere che in Oriente un pranzo simile a quello al quale partecipava Gesù non era un fatto privato: vicini, mercanti, ambulanti, mendicanti, o curiosi erano liberi di entrare in casa e di chiacchierare con il padrone di casa o suoi invitati: in un paese caldo come la Palestina la mensa è allestita all’aria aperta, all’ombra di un pergolato. Ciò poteva dare adito a facili intrusioni, che sono contrarie ai nostri costumi europei. La donna aveva la possibilità di avvicinarsi senza difficoltà ai piedi di Gesù(nei conviti i Giudei usavano dei letti detti triclini. I convitati stavano coricati appoggiando il corpo sul braccio sinistro ripiegato al gomito, prendendo il cibo con l’altra mano. I piedi stavano discostati dalla tavola). Qual è il significato spirituale e morale degli atti d’amore compiuti dalla donna disprezzata dal Fariseo e amata da Gesù? E’ probabile che la donna aveva già conosciuto Gesù in qualche giornata di predicazione e lì avrebbe avuto un primo ripensamento. Comunque sia, la donna mostra una chiara e inequivocabile compunzione del cuore. Alla vista di Gesù si lascia andare in un lago di lacrime, irrefrenabili, un pianto di dolore e di gioia ad un tempo: di dolore per aver compreso, incontrando Gesù, il dramma del suo peccato e dei suoi peccati, i quali hanno fatto sprofondare lei negli abissi della disperazione, di gioia, perché Gesù le ha donato, tirandola fuori dalla disperazione, la gioia di vivere in maniera autentica la vita, riscattandola dai suoi fallimenti e di una esistenza che l’aveva abbrutita. Gesù restituisce la donna disumanizzata alla Vita, quella che trascende la vita umana soggetta alla morte e alla caducità dell’esistenza. Gesù le dona una nuova natura, attraverso la quale la donna si appropria della vera, autentica umanità. Il suo pianto è il risultato tragico della scoperta del suo “inferno” e quello gioioso dell’ ingresso nella “Società di Dio”, dentro la quale essa gode dell’autentica dignità umana, che inizia qui e ora nel vecchio eone. E non si cura affatto di essere disprezzata oltre a quel disprezzo che proviene dal fatto di essere una prostituta: lei asciuga i piedi di Gesù con i suoi capelli, azione assai importante perché le donne ebree non si scioglievano i capelli in pubblico, senza darsi pensiero del fatto che solo gli schiavi potevano venire costretti a fare uso dei capelli e che, fra i Giudei, era considerato estremamente umiliante per una donna l’essere vista con i capelli sciolti. Prostratasi ai suoi piedi, prorompendo in un pianto dirotto li bacia, segno del suo amore e del suo essere servile(il popolino usava baciare i piedi dei Rabbini in segno di profondo rispetto) Infine, ella unge i piedi di Gesù con il prezioso profumo. Nella condotta della donna sono individuati i segni esterni che rivelano il cambiamento di cuore di un uomo che riconosce drammaticamente la sua disumanità. Affrontando il disprezzo dei benpensanti (il prendersi cura dei piedi era un lavoro degradante, affidato ad uno schiavo) ella aveva un unico scopo: cercare Gesù, gettarsi ai suoi piedi, essendo pronta a sfidare il disprezzo e l’esecrazione delle cosiddette persone perbene. Facendo così ella fece una aperta e coraggiosa confessione di fede, abbandonando i sentieri degradanti del vizio, per credere ed ubbidire a Cristo: Gesù l’aveva strappata dalle sue abitudini di peccato e ella rispose con una coraggiosa espressione di amore e di gratitudine.

La reazione del Fariseo nei confronti di Gesù è durissima: rigettando il ministero profetico di Gesù, egli lo considera un impostore, perché un profeta avrebbe subito riconosciuto la vera indole della donna, ossia quella di essere una prostituta, al cui contatto il pio ebreo si sarebbe contaminato. Per il Fariseo Simone ciò era una prova che avallava i suoi sospetti, cioè Gesù non era un Profeta, poiché un Profeta conosce anche le cose più segrete.

Arriviamo al cuore del messaggio di Gesù: in seguito ai pensieri malevoli del Fariseo, Gesù racconta la parabola dei due debitori, attraverso cui viene fatta risaltare la profonda gratitudine di chi si è visto condonare un grosso debito (cinquecento denari, sapendo che un denaro era il salario giornaliero dell’operario). Uscendo fuori dalla parabola, Gesù loda la fede di colei che, avendo tanto peccato, vive un amore traboccante. Il paragone parabolico è un espediente discorsivo atto ad esaltare il valore liberatorio della fede in Cristo di chi si riconosce immeritevole e indegno di ricevere attenzioni amorevoli. La prostituta diventa il prototipo di ogni uomo che scopre in maniera drammatica la propria disumanità evidenziata peraltro da scelte di vita infelici che lo umiliano e lo emarginano. L’uomo nella relazione con Dio è drammaticamente privo di alcun bene, né può rivendicare alcun diritto di retribuzione. E’ necessario che lui disperi di se stesso per poter sperare nella fede in Cristo. L’uomo deve riconoscere di essere un “burattino”, in balia del peccato, benché egli nutra nobilmente gli ideali di libertà, di giustizia, di pace, di amore e di uguaglianza nelle relazioni umane e nelle strutture sociali. Come Pinocchio, l’uomo è pervaso di buoni propositi che le convenzioni sociali con la sua morale, nonché la stessa sua coscienza umana impongono, ma che machiavellicamente vengono vilipesi. Egli è schiavo di un tragico “Quid”, che non riesce con le sue forze a decifrare, ma che viene rivelato come “peccato” dalla predicazione di Gesù, ossia quella forza bruta spiritualmente disgregatrice dell’ordine cosmico Dio-Natura- Uomo. Solo in Cristo l’uomo riacquista gioiosamente la sua vera umanità: come Pinocchio si spoglia della lignea e vecchia umanità, rivestendosi dell’Uomo Nuovo dotato di autentici valori spirituali ed etici, affermando con Paolo: “Io so che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti, io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio …Sono uno sventurato. Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!… (Rom. 7: 18-19. 24-25)

Paolo Brancè | Notiziecristiane.com

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