La chiamano religione, ma è bramosia di possesso

Il database del Centro Studi di Abusi Psicologici rileva «che l’abuso spirituale è vivo e vegeto in molti contesti religiosi, non solo quelli per i quali è più facile presupporre possano tendere alla deriva settaria»

La chiamano religione, ma è bramosia di possesso. Possesso degli altri, possesso di Dio, di cui ci si appropria per soddisfare la propria ossessione di dominio. La tesi con la quale la musicista Maria Teresa Pizzulli ha conseguito la laurea in Scienze Bibliche e Teologiche alla Facoltà Valdese di Teologia, relatore il pastore Sergio Manna, correlatore lo psicoterapeuta Luigi Corvaglia, affronta un tema quanto mai scottante alla luce dei recenti casi di cronaca: l’ abuso spirituale, tanto invisibile quanto devastante e distruttivo, tanto sfuggente quanto ancora difficile da definire a livello penale, se non quanto arriva alle estreme conseguenze.

Il database del Centro Studi di Abusi Psicologici (CeSAP) di cui da cinque anni Pizzulli è segretaria, rileva «che l’abuso spirituale è vivo e vegeto in molti contesti religiosi, non solo quelli per i quali è più facile presupporre possano tendere alla deriva settaria. Piccole e grandi chiese, inorganizzate o organizzate, registrano al loro interno vari tipi di abusi (verbali, fisici, sessuali…) generati dall’ abuso spirituale».

Resta il fatto che ci sono delle tipicità, delle caratteristiche che uniscono tali devianze, a partire dai leader, fautori di sudditanza, condizionamento mentale, manipolazione. Il lavoro di Pizzulli parte dal massacro di Shakaola dell’aprile 2023, in Kenya, dove centinaia di persone furono indotte al suicidio dal loro capo Paul Mackenzie della Good News International Ministries Church, digiunando fino alla morte per incontrare Gesù. Mackenzie come Jim Jones, il padre pedofilo dei “Children of God” David Berg, il torturatore di bambini ed ex nazista delle SS Paul Schӓfer, erano tutti seguaci del predicatore americano William Branham. Misogino, omofobo, razzista, Branham obbligava gli adepti all’ osservanza rigida di regole sull’abbigliamento, sull’alimentazione, vietava lo sport e la musica, la scuola pubblica ai bambini.

«Nelle chiese a deriva settaria – rimarca Pizzulli – la fede è adesione incondizionata al messaggio del leader, unico dispensatore di salvezza». Basandosi su una fede puramente emozionale, Branham approdò in Kenya negli anni ’50 del Novecento, facendosi credere il Cristo disceso dal cielo. La mistica della leadership unita spesso a un messaggio apocalittico, millenarista, provoca nell’uditorio aspettative di miracoli, di guarigioni, di eventi straordinari.

Così «ieri come oggi – scrive Pizzulli – autoproclamati pastori e apostoli che nel sud del mondo sostituiscono la figura dello sciamano, ingannano tanti con la promessa di guarigione, benessere e salvezza. L’enfasi sulla guerra demoniaca porta coloro che sono nel bisogno e nella malattia ad affidarsi ai guru del proprio tempo, invece che a Cristo e non solo in Africa».

Al di là dei dati, recentemente diffusi su organi di stampa, che ci dicono che la pandemia da Covid ha portato a una crescita del numero di sette sataniche, è acclarato come in contesti di particolare vulnerabilità, molti vadano alla ricerca di certezze e, in particolare di qualcuno, di un “salvatore”, che dia loro tali certezze.

Manipolando la Bibbia a proprio uso e consumo, distorcendo il significato dei Vangeli, Branham e i suoi seguaci approfittavano delle fragilità e dei bisogni delle persone, per isolarle completamente dal resto del mondo, in primis dalle loro famiglie, dai loro affetti, dalla realtà esterna descritta come fonte di ogni male, abitata da forze demoniache.  Jones fece breccia anche perché condiva i suoi sermoni di messaggi antirazzisti dal vago sapore socialista e induceva a credere nella possibilità di creare un paradiso in terra. Le sue tecniche di lavaggio del cervello, portarono 913 persone a togliersi la vita, in Guyana nel novembre 1978, poi si puntò la pistola alla testa.

Cosa possono fare le chiese e cosa può fare la magistratura sono le due domande a conclusione del lavoro di Pizzulli. Sul primo quesito viene messo in chiaro che libertà religiosa non significa lasciare spazio a una discrezionalità dove individui possono prendere il sopravvento sugli altri. Nessuna libertà religiosa può ammettere violenze, fisiche o psicologiche. Nelle chiese si sta diffondendo la sensibilità a contrastare condotte, non soltanto di pastori, contrarie alla dignità delle persone, quando non in aperta violazione all’integrità personale. Dall’altra parte, invece, «sul piano giuridico regna il nulla e chi si adopera a favore delle vittime di derive settarie e invoca un decreto legge viene ingiustamente accusato di essere contro i movimenti religiosi.

https://riforma.it/2024/02/21/la-chiamano-religione-ma-e-bramosia-di-possesso/


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