La benedizione una condizione

Di solito quando si parla di benedizione il nostro pensiero va alla “benedizione di Dio”, immaginandola come un qualcosa che ci “cade addosso”, siano gocce d’acqua o una dispensa piena di viveri. Altre volte la leghiamo alle parole (bene dire) di bene dette a nostro favore o pronunciate da qualcuno. La Scrittura, però, mostra come questa sia, piuttosto, una condizione, uno stato, così come può esserlo, ad esempio, la pace di Dio. Difatti la pace deve esser vissuta nel concreto affinché possa essere realizzata, non solo come esperienza introspettiva, ma come elemento che sta alla base del nostro rapportarci agli altri. L’Apostolo Pietro nella sua prima epistola (al cap. 3, vv. 8-12) fornisce una panoramica su come vivere la benedizione. Egli mostra come questa sia, innanzitutto, una condizione in cui Cristo stesso ci ha introdotti, attraverso la Sua opera, sottolineando, prima di ogni cosa, che noi siamo benedetti nei luoghi celesti.

Cos’è la benedizione?

Non la pioggia che ci cade addosso, né quel posto di lavoro assicurato, né l’incolumità fisica o la salute, essendo questi semplici desideri carnali. La benedizione è un vivere la vita sapendo che Dio è con noi, è avere il Suo favore, è sapere che Lui è con noi in ogni situazione e che in ogni tempo tutto coopera al bene per coloro che Lo amano. Ecco spiegato perché si parla di condizione. Il testo di Pietro, però, apre ad un’ulteriore prospettiva, ossia quella che la benedizione consiste anche e soprattutto nel benedire altri: «Infine siate tutti di una sola mente, compassionevoli pieni di amor fraterno misericordiosi e benevoli, non rendendo male per male od oltraggio per oltraggio ma, al contrario, benedite sapendo che a questo siete stati chiamati affinché ereditiate la benedizione» (1 Pietro 3:8-9).

 

Benedire non significa solo spendere parole amorevoli nei suoi confronti di qualcuno, bensì è anche passare dalle parole alle azioni. Del resto anche noi, quando chiediamo che Dio ci benedica, ci aspettiamo delle cose concrete da Lui, dando per scontato che provveda e realizzi tutto quanto Gli stiamo chiedendo. È bene ricordare, allora, che nella misura i cui facciamo, in cui misuriamo sarà misurato a noi! Tutto quello che facciamo sarà quello che poi raccoglieremo; ciò che seminiamo sarà quello che poi ritroveremo lungo il nostro cammino! L’apostolo Pietro invitava anche ad essere di una sola mente ovvero ad avere un’unica visione, le stesse idee. A queste si dovrebbero aggiungere i sentimenti, ovvero la compassione. Essere compassionevoli è sentire sofferenza per chi è nel bisogno, nel dolore nella necessità. La compassione è quel sentimento che ti strugge l’anima e che non può non appartenere ad un cristiano. Ancora l’Apostolo esortava ad essere misericordiosi: dai sentimenti si passa alle azioni, infatti è misericordia quando si da a chi è nel bisogno, quando si condona a chi è in debito nei nostri confronti.

 

Pietro invitava a non rendere male per male: verrebbe da chiedersi, e vi è chi lo fa, se possa ancora ritenersi valido il testo biblico: «occhio per occhio dente per dente» (Esodo 21:24a). La Scrittura è interamente valida, essendo la parola di Dio! Va anche osservato, però, che la Bibbia dichiara che se qualcuno ci percuote la guancia dobbiamo porgergli anche l’altra, che se ci viene sottratto il mantello dobbiamo rendere anche la tunica, che dobbiamo amare il nostro nemico e che non dobbiamo fare al prossimo ciò che non vorremmo venisse fatto a noi. Questo perché insieme all’amore ed alla misericordia va affiancata la giustizia! Allo stesso modo se pretendiamo la giustizia, questa deve essere sempre accompagnata dall’amore, dalla misericordia e dalla compassione. Se ci atteniamo a tutto ciò stiamo benedicendo il nostro prossimo. Noi tutti siamo chiamati a seguire l’esempio di Gesù, il quale chiama tutti noi, indistintamente, a benedire sapendo che a questo siamo stati chiamati affinché ereditiamo la benedizione.

 

Vuoi essere benedetto? Attieniti a quanto la Scrittura citata suggerisce, ovvero benedire gli altri affinché lo siamo anche noi. Una nostra preghiera allora dovrà essere quella di chiedere a Dio di aiutarci a benedire gli altri affinché la nostra vita lo sia altrettanto: «Date e vi sarà dato: una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata in seno, perché con la misura con cui misurate, sarà altresì misurato a voi» (Luca 6:38). Pietro continua scrivendo: «chi vuole amare la propria vita e vedere dei buoni giorni, trattenga la sua bocca dal male e le sue labbra dal parlare con inganno; si ritragga dal male e faccia il bene, cerchi la pace e la persegua, perché gli occhi del Signore sono sui giusti e i suoi orecchi sono attenti alla loro preghiera» (1Pietro 3:10-12a). Anche dalle parole del Salmo (Salmo 34:12), riprese dall’Apostolo, comprendiamo come gli occhi del Signore siano rivolti verso coloro che fanno il bene e di come Egli ne ascolta la loro preghiera. Se ci preoccupiamo di fare del bene agli altri, Dio provvederà per noi senza nemmeno la necessità che gli rivolgiamo alcuna richiesta. «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte» (Matteo 6:33). Fare il bene al prossimo è cercare il regno di Dio.

 

Gesù è venuto appunto per mettere i prigionieri in libertà, per dare la vista al cieco e le gambe allo zoppo. Il regno di Dio è lavorare ed adoperarsi per il bene degli altri. Quando iniziamo a prodigarci per il prossimo scopriremo che c’è più gioia nel dare che nel ricevere e, mentre saremo impegnati in questo, il Signore darà a noi senza nemmeno accorgercene! L’apostolo, in quel breve brano, conclude dicendo: «ma la faccia del Signore è contro quelli che fanno il male» (1Pietro 3:12b). Quanto afferma Pietro potrebbe sembrare quasi intimidatorio, ma, al contrario, va interpretato come un consiglio che Dio vuole lasciare alla nostra vita. Vivi la benedizione come una condizione del tuo essere credente, uditore e facitore del volere divino.

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