Intervista a Lisa Clark, rappresentante italiana di Ican, la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, premio Nobel per la Pace 2017.
Nell’ambito dell’iniziativa «Sardegna, isola della pace», svoltasi il 5-6 maggio ad Iglesias (Ca), abbiamo incontrato la nota pacifista italoamericana, Lisa Clark, rappresentante italiana di Ican, la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari – una coalizione che unisce 468 organizzazioni operanti in 101 nazioni per porre fine al proliferare delle testate atomiche – a cui è stato assegnato il premio Nobel per la Pace 2017.
Lisa Clark, interprete di professione, è anche co-presidente dell’International Peace Bureau, la più antica associazione umanitaria mondiale per la diffusione dell’idea del pacifismo, nonché coordinatrice per il disarmo nucleare dell’organizzazione Rete Disarmo, e vicepresidente dell’ass. Beati i costruttori di pace.
Per Lisa Clark l’aver assegnato il Nobel all’Ican, «è un riconoscimento del ruolo della società civile, e un rafforzamento dello spirito originario delle Nazioni Unite: i popoli che si uniscono per difendere i diritti umani e per costruire la pace nel mondo».
A luglio 2017 l’Assemblea dell’Onu ha approvato il Trattato per l’abolizione delle armi nucleari, definito dalle Nazioni Unite «il primo strumento multilaterale e vincolante in direzione del disarmo nucleare negoziato negli ultimi vent’anni». Purtroppo tale accordo è stato boicottato dalle potenze nucleari (Stati Uniti, Russia, Regno, Unito, Francia, Cina, India, Pakistan, Israele, Nord Corea) e dai loro partner, tra cui l’Italia che si è rifiutata di prendere parte ai negoziati, di firmare e ratificare il Trattato. «Ciò che è peggio – precisa Lisa Clark – è che prima ancora della Conferenza che, con 122 voti a favore, ha approvato il Trattato, ci sono state delle riunioni in Commissione delle Nazioni Unite e poi anche nell’Assemblea generale, in cui l’Italia ha votato contro l’idea che si stanziassero fondi ed energie per portare avanti tale processo. È proprio per questo che è nata la campagna Italia, ripensaci!, perché crediamo che ci sia ancora tempo per l’Italia di cambiare idea».
La campagna «Italia, ripensaci!», ideata da Rete Disarmo e Senzatomica che fanno parte di Ican, in risposta agli appelli dei sindaci di Hiroshima e Nagasaki e alle preghiere degli Hibakusha, i sopravvissuti dei bombardamenti sulle due città giapponesi, chiede a enti locali, associazioni e semplici cittadini di firmare simbolicamente il Trattato per l’abolizione delle armi nucleari.
«Purtroppo il nostro paese non ha mostrato finora l’intenzione di un ripensamento – spiega Clark –, ma non abbiamo scelto un’impostazione di contrapposizione, infatti non diciamo “Italia assassina”, ma “Italia, ripensaci!”. Fin dall’inizio abbiamo detto che l’Italia di cui andiamo tutti orgogliosi è quella che ha partecipato attivamente ad azioni politico-diplomatiche per far approvare la moratoria sulla pena di morte, oppure quella che è stata in prima fila negli anni ’90 per la messa al bando delle mine antiuomo e delle bombe a grappolo: questa è l’Italia che amiamo e vogliamo!».
La campagna prevede tre percorsi: il primo riguarda le adesioni di parlamentari (al momento sono in stallo, in attesa di un nuovo governo); il secondo riguarda le adesioni degli enti locali: tanti Comuni hanno approvato un ordine del giorno nel quale si chiede al Governo italiano di fare i passi necessari per aderire al Trattato per l’abolizione delle armi nucleari. «Mi sembra significativo – aggiunge Lisa Clark – che intorno alla provincia di Brescia, dove c’è la base Nato di Ghedi che ospita testate nucleari Usa, tanti piccoli Comuni si sono uniti, e i rispettivi sindaci hanno firmato una copia del Trattato. Consegneremo tutte queste adesioni al Governo il 7 luglio prossimo in occasione del primo anniversario dell’adozione del Trattato». Il terzo percorso, infine, è l’adesione individuale dei cittadini attraverso la compilazione di cartoline che, firmate e indirizzate al presidente del Consiglio verranno consegnate a Palazzo Chigi sempre il 7 luglio (per ricevere le cartoline, contattare la segreteria di Beati i costruttori di pace a: beati@beati.org).
A conclusione chiediamo a Lisa Clark un commento sullo storico incontro avvenuto il 27 aprile tra i leader delle due Coree: dinanzi al mondo Kim Joung-un e Moon Jae-in si sono stretti la mano e hanno camminato superando la linea di confine che dal 1953 divide la Corea del Nord e quella del Sud. «Ho trovato straordinario quell’incontro! Non riuscivo a trattenere le lacrime. In particolare mi ha colpito molto Moon, il presidente della Corea del Sud, che con il suo sorriso sembra non avere paura di nessuno, né di Trump né di Kim. Naturalmente questo incontro ricco di speranze potrebbe non proseguire, ma credo che Moon si sia mostrato veramente un uomo che sta lavorando per la pace. Recentemente ho scoperto che Moon è figlio di rifugiati della Corea del Nord: nonostante questa esperienza, che avrebbe potuto generare rancore o spirito di vendetta, egli sta lavorando per la pace, che ritengo sia sempre un obiettivo reale e possibile».