Lo Stato di Israele sorge in una delle aree più aride del pianeta. La breve stagione invernale, l’unica ricca di pioggia, permette di sopravvivere solo se si mettono in atto pratiche di conservazione dell’acqua estremamente rigorose. Ma oggi, pur dopo uno degli inverni meno piovosi di sempre, la situazione non è critica.
Lo si deve soprattutto all’integrazione di diverse politiche di risparmio: il riciclaggio delle acque reflue per l’agricoltura, la custodia delle esigue sorgenti naturali e soprattutto la desalinizzazione, che ha compiuto passi fa gigante nell’ultimo decennio. I dati
Secono l’ufficio meteorologico nazionale di Tel Aviv, nell’inverno 2013-2014 le piogge si sono attestate sul 50-60% della media. Eppure, come sostiene Avraham Tenne, responsabile dell’Autorità israeliana per la desalinizzazione dell’acqua, il paese mediorientale “ha tutta l’acqua che gli serve”. Gli impianti
Fin dal 2005 Israele ha accelerato le politiche volte a fornire acqua potabile dalla desalinizzazione di quella marina. Oggi circa il 35% di tutta l’acqua da bere proviene da lì. E si prevede di arrivare almeno al 40% l’anno prossimo, con l’obiettivo del 70% entro il 2050. Il più recente impianto di desalinizzazione, inaugurato nel 2013, è quello di Sorek, il più grande del mondo. Da qui proviene il 20% di tutta l’acqua pubblica israeliana. Sorto a circa 15 Km a Sud di Tel Aviv, succhia l’acqua marina attraverso due condotti del diametro di 2,5 metri ciascuno, che affondano le proprie bocche nel Mediterraneo. L’acqua viene poi filtrata e processata con processi osmotici e il sale derivato viene immesso nuovamente nel mare. Da questo impianto, costituito da una coppia di strutture gemelle, indipendenti l’una dall’altra, escono 624 mila metri cubi di acqua potabile ogni giorno, pari a 150 milioni di metri cubi d’acqua annui (150 miliardi di litri l’anno). Se con la desalinizzazione la sete sembra scongiurata, non si può comunque ignorare che gli impianti di questo tipo sono tra le strutture più energivore mai inventate dall’uomo. Oggi Israele consuma il 10% dell’energia per alimentare il settore. Risvolti politici
Aver raggiunto l’indipendenza idrica costituisce per Israele una grande chance diplomatica. Le dispute sulla gestione delle sorgenti del Golan, conteso con gli stati vicini, potranno essere lasciate alle spalle. E la tecnologia messa a punto da Tel Aviv potrà dare slancio a simili iniziative industriali capaci di alleviare la sete dell’intero Medio Oriente. Sempre che l’acqua serva a innaffiare fiori di pace.
Sostieni la redazione di Notizie Cristiane con una donazione, clicca qui