La condanna a morte inflitta recentemente alla militante curda Pakhshan Azizi sta suscitando proteste nelle carceri iraniane
Nella serata di sabato 27 luglio le prigioniere politiche del carcere di massima sicurezza di Evin (a Teheran) si sono rifiutate di rientrare dal cortile nelle celle per protestare contro le condanne a morte e le esecuzioni. Scandendo alcuni slogan: “Abbasso il regime delle esecuzioni”. “Morte al dittatore”, “Libertà per le prigioniere politiche”, “No alle esecuzioni” e dichiarando che “i reparti femminili del carcere di Evin sono uniti, in piedi fino a quando la pena di morte sarà abolita”. Le prigioniere hanno rifiutato di lasciare il cortile della prigione per diverse ore, fino alla mattina successiva. Tra di loro anche la Premio Nobel per la Pace 2023 Narges Mohammadi, reclusa dal 2021.
Una risposta alla condanna inflitta recentemente (23 luglio) dal Tribunale “Rivoluzionario” Islamico alla giornalista curda Pakhshan Azizi ugualmente qui rinchiusa.
Provvisoriamente sospese durante il periodo elettorale, le esecuzioni sono riprese e almeno 18 detenuti sono stati uccisi tra il 21 e il 24 luglio.
Dal 30 luglio (martedì, spesso giorno prescelto per eseguire le condanne a morte) anche le prigioniere di Evin, a fianco delle detenute di un’altra quindicina di carceri iraniane, prendono parte alla campagna “No ai martedì delle esecuzioni” entrando in sciopero della fame.
Campagna che si svolge ormai per la ventisettesima settimana in una quindicina di prigioni.
Pakhshan Azizi è accusata di “insurrezione armata” (baghi) in quanto militante del Partiya Jiyana Azad a Kurdistanê, (PJAK, Partito per la vita libera in Kurdistan).
Come aveva scritto in un comunicato del 24 luglio Narges Mohammadi “le donne del carcere di Evin dicono all’unisono che esigono la sospensione immediata dell’esecuzione di Pakshan Azizi. Ci rivolgiamo a tutti affinché uniscano la loro voce a quella delle prigioniere politiche e ideologiche”.
Nel frattempo sono rimaste inascoltate le richieste degli avvocati di Pakshan Azizi per incontrare la loro cliente
Cosi come da tre settimane sono state sospese le visite dei familiari (come ha denunciato Azo Azizi, fratello della militante curda condannata a morte).
Gianni Sartori
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