IRAN: IL BOIA NON VA IN FERIE

In nemmeno cinque mesi (126 giorni) il regime iraniano ha giustiziato circa 200 prigionieri. In prevalenza curdi (51) e beluci (42). L’8 maggio altri due impiccati per “blasfemia”.

Secondo i dati forniti dall’Ong Hengaw sarebbero circa 200 (199 quelli finora accertati e identificati) le persone giustiziate quest’anno in Iran. Con una netta prevalenza di curdi (51) e beluci (42). Ossia il 55% del totale.

Tenendo conto che di altri 31 impiccati dal regime nel 2023 finora non è stato possibile accertare l’identità e la provenienza (5 sarebbero stranieri). L’incremento delle condanne a morte e delle esecuzioni ha coinciso con le proteste dilagate nel paese per l’assassinio il 16 settembre 2022 di Jina Amin (che i media si ostinano a chiamare solo con il nome imposto dall’anagrafe iraniana – Mahsa – cancellandone di fatto l’identità curda).

Complessivamente nel 2022 vi sarebbe stato un incremento delle esecuzioni del 75% rispetto all’anno precedente. Ovviamente non tutti i giustiziati sono dissidenti, oppositori o prigionieri politici. In vari casi si tratta di detenuti comuni (anche curdi e beluci naturalmente) accusati di reati come omicidio o spaccio di stupefacenti.

Tra le ultime esecuzioni quelle di due presunti “blasfemi” – Sadrollah Fazeli Zarei e Youssef Mehrdad – impiccati l’8 maggio nella prigione di Arak. Arrestati nel 2020, venivano accusati di aver bruciato copie del Corano e per aver gestito piattaforme in rete in cui avrebbero denigrato la religione (“insulto al profeta”) e propagandato l’ateismo. Oltre ad aver offeso i dirigenti iraniani.Accuse che gli avvocati dei due avevano regolarmente respinto. Ma tant’è…

Per l’organizzazione Iran Human Rights, oltre che di un “atto crudele”,si è trattato di un “evidente insulto alla libertà di espressione”. Va anche ricordato che le condanne a morte per blasfemia sono relativamente rare. Per cui la notizia potrebbe anche segnalare un possible ulteriore inasprimento repressivo.

Oltre a quelle, legittime e sacrosante, di Amnesty International, contro le due ultime esecuzioni si sono levate anche le proteste di Washington.

Verrebbe quasi da sorridere (se la cosa non fosse tragica) nel sentire i portavoce statunitensi recriminare sulle esecuzioni capitali in Iran – o altrove – quando negli USA (in vari Stati, con diverse modalità) sono praticate con regolarità. Sollevando il legittimo sospetto che le decisioni delle giurie possano risentire di atteggiamenti discriminatori, razzisti. A scapito soprattutto di minoranze, emarginati, classi subalterne. Mentre in Russia, (la “famigerata” Russia) la moratoria è in vigore ormai da quasi un trentennio. Anche se, vista l’attuale situazione, un possibile ripristino sarebbe in discussione. Ma così va il mondo…a geometria variabile. Si tratti di autodeterminazione dei popoli, diritti umani o ambientalismo.

Gianni Sartori


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